Se c’era una cosa che Drise amava fare era ficcanasare tra le cose della loro defunta genitrice, e Talera poteva giurare sulla Dea Ragno che non riusciva a comprendere la fascinazione della giovane Drow con la femmina che le aveva messe al mondo. Certo, Vaharana era stata una buona madre – almeno per lei e Drise, visto che le loro due sorelle avrebbero potuto tranquillamente affermare il contrario, se fossero state vive – specie con Drise, si era a volte lasciata andare in modi che non aveva mai consentito a nessun altro, e che Talera aveva visto solo tramite la propria magia. "Che le manchi?" si chiese Talera, senza davvero comprendere il sentimento: la loro società non incoraggiava simili attaccamenti, sua madre non li aveva incoraggiati, quindi vedere Drise con questi bisogni diversi dai suoi la faceva riflettere, a volte. Non molto spesso, e certamente non se la disturbava mentre lavorava. Come in quel momento. «Che succede, Drise?» domandò, sollevando i suoi occhi rossi sulla figura della sorella, che si avvicinò senza osare guardarla negli occhi. Era una cosa che prima o poi avrebbe dovuto correggere di lei: anche se aveva gli occhi viola e delle orecchie orride era comunque una Torep. Non poteva non avere il coraggio di guardare il prossimo negli occhi, ne andava dell’orgoglio della loro famiglia. Ma, abbassando gli occhi sul monogramma ricamato sul sacchetto che la sorella le stava porgendo, pensò che avrebbe rimandato la ramanzina – e la punizione – alla volta successiva. «È strano, ma non capisco come.» disse Drise, e Talera, percependo la domanda nascosta nelle sue parole, prese il sacchetto e lo aprì, lasciando cadere il contenuto sul palmo della sua mano: era un anello d’argento con una pietra scura incastonata al centro e varie incisioni attorno. Sì, era certamente strano, infatti poteva percepire della magia provenire dall’anello e così attivò la propria, tentando di carpirne i segreti e dandosi mentalmente della stupida, per non aver controllato prima gli averi di sua madre. Chissà che altro c’era di magico, tra gli ammassi di gioielli che la donna aveva acquistato mentre era in vita. I suoi occhi si illuminarono di rosso, un tratto inquietante della sua magia a giudicare dal passo indietro che fece Drise a vederla, e la sua pelle si coprì di nero, prima di trasformarsi in ombre e avvolgere l’anello alla ricerca dei suoi segreti. «Oh» sorrise sinistramente quando, dopo qualche minuto, riuscì a capire a cosa servisse. E decise di tenerlo per se, tanto alla sorella non sarebbe certo servito. «È un protettore, ha un incantesimo che permette di capire se chi lo indossa ha qualcosa che non va» spiegò alla sorella, poi decise di premiarla, visto che si era comunque resa parecchio utile, con quel suo continuo frugare: «Puoi prendere qualcosa dai gioielli di nostra madre, ma niente di magico». Sorrise lievemente all’evidente eccitazione di Drise, che corse fuori, poi si infilò l’anello all’anulare destro, nella stessa mano dove teneva l’anello con il veleno. Oh, si, le sarebbe stato proprio utile. |