Lontani Orizzonti

5 Dedeshar 1126 D.G

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  1. Dahu
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    "Apro socchiusamente la porta... E spaino la sguada!"

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    Boji allungò la mano destra mostrando il palmo nella direzione dell'immondo corno, in un gesto di cordiale rifiuto.
    Offerta invero generosa e senz'altro di apprezzabile ospitalità la sua, ma accettare una pinta prima del pasto, signora, sarebbe oltremodo fuori luogo per un uomo di scienza quale io mi ritengo.
    declino dunque con sommo garbo.

    La donna lo osservò con espressione incerta, probabilmente più per via della complessa dialettica del Dottore che per il suo rifiuto della birra che lei stessa sapeva essere pessima.

    Quando i villici riferirono dello scontro fra stregoni, l'uomo ed il vampiro si scambiarono uno sguardo ironico.
    Ma dove erano finiti!?

    Alla domanda di L'Estant sul problema degli stregoni, il sindaco si strinse nelle spalle.
    Capitano sa, al momento il nostro problema sono le mucche, gli stregoni disturbano la quiete e le galline ogni tanto non depongono le uova per lo spavento, ma in fondo in fondo non è che siano tutto questo danno...
    La perdita della mandria invece...

    Invece di finire la frase, l'uomo tirò un tragico sospiro di scoramento.

    Il dottore mosse un paio di passi verso il comandante della nave, ora i due erano separati da chiunque altro.
    Vis, io ho fame, vado a fare una "passeggiata"
    Sussurrò rinunciando alle formalità, come facevano nelle rare occasioni in cui si trovavano soli.
    Il vampiro annuì piano.
    Divertiti, ma non mi ammazzare qualche zotico di qui e portati Lhun Zylvara, non vorrei che qualcuno trovasse i tuoi vestiti e cominciasse a fare strani pensieri.
    Il capitano alzò quindi la voce in modo che tutti i presenti potessero udirlo.

    Monsieur le Mayor, immagino di poter porre rimedio alle vostre tribolazioni, il mio fido Dottor Downan qui condurrà una rapida ricognizione della zona, cosicché noi si abbia un'idea della situazione, nel contempo io ed i miei valorosi ed onesti marinai godremo volentieri delle gioie offerte dalla vostra generosa ospitalità

    Un vero covo di nequizie capitain... Commentò Pierre sarcastico.

    Boji si congedò con un cenno del capo ed uscì, accolto dal sinistro rombo di un tuono scagliato dall'invisibile stregone di destra.
    Nel passare accanto alla mezz'elfa, si rese conto che Luhn Zylvara si era leggermente ritratta, a disagio in sua presenza come tutta la ciurma.
    Sospirò e per un istante pensò di portare con sé Radam, che per lo meno non lo temeva, o Dush che era troppo fiero per dare a vedere la sua inquietudine.
    Quale inquietudine potesse poi provare un morto era un mistero.
    Ma Dush avrebbe potuto servire a l'Estant in caso di problemi, mentre Radam avrebbe probabilmente sbagliato anche il semplice compito che gli si prospettava.
    Con un sospiro si risolse a rispettare l'ordine di Vis.

    Signorina Zylvara, vi prego di seguirmi, è volere del Comandante l'Estant che voi mi scortiate in una breve passeggiata.
    La mezz'elfa annuì piano, abituata agli eccentrici ordini del Capitano ed ormai usa al fatto che questi spesso si manifestassero per bocca del Dottore.
    Non le era chiaro come il rapporto fra quei due si fosse saldato in così poco tempo, in qualche modo era come se il Dottor Downan comprendesse il Capitano meglio di tutti loro, che pure ne avevano condiviso la rotta per molti anni.
    Boji si avviò verso il margine del villaggio con passo spedito, sforzandosi di non correre.
    Ogni parte del suo corpo fremeva di disagio e trepidante attesa.
    Ormai era un intero mese che viveva segregato in forma umana, non bramava altro che rotolarsi in un prato, sentire la corteccia di un albero sulla sua pelliccia ed il sapore del sangue fresco sul suo umido tartufo.
    Luhn Zylvara gli trottava dietro, faticando a rimanere al passo con le sue lunghe falcate, in religioso silenzio.
    La linguista non parlava quasi mai, cosa davvero insolita per una persona che di mestiere esercitava l'arte oratoria, ma Boji era un solitario di natura e sapeva rispettare il silenzio degli altri.
    Finalmente il sentiero fangoso che dal villaggio s'inrepicava sull'erta costiera si perse nella macchia boscosa, irta di conifere e massi coperti di muschi.

    Boji scelse un imponente affioramento roccioso, che occludeva alla vista qualunque cosa vi fosse al di la e si fermò.
    Signorina Zylvara, voi siete arrivata. Parlava in tono urgente, consapevole della necessità di spiegarsi, ma ebbro del desiderio di tornare nella sua pelliccia. Sentirete dei rumori,ignorateli! Aspettate che i rumori cessino, contate fino a cento e poi superate questo affioramento.
    Ivi troverete i miei effetti. Vi prego di recarli seco quando tornerete alla nave.
    Al tramontare del sole fatevi nuovamente trovare qui, lasciando i miei effetti laddove li avrete prelevati.
    Vi è chiaro?


    La mezz'elfa alzò un sopracciglio, assumendo una comica posa interrogativa. Per nulla Dottor Downan... Ma ho compreso le istruzioni.

    Boji annuì, aveva fretta, una dannata fretta, il colletto della giacca sembrava volerlo strangolare, i calzoni gli prudevano sulle gambe.
    Tanto vi basti!

    Quasi correndo superò l'affioramento e lasciò cadere la cintura delle armi.
    Si spogliò con urgenza, scordando di piegare i suoi vestiti con la cura che normalmente vi avrebbe dedicato e gettandoli a terra in un modo che in altri momenti avrebbe lui stesso definito oltraggioso.
    Quando fu finalmente nudo, un dolore terribile lo attanagliò.
    sentì i muscoli del suo braccio destro crescere a dismisura ed imporre all'osso una pressione terribile, fino a quando l'omero non si frantumò strappandogli un urlo d'agonia.
    Il bacino si fratturò con uno schianto, facendolo cadere prono, le costole si spezzarono verso l'interno, mentre l'omero si ricomponeva di svariate taglia più grande, scavando dolorosamente il suo spazio fra i muscoli in mutamento.
    Boji urlò con quanto fiato aveva in gola, gli occhi colmi di lacrime, mentre le sue mani artigliavano inutilmente una zolla d'erba.
    Il suo straziante grido di dolore fu bruscamente interrotto dalla mascella, che si spezzò per riposizionarsi dolorosamente, mentre la lingua gonfia penzolava fuori da una bocca troppo piccola per contenerla.
    Improvvisamente la zolla d'erba si scalzò dal terreno, mentre gli artigli di Boji affondavano in profondità.
    Il dolore era cessato e lui dette sfogo alla sofferenza subita alzandosi in piedi per gridare tutta la sua frustrazione.
    Ma dalla sua bocca uscì un ruglio terrificante, che pietrificò l'intera foresta.
    Poteva perfino fiutare il terrore di Lhun Zylvara che ascoltava da dietro le rocce, ignara di quanto stesse accadendo.
    Laddove poco prima vi era il dottore, ora si ergeva un gigantesco orso bruno, alto undici piedi e dal peso di almeno mille e quattrocento libre.



    Folle di gioia, Boji si lasciò cadere sulle zampe anteriori e corse lontano, nella macchia.
    Sentiva i profumi delle erbe, il pungente e succulento lezzo della selvaggina, promessa di ogni bene, e poi il profumo dell'acqua, perché in forma umana l'acqua non aveva odore?
    Si sollevò sulle zampe posteriori e si lasciò cadere contro un grosso pino per grattarsi la schiena, avvertendo il delizioso tocco della ruvida corteccia sulla pelliccia.
    L'albero scricchiolò pericolosamente sotto il suo peso, ma resse.
    Non avrebbe saputo dire per quanto tempo aveva vagato senza meta, correndo senza motivo e godendo di tutti i sapori e gli odori del bosco, ubriaco di sensazioni.
    Quel posto era un vero paradiso.
    La selvaggina era abbondante e spargeva fra gli alberi un caleidoscopio di odori squisiti, mentre la concorrenza era quasi assente.
    L'accidentato bosco era infestato da un branco di grossi ed ispidi lupi grigi, che fuggivano terrorizzati dal grosso predatore che sembrava essersi materializzato nel loro regno.
    Boji godette di quella sensazione di potere, i lupi non avrebbero avuto una possibilità contro di lui neppure se lo avessero attaccato tutti assieme.
    Poi alle sue narici giunse il cattivo odore di un fuoco.
    Uomini.
    Rallentò la sua corsa e prese a muoversi cauto, attento a dove posava quelle grosse zampe per non provocare rumori indesiderati.
    Aveva promesso a Vis che avrebbe dato un'occhiata agli "uomini cornuti", glielo doveva.
    L'orso rimase celato nell'ombra del limitare del bosco, osservando con occhio predatorio gli ignari uomini.
    I predoni erano una cinquantina, trenta erano combattenti, dotati di cotte di maglia di scarsa fattura, asce, spade e lance, il resto erano donne e bambini.
    Probabilmente si trattava di una tribù trasferitasi da poco, il loro campo era infatti molto raffazzonato, con capanni costruiti malamente con parti di barche e teli di stoffa, ma vi erano già le fondamenta di un paio di case di pietra in costruzione, segno che era loro intenzione restare.
    L'occhio da vecchio mercenario di Boji individuò una palizzata di legno ancora in costruzione e, ovviamente, sui caratteristici elmi cornuti descritti dallo scemo del villaggio.
    L'accampamento sorgeva su di una piccola spiaggia pietrosa, sulla quale erano anche tirate in secca due lunghe navi dalle vele ripiegate.
    Un delizioso profumo gli confermò che nelle vicinanze vi era una mandria di mucche.
    Un brontolio allo stomaco lo convinse di aver visto a sufficienza e lui scomparve nel bosco.
    Poco distante aveva fiutato un cervo, era certo che anche questo lo avesse rilevato, ma lui era più veloce e più resistente, non vi era ragione per cui avrebbe potuto fallire.

    Quando finalmente si fu cibato a sazietà, sollevò il muso dalla carcassa insanguinata, concedendo i resti del suo pasto ai lupi, che da un po' lo osservavano.
    Nessuno di loro osò avvicinarsi fino a quando lui non si fu allontanato, un apprezzato gesto di rispetto che si era guadagnato con un paio di dimostrazioni di forza ai danni dei più audaci del branco.
    Il cielo plumbeo aveva perso ulteriormente colore, un brutto segno.
    Il cervo era stato abile e la caccia così piacevole da fargli perdere la cognizione del tempo, il tramonto era maledettamente vicino.
    Prese a correre a perdifiato verso il luogo dell'appuntamento, temendo di essere in ritardo.

    Edited by Dahu - 20/3/2020, 09:07
     
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