Lontani Orizzonti

5 Dedeshar 1126 D.G

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    Vis Revar l'Estant

    Barlumi di fuoco schizzarono dalle sue orbite, lambendo le sopracciglia. Spingendolo con dolcezza incontro al ponte, Vis Revar diede un nuovo palpito alla fiamma che aveva evocato. La vischiosità del sangue era stata spazzata via dall'agitarsi delle fiamme, mentre la carotide interna s'era annerita, cuocendo in un battito di ciglia.
    Adesso sembrava un prosciutto lasciato troppo tempo ad affumicare. Strappando la mano dalla carne del marinaio, che cadde a corpo morto, Vis Revar ritrasse la magia. Le fiamme sublimarono a mezz'aria, lasciandogli le narici piene d'un aroma che assomigliava a quello del maiale.
    "Magna Ragnos lo verrà a sapere!" esclamò la tesoriera della nave, cercando di sottrarsi alla presa di Radam e Dùsh. Per i suoi gusti, starnazzava appena un po' troppo.
    "E da chi, di grazia?"
    Come colpita dalla domanda, l'amorthina aprì le labbra per dire qualcosa e poi tacque. Cercò di divincolarsi, ma Radam la trattenne senza sforzo, strattonandola per il collo.
    "Me può yeeeterla fuori bordo?"
    Una morte in mezzo alle onde, in pasto ai pescecani? "No, Radam! Noi non siamo dei filibustieri." Potrebbe sopravvivere.
    La tesoriera scoccò un'occhiata alla sua ciurma, passandola in rassegna con un misto di paura e rabbia ad animarle gli occhi. "Ve lo giuro, non la passerete liscia!"
    Dopo averla guardata per un momento, Vis schioccò le dita. "Pierre?"
    "Sì, mio signore" replicò il nano, che si era seduto su di una cassa in mezzo al fasciame. Tra le mani aveva una balestra carica.
    "Prego, me la faccia passare liscia."
    "Sì, mio signore."
    Il Nano si alzò e, avvicinandosi, gli porse la balestra. Imbracciandola contro la spalla, Vis Revar tirò il grilletto. Il dardo trafisse il cuore della tesoriera, sbattendola contro la stazza di Radam. Ah, colpita al cuore e la colpa era sua.
    E sopratutto, nessun testimone era il miglior testimone che si potesse avere.
    "Yeet" esclamò il Drow poco presente, spingendola a terra. "Me può andare a vedere i mooh-moohs?"
    "Sì" Alzando gli occhi al cielo, il capitano vampiro gli accennò l'uscio che portava al ponte inferiore della nave. Perché non renderlo contento, una volta tanto?
    "Me deve salvare i mooh-moohs!" esclamò Radam, schizzando sottocoperta.
    "Buon ragazzo..." mormorò, scavalcando i cadaveri di alcuni marinai. Si erano battuti bene. Non abbastanza da respingerlo, ma onore alle loro armi. I pesci avrebbero gradito le loro salme.
    Occhieggiando all'indirizzo del Dottore, Vis Revar sbatté i palmi. "Allora, vogliamo controllare lo studio dello ei fu capitano di questa bagnarola?"
     
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    Boji sciolse le spalle nel tentativo di scacciare l'adrenalina che lo pervadeva, scorrendo come fiamma nelle sue vene.
    La spada che reggeva nella sinistra si era fatta pesante, volse lo sguardo sulla lama vermiglia, che gli restituì un liquido e sinistro bagliore, per un attimo si vergognò del suo stomaco, che brontolava alla vista del sangue.
    Aveva i denti snudati in un ringhio che di umano aveva ben poco, i suoi occhi accesi di folle ferocia dardeggiavano sul ponte alla vana ricerca di un'altra preda.
    Espirò sonoramente, come a voler stemperare il fuoco che gli ardeva nel petto, poi si risolse ad avanzare alcuni passi sull'assito vermiglio, reso scivoloso dagli umori dei morti.
    Il suo stivale chiodato, schizzato di sangue al pari dei pantaloni e della corazza di cuoio, si posò pesantemente sul torace di un marinaio che giaceva supino.
    La sua mano destra impugnò il manico di legno e lui trazionò, liberando la sua ascia dal costato del morto.
    Il gesto gli strappò un grugnito, seguito da un sospiro seccato.
    Vis Revar stava di nuovo giocando con i prigionieri.
    Boji amava uccidere, ma il suo piacere veniva dal combattimento, non dall'atto in se.
    Al contrario Vis godeva della sensazione di potere, si nutriva del terrore dei suoi nemici ed amava sopra ogni cosa le proprie frasi ad effetto.
    Ignorando la pantomima che il capitano pirata stava inscenando con la tesoriera della nave sconfitta, Boji ripulì le proprie armi sulla casacca di un morto.
    Fu proprio mentre sospendeva l'ascia alla cintola che Vis gli rivolse la parola.

    Allora, vogliamo controllare lo studio dello ei fu capitano di questa bagnarola?

    Lui volse lo sguardo sulla scena di morte che lo circondava, con una strana espressione, quasi un misto di delusione, tedio e ribrezzo.

    Se nessuno dei nostri valorosi compagni d'armi abbisogna delle mie premure, suppongo che al momento sia la meno tediosa delle opzioni Comandante L'Estant.
    Vogliate fare strada.


    Edited by Dahu - 12/3/2020, 06:10
     
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    Vis Revar L'Estant

    "... comandante l'Estant. Vogliate fare strada."
    Questa volta te la perdono. Scavalcato il corpo della tesoriera, Vis Revar rivolse un cenno a Dùsh. Lo scheletro colse il messaggio, cominciando a schioccare ordini alle anime della ciurma ancora sul ponte. Avrebbero sgomberato i caduti, preso quel che di valore avevano i trapassati marinai del mercantile amorthineo e predisposto perché affondasse.
    Sul libro-mastro del porto sarebbe stato scritto, mesi e mesi dopo, che era tragicamente affondato in una tempesta. Una vera disgrazia, eh sì! Purtroppo, il mare dava e prendeva, ricco del suo essere capriccioso. Dopotutto, gli ossi di seppia erano uno spettacolo comune sulle sponde rocciose del Mare dell'Aurora.
    Spinto in avanti il boccaporto del ponte di coperta, Vis s'introdusse al suo interno. Una scalinata di legno portava al camminamento principale, sotto alcune lucerne ad olio che oscillavano al ritmo del beccheggio della nave. Adocchiò Luhn Zylvara che spingeva per estrarre la sua scimitarra dal corpo di un marinaio e l'accostò.
    "Si è incastrata, capitano" disse la mezzelfa, tamburellando sull'impugnatura. Con quel suo affondo aveva inchiodato il marinaio alla paratia, spingendo la punta acuminata nel legname.
    Era ancora vivo. O meglio, tecnicamente era moribondo. Il suo sangue aveva imbrattato la tunica leggera di Luhn Zylvara, coprendole le maniche con un velo rossiccio.
    Sangue umano, sentì il vampiro sghignazzando. Condito con troppo rum per i suoi gusti. "Aiutatemi..." mormorò. Stringeva con spasmi il filo della scimitarra, troppo sotto shock per accorgersi che così continuava a tagliarsi i palmi.
    "Ma certo, buon uomo!" Era molto, molto oltre le migliori abilità di Boji, ammettendo che valesse anche solo un secondo del tempo del suo medico di bordo. Purtroppo per lui, il Dottore era un uomo-bestia molto impegnato. "Ci mancherebbe, onore ai vinti! Le do subito una mano!" Divelta la lama dal suo corpo con uno strattone della destra, Vis Revar gli schiacciò il palmo della sinistra contro la fronte.
    Lo schioccare della scatola cranica riverberò contro il soffitto, precedendo l'accasciarsi a corpo morto del marinaio.
    Lo spostò con il piedi, appoggiando l'orecchio alla paratia prima di battervi contro un colpetto con le nocche. C'era una stanza, dietro. Infisse le dita nel legno, il capitano lo strappò asse per asse e guardò all'interno. Barili e casse, niente di prezioso.
    "Controlla se avevano viveri dignitosi" comandò a Luhn Zylvara, allargando la breccia per farla entrare.
    "Potevo usare la porta, capitano."
    "Poteva esserci una trappola."
    Spazzò la sua giacca con un colpo di dorso, ripulendo le dita dal sangue sul tessuto. Superò un paio di mozzi morti con una falcata e si chinò per passare sotto una matassa di funi di corda. Appena al di là del corpo di uno dei suoi corsari, Vis adocchiò uno stretto corridoio intralciato da masserizie sfasciate e altri cadaveri.
    Si chinò accanto al suo sottoposto per chiudergli gli occhi. Rohryn era stato un buon Drow. Diverse pugnalate e un paio di dardi l'avevano abbattuto, lasciandolo sul segno.
    "Dottore, mi ricordi di spedire una somma e una lettera ai suoi piccoli mostriciattoli."
    Ognuno aveva diritto ad avere le sue perversioni, ma le locandiere umane erano un po' strane. In ogni caso, entro qualche decennio sarebbero stati dei buoni rimpiazzi.
    Presa la sinistra, Vis si fermò davanti alla porta della cabina del capitano. Tamburellò sulla maniglia, un bel teschio d'osso e ottone con occhi di rubini. Trasse indietro il braccio e chiuse la mano a pugno, scoccando un affondo contro la serratura. Metallo, osso e legname cedettero alle sue nocche, accartocciandosi con un gemito storto. Il contraccolpo, quando divelse la mano, fece aprire la porta.
    Uno scatto metallico sibilò a mezz'aria, sfiorandogli il viso. Il dardo si piantò sopra alla spalla di Boji, dentro la paratia di fondo.
    "Non è fastidioso quando piazzano queste trappole?" Disse Vis Revar, allungandosi alla balestra connessa alla porta da funi e un contro-peso. Il taglio lasciatogli sul viso dal passaggio del dardo tremò, sparendo dopo un battito di ciglia. "Potrebbero essere un po' più innovativi di tanto in tanto."
    Come quella volta con l'incantesimo esplosivo...
    Superata la soglia con un buon passo, Vis adocchiò una scrivania sulla sua destra, accanto ad un catino. Su di una tovaglia dal discutibile color manto di Lumelixi c'era un oboe, una cornice d'avorio e alcuni libri, ordinati dentro una mensola con due bracci a forma di teschi. Ne staccò uno con una piccola pressione delle dita, lasciando che i vari libri si disperdessero come pedine.
    Sollevò il primo, rigirandoselo tra le dita. "Come tirar su belle fanciulle..."
    Lo gettò oltre le proprie spalle, forse in testa al dottore. Lo sentì borbottare qualcosa e chinarsi. Preso il secondo, Vis inarcò un sopracciglio. "La Lussuriosa Cameriera Rettiliana, volume III?"
    Disgustoso.
    A seguire c'era una Freccia Spezzata delle Cronache di Kharista e un quasi intonso La Chiave degli Oceani. Ah, almeno un po' di gusto per la letteratura di prim'ordine!
    Li lasciò sul tavolo e raccolse la cornice, tenendola con il pollice e l'indice. Era un ritratto tascabile, con il capitano che teneva per le spalle un ragazzino e per la vita una buona donna.
    Forse mi penserai quando sarai tutto da solo, fischiettò il capitano. O forse chi ti aspetta non sarà fedele. Forse mi chiederai di tornare e forse ti risponderò forse...
    Strappò il ritratto, lasciandolo cadere. L'avorio poteva valere qualcosa. Calpestando l'immagine, Vis Revar si chinò davanti allo scrigno che fiancheggiava il letto.
     
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    Boji sbuffò irritato alla vista del povero marinaio inchiodato alla paratia.

    Signorina Zylvara, le avevo già spiegato come evitare questa spiacevole situazione!
    In questo caso siamo sopraggiunti il Comandante L'Estant ed io, ma cosa sarebbe accaduto se invece fosse giunto un nemico?
    Come si sarebbe difesa con quella lama infissa nella paratia?!

    La rimproverò seccato, mentre lei occhieggiava fra lui ed il capitano, intento a liberare la lama.

    Uno spruzzo di sangue e cervella la investì quando L'Estant sfondò il cranio del marinaio, abbandonandone il corpo a terra e lei si ritrasse leggermente.

    La prossima volta usi un'arma più corta quando scende sottocoperta signorina!
    Ingiunse imperterrito Boji.

    La mezz'elfa annuì esitante.
    ...Si Dottor Downan... Certo io...
    Poteva usare la porta, Capitano

    Aggiunse rivolta a l'Estant, che nel frattempo aveva divelto parte della paratia.

    Appurato che non vi fosse nulla degno d'immediato interesse in quella stiva, il Capitano riprese il corridoio, scavalcando alcuni cadaveri.
    Boji lo seguì e, per poco, non fu trafitto da un dardo quando l'Estant aprì la porta della cabina del comandante.

    Non è fastidioso quando piazzano queste trappole?
    Domandò il Capitano.

    Boji si limitò ad una scrollata di spalle ed immaginò che, se lui avesse trappolato la propria cabina, ne sarebbe caduto vittima alla prima sbornia.
    I due uomini entrarono nell'angusto spazio ed il dottore dovette scostarsi all'improvviso per evitare un libro che l'Estant gli aveva lanciato con noncuranza.
    Fu sul punto di protestare, non si trattava così un'opera letteraria!
    Poi lesse il titolo e decise di strappare qualche pagina di quella morbida carta per un futuro uso igienico.
    l'Estant era chino su di uno scrigno e Boji sorrise, almeno li avrebbero trovato bottino.
    Non che a lui interessasse particolarmente, aveva vissuto quasi tutta la vita col denaro a mala pena sufficiente a sostenersi e non provava alcun desiderio di ricchezza, ma era anche a corto di spiccioli e non era il tipo da vestire abiti dozzinali, piuttosto avrebbe razziato tutta la costa.

    Un fermaporta?
    Commentò con tono sarcastico quando vide l'Estant estrarre dal contenitore un cilindro metallico.

    Il vampiro lo fulminò con lo sguardo.
    Si tratta di un antico manufatto di fattura nanica DOTTORE...
    l'Estant aveva calcato così tanto l'ultima parola da farla sembrare quasi un insulto.

    Dunque un fermaporte maledettamente antico COMANDANTE
    Rispose lui divertito.

    Il vampiro si alzò di scatto e superò l'amico per uscire dalla cabina.
    Non riuscirete a guastarmi l'umore Dottor Downan, io venderò questo manufatto per una fortuna!

    Boji allargò le braccia in un gesto di resa e si avviò dietro al Capitano.
    Il capo siete voi Comandante l'Estant...
    Ora vogliamo affondare questa bagnarola così possiamo levarci di torno Comandante?


    L'Estant annuì.
    Occupatevene voi Dottore, io vado a vedere come va il trasbordo dei "Mhooo mhoos".

    Boji sogghignò.
    Sapevo di essermi alzato per una buona ragione oggi... SIGNOR PIERRE! POTRESTE USARMI LA CORTESIA DI RECARE SECO DUE PICCHE?

    Il nano, così curiosamente apostrofato, caracollò nella stiva brontolando all'indirizzo del Capitano.
    Capitano, signore, può chiedergli di piantarla di chiamarmi così? Perché mi parla così e perché si comporta come se fosse lui il secondo in comando?! Questo tipo è strano Capitano, strano tanto.

    Vis Revar rivolse al suo nostromo un ghigno predatorio, che solo dopo un'approfondita conoscenza del soggetto poteva essere identificato come un sorriso divertito.
    Ne vuoi discutere con lui Pierre?

    Il nano sgranò gli occhi Gli dèi me ne scampino Capitano, signore!

    Il vampiro ed il dottore si scambiarono un breve sguardo d'intesa, poi il Capitano lasciò la stiva.

    Picche Dottore? Domandò Pierre a disagio.




    La nave era ormai capovolta su un fianco a seguito delle falle aperte dai pirati, quando Boji e Pierre la lasciarono per tornare sul ponte della nave di Vis Revar l'Estant.
    Erano zuppi d'acqua per via delle falle che avevano aperto e trafelati dallo sforzo ma paghi della distruzione che avevano causato.

    Boji volse un cenno del capo al Capitano.
    Se mi date licenza mi ritiro nei miei alloggi Comandante l'Estant.

    Buon riposo Dottor Downan.

    Il dottore scomparve sottocoperta lasciando tutti a domandarsi come potesse definire la sua claustrofobica cabina "I miei alloggi".

    Si prese cura di armi ed equipaggiamento, lasciando poi la corazza ingrassata ed i vestiti lordi di sangue fuori dalla porta, poiché a breve avrebbero preso a puzzare, quindi si lavò accuratamente con un panno umido, rimuovendo ogni traccia di sangue dal suo corpo asciutto, solcato di cicatrici e decorato di così tanti tatuaggi che era quasi impossibile trovare un punto ancora da tatuare.
    Quando fu soddisfatto, indossò una camicia candida a collo alto, di cui omise di inserire gli ultimi due bottoni ed un paio di calzoni di velluto blu notte.
    Si lasciò cadere nella cuccetta quasi a peso morto, l'ascia stretta in pugno, e solo in quel momento permise ai suoi pensieri di vagare.

    Era successo di nuovo, aveva di nuovo perso il controllo in battaglia.
    Lo scontro, il sangue, erano qualcosa da cui dipendeva, qualcosa di cui non si sarebbe mai liberato se non si fosse allontanato quanto prima dal Capitano l'Estant.
     
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    Vis Revar L'Estant

    Palleggiò la chiave dalla sinistra alla destra, divertito dalle sue lente evoluzioni a mezz'aria. Ogni nuovo colpetto di palmo la proiettava a disegnare nuovi scarabocchi nell'aria chiusa della cabina, dardeggiando dentro e fuori gli aloni delle lanterne. Una carezza con l'indice della sinistra la orientò in equilibrio, portandola a sfiorargli il viso con una lentezza ipnotica.
    L'afferrò con l'altra mano, concludendo le sue evoluzioni.
    "Avete davvero intenzione di venderla?"
    Alla domanda di Luhn Zylvara, Vis Revar rispose piantando la chiave al centro della sua scrivania. "No, quel che ho intenzione di fare lo definirei un prestito pagato, ma non c'è bisogno che Martin lo sappia."
    Ashiura snudò i denti, lasciandosi andare ad una monca risata. "Oh, di certo io non aprirò bocca."
    "Sarebbe alquanto strano se tu lo facessi!" le rispose, formando le parole con una serie di gesti delle dita. Seduta a gambe incrociate sul pavimento, la tesoriera rise ancora.
    Alzandosi, Luhn Zylvara raccolse una moneta dalla prima delle sei pile che Ashiura aveva disposto sul pavimento. Il suo gesto portò la tesoriera a squadrarla con un bruciante astio, al quale lei rispose stringendo le spalle.
    Quella la rimetti subito dov'era o ti taglio le dita.
    "E dimmi, senza dita come farei a fare quella danza che so fare?"
    "Questi non sarebbero affari del capitano."
    "Non m'interessano neppure" disse loro Vis Revar, sedendosi alla scrivania. Affiancandolo da sinistra, Luhn Zylvara scivolò accanto al suo braccio destro e posò sul tavolo la moneta. "Nel complesso non abbiamo fatto un cattivo bottino."
    Strappandole l'obolo d'innanzi gli occhi, Ashiura si piantò una mano sul fianco, lasciando all'altra il compito di parlare. "Le mucche varranno qualche buon soldo."
    "Sì, se riusciamo a staccarle da Radam..."
    Che disturbatrici! "Ditegli che Bessie e Chateùbrionne non resteranno con noi."
    "Ha dato loro dei nomi?!"
    Era proprio un Drow pieno di sorprese. Spostata la chiave, Vis Revar tracciò un punto sulla carta che occupava il piano. Aiutandosi con gli altri strumenti, tracciò un sottile linea che lo univa alla sponda meridionale di una piccola penisola. Non era luogo di grandi mercati, sì, ma aveva una manciata di villaggi e secche che avrebbero fatto al caso loro.
    "Portaci qui, Ashiura."
    "Come desiderate, capitano."
    "Non mi fido molto di quel Martin, capitano".
    "Non serve che tu lo faccia" la rassicurò, lasciando la sedia. "La sua pista si sta rivelando onesta, il che è tutto quel che m'importa."
    Come aveva detto qualcuno, poi, gli uomini morti non raccontavano storie.


    La costa apparve in vista alle prime "luci" del terzo giorno, appena definita in mezzo ad un banco di grigie, gonfie nebbie passeggere. Osservandola dalla prua, Vis schioccò la lingua.
    Non che si potesse davvero parlare di luce da quelle parti. Una stinta coperta appena distinta dal colore della pioggia sarebbe stata più onesta, ma gli era anche più vantaggioso. Non c'era un giorno dal quale fuggire, lì.
    Calcando la schiena della polena con i suoi stivali, Vis Revar adocchiò le due figure che si erano appena portate al ciglio del molo. Le salutò, togliendosi brevemente il tricorno, per poi dare ordini perché calassero le ancore una volta in linea con l'approdo. Quelle azioni dovettero risvegliare il Dottore dal suo letargo, perché gli fece la grazia di presentarsi sul ponte.
    "Buongiorno, dottore. Notevole pennichella."
    Ah, mortali. Loro e il loro bisogno di dormire...
    Scendendo dalla passerella di sbarco, il capitano Vis Revar squadrò chi era venuto ad accoglierlo. Ad occhio, una robusta oste dai fianchi che tradivano una dieta un po' troppo ricca di maiale salato e birra robusta e un ometto affabile, che sottobanco aveva un grosso libro-mastro. Con lui
    c'era un ragazzetto, il suo odore quello di qualcuno che ancora era nell'infanzia, adoperato come porta-calamaio vivente.
    "Salve" esordì Vis Revar. Lasciando la passerella di sbarco per avvicinarsi, allargò le braccia in segno d'amicizia. Squadrò gli occhi della oste. "Che splendida giornata, nevvero?"
    "Splendida un corno!" sbottò la donna. Sbattute le palpebre, Vis le riservò uno sguardo più affabile. "Voglio dire, meno male che non sta piovendo..."
    "Ah, quella sarebbe davvero una disgrazia. Tuttavia, e non per portarle con me, c'è un banco di nubi che viene da est. Brutte nubi."
    "Ci mancava questa" borbottò l'uomo con il libro. "Un'altra giornata di reti vuote!"
    Intrigante. "Un'altra?"
    "Sono già tre giorni che non riusciamo a pescare niente per questo maltempo!" fu il commento della oste. "Stupido tempaccio."
    "Oh, che disgrazia!"
    "Eh, davvero lo è..." aperto il libro-mastro, l'uomo picchiettò sulla pagina con la punta di uno stilo già inumidito d'inchiostro. "Comunque sia, buon capitano, benvenuto nel nostro porto! E complimenti per la nave, è... impressionante. Posso sapere il suo nome?"
    "L'Estant". "Vis Revar L'Estant."
    "Si scrive con o senza apostrofo, capitano Vis?"
    Hai una sola altra possibilità, insaccato. "Vis Revar, prego."
    "Oh, così?" gli chiese, mostrandogli la pagina.
    Lestant. Vis' Revar.
    Boji riempì il molo con la sua risata, guadagnandosi un cenno torvo.
    "Al di là del fatto che dopo l'apostrofo non occorre uno spazio, discutibile signor borgomastro, non è lì che andava messo. Vis Revar. L'Estant. Elle apostrofo E maiuscola."
    "Oooh... come, ha detto discutibile?! Ma come si permette?"
    Quella questione delle reti vuote poteva essere utile. Aiutandolo a correggere l'errore, Vis Revar gli rivolse un sorriso affabile. "No, borgomastro. Deve aver compreso male. Ho detto distinto e abile."
    "Oh, mi scusi! esclamò lui, chiudendo il libro. "Ho capito male io... Mi perdoni per aver alzato la voce. Ecco, ci sarebbe una tariffa per entrare in porto ma..."
    "Accetto volentieri che l'abboniate come scusa."
    "Mi sembra corretto" disse l'uomo, chiudendo il libro. "Non sia mai che il mio buon villaggio si guadagni una reputazione di posto avaro e inospitale per un mio piccolo errore. Era piccolo non è così?"
    "A malapena degno d'essere menzionato. Non si preoccupi." Mi sei simpatico, insaccato. "Ora, se non ho capito male, i vostri pescatori non hanno avuto molta fortuna di recente."
    "Oh, sì... e senza di loro, ci rimangono solo le mucche. Che..."
    "Di nuovo, Albecus? Non è stata colpa mia."
    "Tu hai messo Rott a guardia della mandria, Agnes!"
    "Non avevamo nessun altro!"
    "Chiunque sarebbe stato meglio di lui! E' toccato in testa, per tutti gli dei!"
    "Ma dobbiamo dargli qualcosa da fare, povera creatura!"
    Comincio a rimpiangere d'essere approdato qui. "Potrei offrirvi il mio aiuto, se voi foste un po' più chiari con i dettagli. Forse non ho compreso, qualcuno ha rubato la vostra mandria?"
    "Così sembrerebbe." sospirò l'uomo. "O almeno, Rott dice che è stato così, a modo suo."
    "A modo suo?"
    "Forse farvelo vedere di persona potrebbe renderlo più chiaro..."

    Nervosamente impegnato a battere con un martello di legno su di una staccionata, il famigerato Rott era uno spilungone dai capelli umidicci e la faccia da rincitrullito. Camminava chino e dinoccolato, scoccando varie martellate ad un piolo per poi passare ad un altro.
    "Parere clinico, Dottore?"
    "Ad occhio, questa città ha un brutto caso di poche famiglie e molto, molto sangue diluito."
    "Quanto diluito?"
    "Pozzanghera, comandante."
    "Ecco, capitano Revar Vis L'Estant" disse Albecus, indicandogli quel buontempone. "Lui è Rott, se ci vuole parlare..."
    Ti stai giocando quella benevolenza guadagnata poco fa, prosciutto parlante."Oh, povera creatura davvero..." si avvicinò a lui, tenendo una mano sulla spada e l'altra alla cintura. "Saluti, buon villico!"
    "'Ao. Me è Rott."
    Intrigante. "Piacere di conoscerla, Rott. Ho sentito di un fatto spiacevole."
    "Corna Mane venute di notte. Preso Moooh-Mooohs!"
    "Luhn?" chiese, rivolgendosi alla mezzelfa. "Tu hai colto qualcosa?"
    "Che è il loro Radam?"
    "Chi è Radam?" domandò il borgomastro.
    "Il nostro Rott."
    "Oh."
    Servì un buon quarto d'ora perché Radam si trascinasse da loro, vagabondando in giro con lo sguardo ad ogni stradicciola fiancheggiata da basse casupole di pescatori innervositi.

    "'Ao. Me è Rott" (Saluti, buon forestiero venuto dal mare! Io mi chiamo Rott.)
    "Me è Radam. Di captno Revv. Ho Mooohs. Tu mooohs?" (Saluti a te, impegnato fattore! Io sono Radam'Theys, della ciurma del grande e illustre capitano Vis Revar l'Estant. Ho due nuove mucche! Tu hai mucche?)
    "Nu! Corna Mane venute di notte! Preso Mooh-Mooohs." (Purtroppo no! Quella vile masnada di bucanieri che sono gli Uomini Cornuti me le hanno sottratte, approfittando delle tenebre! Hanno portato via tutte le mucche!)
    Radam si grattò la testa. "Nuh. Radam aiuta Rott?" (Oh, no! Che manica di criminali! Posso aiutarti, mio sfortunato amico?)
    "Eeh?" (Lo faresti?)
    "Eh." (Certo che sì! Diamine, mi sembra doveroso aiutarti contro questi malefici Uomini Cornuti!)

    "Mi sento più stupido di prima" commentò Vis Revar.
     
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    Boji seguì la conversazione fra i due ritardati con malcelato divertimento, lo affascinavano quelle menti semplici e genuine.
    Indossava una giacca blu notte con colletto in cuoio nero, impreziosita da arabeschi e cordoni neri anch'essi, stretta da lucidi bottoni d'argento.
    I pantaloni da cavallerizzo, dello stesso colore, erano rinforzati da inserti di cuoio nell'interno coscia ed infilati in un lucido paio di stivali neri a sbuffo.
    Nel complesso era ampiamente più elegante perfino del Capitano, per quanto le sue armi, più attrezzi da macellaio che ornamenti, mettessero in chiaro come non fosse lui il gentiluomo in comando.
    Al termine dello scambio di opinioni, Boji si avvicinò a Vis e gli soffiò poche parole nell'orecchio, in modo che solo lui potesse udirlo.

    -Sembrerebbe che si prospetti una caccia Comandante l'Estant...
    Proporrei di occuparcene, voi ed io, dopo il letargo mi sveglio con la voglia di sgranchire le zanne ed anche voi avrete fame...
    Ma se dovessero godere di un simile spettacolo questi villici, come la ciurma del resto, avrebbero incubi per tutta la vita.


    Un ghigno di crudele aspettativa si profilò sul suo viso, mentre si allontanava di un passo dal vampiro.
    Quando incrociò lo sguardo di Pierre, il nano lo distolse a disagio.
    Anche Luhn Zylvara evitava di guardarlo negli occhi, come la maggior parte della ciurma del resto.
    Sulla nave gli unici a non temerlo erano Radam, poiché era un idiota, ed il Capitano, che per altro era l'unico a cercare volontariamente la sua compagnia, forse perché comprendeva in parte la sua oscurità.
    Si era unito ai pirati da pochi mesi ed aveva salvato le vite di molti di loro grazie alle sue conoscenze mediche, ma non era davvero uno di loro.
    Tutti ricordavano quando lo avevano conosciuto, quando la sua furia era stata diretta contro di loro e lo temevano, come se all'improvviso avesse potuto decidere di dirigere nuovamente la sua ferocia sulla ciurma.
    A pensarci era una cosa grottesca, poiché il loro amato Capitano era un predatore altrettanto terrificante.

    Volse lo sguardo sui villici.
    Qualora il Comandante l'Estant me ne dia licenza, sappiate che sono disposto a ricambiare la gradita ospitalità di questo villaggio con l'esercizio delle mie arti di medico, lorsignori ne necessitano?
     
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    Vis Revar L'Estant

    "Qualora il Comandante l'Estant me ne dia licenza" esordì il dottore, guardando il popolino che si era radunato dappresso il recinto vuoto, "sappiate che sono disposto a ricambiare la gradita ospitalità di questo villaggio con l'esercizio delle mie arti di medico. Lorsignori ne necessitano?"
    Proprio una fine parlantina, quella del dottore. Peccato che con ogni buona volontà, escludendo Albecus e Agnes, nessuna di quelle facce goffe l'aveva minimamente compreso.
    "Cos'ha detto?" chiese qualcuno.
    Una voce si alzò da destra, bisbigliando a voce così alta da vanificare il senso stesso della sua azione. "Che è una specie di medico, credo"
    "Ooooh. Quella gente guadagna tanti soldi!"
    "Può curare la mia capra? Ha due teste!" esclamò una voce dal fondo dell'adunata.
    "No, prima deve vedere mio marito! Ha..."
    "Non dirlo, Trudes!"
    Dùsh si aprì la strada tra loro, interrompendo qualsiasi discutibile frase i due sposi stessero per piantare su. “Ha detto che è un medico.”
    In ogni altra circostanza, la traduzione offerta dal suo primo ufficiale sarebbe stata ben accolta. Aveva il dono di saper riassumere una situazione in blocchi, affrontarli uno alla volta e procedere, magari anche sgraziatamente, fino alla soluzione. Un dono lasciatogli in eredità dalla sua vita precedente, senza dubbio.
    In ogni altra circostanza. In quella presentava un nuovo, piccolo problema. Gli umani tendevano ad impressionarsi quando a parlare era uno scheletro animato.
    Pusillanimi.
    “La morte è venuta a prendermi!” urlò un bambino, cominciando a scappare via. Additandolo mentre schizzava verso le case alle spalle del molo, un falegname dall’eroica barba rossa fece un segno di scongiuro.
    “Prendi lui!” esclamò, rivolgendosi a Dùsh in ginocchio. “Io ho moglie e figli!”
    “Sì, è quello lì è proprio uno dei tuoi!” sbuffò una lavandaia.
    “Ma doveva restare un segreto, Arlotta!”
    “Oops…”
    “Tutto ciò è molto interessante” dichiarò Vis Revar. Non lo era, ma ammetterlo sarebbe stato scortese. In secondo luogo, perché proprio Dùsh era sceso dalla Ner’Verar? Glielo avrebbe domandato dopo. “Ma andando nel merito della questione…”
    Agnes schioccò la lingua, facendo per dire qualcosa e piantandogli uno sguardo degno di un pesce lesso. Si girò a guardare Albecus, che strinse le spalle con fare arrendevole.
    Sfoderata un’espressione preoccupata, Vis Revar incrociò le braccia. “Il furto delle vostre mucche. Sarebbe disdicevole non aiutare la vostra comunità.”
    “Così come non darle il colpo di grazia…” aggiunse Pierre, guardandosi attorno. A voce più bassa aggiunse qualcosa in merito al fatto che, in fin dei conti, nemmeno servisse. Sarebbe bastata un’altra generazione di incestuosi impediti a darlo.
    Scavalcandolo per evitargli un linciaggio, il capitano alzò il palmo al cielo. “Non è il primo furto di cui sento parlare. Ne stanno accadendo altri e comincio ad insospettirmi.”
    “Davvero?” chiese Albecus. “Non avevo sentito niente del genere.”
    “Non mi sorprende…”
    “In effetti, non abbiano notizie da quando il nostro corriere è partito.”
    “E quando è partito?” intervenne Pierre, alzando gli occhi al sindaco. “Chiedo per curiosità, monsieur le mayor.”
    “Tre settimane fa. Aveva portato la notizia che su a Golmath hanno trovato un nuovo filone aperto e l’ho rispedito lì per sapere se erano interessati a dei bravi minatori…”
    Quanto distava Golmath da lì? Dieci giorni, forse? Il dottore si schiarì la voce con un colpo di tosse. “Se fossero”
    “Se fossero cosa, dottor Dottore?”
    “Downan.” S’inserì Vis.
    “Oh, certo. Dottor Dottore Downan. Normalmente è sempre rientrato in tempo. Conosco quel ragazzo, è sangue del mio sangue. Il miglior corriere di queste parti, eh!”
    Allora è finito sbranato dai conigli. “Pensate che sia in qualche modo legato al furto del bestiame?”
    “Non saprei dire in che modo”
    “Non porta bene discuterne qui all’aperto” intervenne Agnes. “E non è corretto lasciare che questi stranieri congelino. Perché non li inviti dentro, Albecus?!”
    “Lo stavo per fare, Agnes!”
    “No, te ne stavi dimenticando!”
    “Silenzio, donna! O vuoi forse assaggiare il dorso della mia mano?!”
    “Ma anche no!” esclamò la donna. “Preferirei non essere associata a niente che includa il tuo dorso.”
    “E poi…” sbuffò il sindaco. “Dov’è finita la mia copia della Lussuriosa Cameriera Rettiliana?!”
    Piantandosi le mani sui fianchi, quella robusta forma di vita vagamente accostabile ad una donna sulla tarda trentina sibilò: “A cosa ti serve quella schifezza, Albecus? Hai meh!”
    “Ecco perché voglio quel dannato libro!”
    “Sì!” li interruppe Vis, scivolando in mezzo al loro discutere. “Ne potremmo proprio parlare al chiuso. Accetto volentieri l’invito.”
    “Ecco Albecus, vedi? Lui ha buone maniere!”
    “Le ho anche io e lo sai!”
    “Ma se non sai ancora distinguere la forchetta dal rastrello!”
    “E’ successo solo una volta, Agnes! E comunque è colpa tua, che non sai cucinare uno sformato senza farlo sembrare il giardino in autunno!”

    Vis Revar seguì i due coniugi dentro un edificio a due piani, solido abbastanza da non sembrare una catapecchia che la natura non era ancora riuscita a smaltire. Non lo sorprese eccessivamente scoprire che fungeva da locanda, abitazione del sindaco, municipio e tribunale.
    “Sapete, in origine era un magazzino!”
    “Questo spiega il suo apprezzabile odore…” borbottò Pierre, mettendo un passo dietro all’altro sul pavimento di legno.
    “Eh, sì! Un magazzino della Grande, Inaffondabile e Infallibile Compagnia Mercantile di Rieka!” continuò Albecus, gonfiando il petto. “Quando c’era lei, eeh se le cose funzionavano! Tutto funzionava! E corrieri e vagoni arrivavano in orario.”
    Quello spiegava lo stato decrepito e la pochezza del villaggio. La Compagnia era fallita in seguito all’affondamento di troppe navi a causa dei pirati e di carte geografiche sbagliate, che avevano spedito molto del suo naviglio in mezzo ai leviatani.
    Oops. Contento di essere di nuovo al chiuso, Vis guardò Agnes occupare il bancone della parte riservata alle funzioni di locanda. La vide stappare una botte e spillare due corni. La schiuma sbavò oltre il bordo, strappandole un’imprecazione che in regioni più religiose del continente le sarebbe valsa quantomeno una pioggia di sassi sul capo.
    Fece cenno al dottor Downan di approfittare di quell’offerta. Da parte sua, non farlo sarebbe stato scortese, ma aveva come la sensazione che quella birra potesse essere impiegata anche bitume. Un assaggio non smentì la sua sensazione.
    “Davvero ottima” mentì, appoggiando una mano sul bancone. Se fossi vivo, adesso starei temendo per la mia salute. “Parliamo di questo furto. Cerchiamo di fare il punto della situazione e…”
    Un boato scosse l’edificio, facendo sbattere le imposte. Poi un altro, fragoroso e diffuso in alto, nel cielo. Aperti gli scuri, Vis inarcò un sopracciglio.
    “Da quando avete temporali alternati?”
    Da una parte all’altra della baia, in prossimità di due spelonche sbattute dal vento e dalle correnti salmastre, scorrevano fulmini. Esplodevano contro le rocce, sprizzando volute di schegge a mezz’aria.
    “Oh, hanno ricominciato?” chiese un habitué. “Punto su quello di destra.”
    “Secondo me vince quello di sinistra.”
    “Ho paura a chiedere” commentò Pierre. “Ho davvero paura a chiedere.”
    Incrociando le braccia, Agnes sospirò. “Oh, quei fulmini? Succede ogni giorno, da diversi mesi. Ecco, vedete, c’è questo paio di stregoni, uno per spelonca e…”
    “E?”
    “E si bombardano a vicenda. Giorno e notte. Abbiamo mandato qualcuno a chiedergli di smetterla, ma sono morti.”
    Alzando gli occhi al cielo, Vis Revar sospirò. “Quanto vi preme questo problema degli stregoni della costa?

    Edited by dany the writer - 19/3/2020, 21:53
     
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    Boji allungò la mano destra mostrando il palmo nella direzione dell'immondo corno, in un gesto di cordiale rifiuto.
    Offerta invero generosa e senz'altro di apprezzabile ospitalità la sua, ma accettare una pinta prima del pasto, signora, sarebbe oltremodo fuori luogo per un uomo di scienza quale io mi ritengo.
    declino dunque con sommo garbo.

    La donna lo osservò con espressione incerta, probabilmente più per via della complessa dialettica del Dottore che per il suo rifiuto della birra che lei stessa sapeva essere pessima.

    Quando i villici riferirono dello scontro fra stregoni, l'uomo ed il vampiro si scambiarono uno sguardo ironico.
    Ma dove erano finiti!?

    Alla domanda di L'Estant sul problema degli stregoni, il sindaco si strinse nelle spalle.
    Capitano sa, al momento il nostro problema sono le mucche, gli stregoni disturbano la quiete e le galline ogni tanto non depongono le uova per lo spavento, ma in fondo in fondo non è che siano tutto questo danno...
    La perdita della mandria invece...

    Invece di finire la frase, l'uomo tirò un tragico sospiro di scoramento.

    Il dottore mosse un paio di passi verso il comandante della nave, ora i due erano separati da chiunque altro.
    Vis, io ho fame, vado a fare una "passeggiata"
    Sussurrò rinunciando alle formalità, come facevano nelle rare occasioni in cui si trovavano soli.
    Il vampiro annuì piano.
    Divertiti, ma non mi ammazzare qualche zotico di qui e portati Lhun Zylvara, non vorrei che qualcuno trovasse i tuoi vestiti e cominciasse a fare strani pensieri.
    Il capitano alzò quindi la voce in modo che tutti i presenti potessero udirlo.

    Monsieur le Mayor, immagino di poter porre rimedio alle vostre tribolazioni, il mio fido Dottor Downan qui condurrà una rapida ricognizione della zona, cosicché noi si abbia un'idea della situazione, nel contempo io ed i miei valorosi ed onesti marinai godremo volentieri delle gioie offerte dalla vostra generosa ospitalità

    Un vero covo di nequizie capitain... Commentò Pierre sarcastico.

    Boji si congedò con un cenno del capo ed uscì, accolto dal sinistro rombo di un tuono scagliato dall'invisibile stregone di destra.
    Nel passare accanto alla mezz'elfa, si rese conto che Luhn Zylvara si era leggermente ritratta, a disagio in sua presenza come tutta la ciurma.
    Sospirò e per un istante pensò di portare con sé Radam, che per lo meno non lo temeva, o Dush che era troppo fiero per dare a vedere la sua inquietudine.
    Quale inquietudine potesse poi provare un morto era un mistero.
    Ma Dush avrebbe potuto servire a l'Estant in caso di problemi, mentre Radam avrebbe probabilmente sbagliato anche il semplice compito che gli si prospettava.
    Con un sospiro si risolse a rispettare l'ordine di Vis.

    Signorina Zylvara, vi prego di seguirmi, è volere del Comandante l'Estant che voi mi scortiate in una breve passeggiata.
    La mezz'elfa annuì piano, abituata agli eccentrici ordini del Capitano ed ormai usa al fatto che questi spesso si manifestassero per bocca del Dottore.
    Non le era chiaro come il rapporto fra quei due si fosse saldato in così poco tempo, in qualche modo era come se il Dottor Downan comprendesse il Capitano meglio di tutti loro, che pure ne avevano condiviso la rotta per molti anni.
    Boji si avviò verso il margine del villaggio con passo spedito, sforzandosi di non correre.
    Ogni parte del suo corpo fremeva di disagio e trepidante attesa.
    Ormai era un intero mese che viveva segregato in forma umana, non bramava altro che rotolarsi in un prato, sentire la corteccia di un albero sulla sua pelliccia ed il sapore del sangue fresco sul suo umido tartufo.
    Luhn Zylvara gli trottava dietro, faticando a rimanere al passo con le sue lunghe falcate, in religioso silenzio.
    La linguista non parlava quasi mai, cosa davvero insolita per una persona che di mestiere esercitava l'arte oratoria, ma Boji era un solitario di natura e sapeva rispettare il silenzio degli altri.
    Finalmente il sentiero fangoso che dal villaggio s'inrepicava sull'erta costiera si perse nella macchia boscosa, irta di conifere e massi coperti di muschi.

    Boji scelse un imponente affioramento roccioso, che occludeva alla vista qualunque cosa vi fosse al di la e si fermò.
    Signorina Zylvara, voi siete arrivata. Parlava in tono urgente, consapevole della necessità di spiegarsi, ma ebbro del desiderio di tornare nella sua pelliccia. Sentirete dei rumori,ignorateli! Aspettate che i rumori cessino, contate fino a cento e poi superate questo affioramento.
    Ivi troverete i miei effetti. Vi prego di recarli seco quando tornerete alla nave.
    Al tramontare del sole fatevi nuovamente trovare qui, lasciando i miei effetti laddove li avrete prelevati.
    Vi è chiaro?


    La mezz'elfa alzò un sopracciglio, assumendo una comica posa interrogativa. Per nulla Dottor Downan... Ma ho compreso le istruzioni.

    Boji annuì, aveva fretta, una dannata fretta, il colletto della giacca sembrava volerlo strangolare, i calzoni gli prudevano sulle gambe.
    Tanto vi basti!

    Quasi correndo superò l'affioramento e lasciò cadere la cintura delle armi.
    Si spogliò con urgenza, scordando di piegare i suoi vestiti con la cura che normalmente vi avrebbe dedicato e gettandoli a terra in un modo che in altri momenti avrebbe lui stesso definito oltraggioso.
    Quando fu finalmente nudo, un dolore terribile lo attanagliò.
    sentì i muscoli del suo braccio destro crescere a dismisura ed imporre all'osso una pressione terribile, fino a quando l'omero non si frantumò strappandogli un urlo d'agonia.
    Il bacino si fratturò con uno schianto, facendolo cadere prono, le costole si spezzarono verso l'interno, mentre l'omero si ricomponeva di svariate taglia più grande, scavando dolorosamente il suo spazio fra i muscoli in mutamento.
    Boji urlò con quanto fiato aveva in gola, gli occhi colmi di lacrime, mentre le sue mani artigliavano inutilmente una zolla d'erba.
    Il suo straziante grido di dolore fu bruscamente interrotto dalla mascella, che si spezzò per riposizionarsi dolorosamente, mentre la lingua gonfia penzolava fuori da una bocca troppo piccola per contenerla.
    Improvvisamente la zolla d'erba si scalzò dal terreno, mentre gli artigli di Boji affondavano in profondità.
    Il dolore era cessato e lui dette sfogo alla sofferenza subita alzandosi in piedi per gridare tutta la sua frustrazione.
    Ma dalla sua bocca uscì un ruglio terrificante, che pietrificò l'intera foresta.
    Poteva perfino fiutare il terrore di Lhun Zylvara che ascoltava da dietro le rocce, ignara di quanto stesse accadendo.
    Laddove poco prima vi era il dottore, ora si ergeva un gigantesco orso bruno, alto undici piedi e dal peso di almeno mille e quattrocento libre.



    Folle di gioia, Boji si lasciò cadere sulle zampe anteriori e corse lontano, nella macchia.
    Sentiva i profumi delle erbe, il pungente e succulento lezzo della selvaggina, promessa di ogni bene, e poi il profumo dell'acqua, perché in forma umana l'acqua non aveva odore?
    Si sollevò sulle zampe posteriori e si lasciò cadere contro un grosso pino per grattarsi la schiena, avvertendo il delizioso tocco della ruvida corteccia sulla pelliccia.
    L'albero scricchiolò pericolosamente sotto il suo peso, ma resse.
    Non avrebbe saputo dire per quanto tempo aveva vagato senza meta, correndo senza motivo e godendo di tutti i sapori e gli odori del bosco, ubriaco di sensazioni.
    Quel posto era un vero paradiso.
    La selvaggina era abbondante e spargeva fra gli alberi un caleidoscopio di odori squisiti, mentre la concorrenza era quasi assente.
    L'accidentato bosco era infestato da un branco di grossi ed ispidi lupi grigi, che fuggivano terrorizzati dal grosso predatore che sembrava essersi materializzato nel loro regno.
    Boji godette di quella sensazione di potere, i lupi non avrebbero avuto una possibilità contro di lui neppure se lo avessero attaccato tutti assieme.
    Poi alle sue narici giunse il cattivo odore di un fuoco.
    Uomini.
    Rallentò la sua corsa e prese a muoversi cauto, attento a dove posava quelle grosse zampe per non provocare rumori indesiderati.
    Aveva promesso a Vis che avrebbe dato un'occhiata agli "uomini cornuti", glielo doveva.
    L'orso rimase celato nell'ombra del limitare del bosco, osservando con occhio predatorio gli ignari uomini.
    I predoni erano una cinquantina, trenta erano combattenti, dotati di cotte di maglia di scarsa fattura, asce, spade e lance, il resto erano donne e bambini.
    Probabilmente si trattava di una tribù trasferitasi da poco, il loro campo era infatti molto raffazzonato, con capanni costruiti malamente con parti di barche e teli di stoffa, ma vi erano già le fondamenta di un paio di case di pietra in costruzione, segno che era loro intenzione restare.
    L'occhio da vecchio mercenario di Boji individuò una palizzata di legno ancora in costruzione e, ovviamente, sui caratteristici elmi cornuti descritti dallo scemo del villaggio.
    L'accampamento sorgeva su di una piccola spiaggia pietrosa, sulla quale erano anche tirate in secca due lunghe navi dalle vele ripiegate.
    Un delizioso profumo gli confermò che nelle vicinanze vi era una mandria di mucche.
    Un brontolio allo stomaco lo convinse di aver visto a sufficienza e lui scomparve nel bosco.
    Poco distante aveva fiutato un cervo, era certo che anche questo lo avesse rilevato, ma lui era più veloce e più resistente, non vi era ragione per cui avrebbe potuto fallire.

    Quando finalmente si fu cibato a sazietà, sollevò il muso dalla carcassa insanguinata, concedendo i resti del suo pasto ai lupi, che da un po' lo osservavano.
    Nessuno di loro osò avvicinarsi fino a quando lui non si fu allontanato, un apprezzato gesto di rispetto che si era guadagnato con un paio di dimostrazioni di forza ai danni dei più audaci del branco.
    Il cielo plumbeo aveva perso ulteriormente colore, un brutto segno.
    Il cervo era stato abile e la caccia così piacevole da fargli perdere la cognizione del tempo, il tramonto era maledettamente vicino.
    Prese a correre a perdifiato verso il luogo dell'appuntamento, temendo di essere in ritardo.

    Edited by Dahu - 20/3/2020, 09:07
     
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    Vis Revar l'Estant

    "Devo dire che è davvero una fortuna che siate arrivato nel nostro paesello di..."
    Una coppia di tuoni strapparono un robusto sussulto al pavimento. Tavolacci e sedie tremarono, battendo e sbattendo sul pavimento fin quando le ultime avvisaglie degli scoppi non si dispersero al di là delle cime sovrastanti il villaggio.
    "Come vi stavo dicendo, signor capitano..." riprese Albecus, occhieggiando il soffitto. "Il nostro buon villaggio di..." Vis Revar vide le sue labbra grassocce sillabare qualcosa, ma un nuovo scambio d'artiglieria magica soffocò il suono delle sue parole.
    Alzò una mano per segnalargli che non c'erano problemi. Aveva comunque colto il nome di quel posto. Tentare la sorte non sarebbe servito a granché, se non...
    "E quindi, dicevo che..."
    Un'altra scarica imperversò, costringendo il sindaco ad accucciarsi sotto un tavolo. Colto da uno spasmo d'entusiasmo, uno degli habitué alzò il proprio corno di birra al cielo. "Eheh, vai così, Bartholomew! Suonagliele!"
    "Gli ha dato un nome?" chiese Dùsh, incrociando le braccia contro lo sterno. "O lo conosce di persona?"
    "Nah, Gracilino!" L'avventore ingollò un "buon" sorso di birra e scosse la testa. "Bartholomew era il mio amico e collega fuochista. Non so come si chiami quell'accidenti di mago, ma diamine se le sa suonare come un campanaro."
    "Mi avete chiamato Gracilino?"
    "Sarò io che sono ubriaco, ragazzo, ma mi sembri tutto pelle e ossa. Non mangi abbastanza, marinaio! Alle donne piacciono gli uomini con un po' di carne dove conta."
    "Io sono solo ossa."
    Sbattuti gli occhi, l'ubriaco si sporse in avanti. Aprì la bocca per dire qualcosa, scoccò un'occhiata al corno che aveva in mano e poi riportò i suoi occhi su Dùsh. Sporgendosi ancor di più, inclinò il corno fino a vuotarlo sul pavimento. Con uno scatto più che dignitoso per la sua età, l'ubriaco caracollò dalla sedia al pavimento e si stropicciò gli occhi.
    "Ah... oh, be', o la morte è venuta a prendermi..." Si alzò, trascinandosi a sedere. "Oppure questo è un altro di quegli spettacoli da quattro soldi pasticciati da quel lestofante, brigante, mangia-paglia fasullo menzognero, bugiardo squattrinato, scalzo guascon... anzi O' LAZZARONE che è Estors..."
    "Quel tizio è più falso di una moneta di bronzo" concordò Dùsh, facendo schioccare i denti. "Ah, se solo mi capitasse a tiro! Questa volta non ci sarebbe un crepaccio a salvarlo come l'altra volta."
    "Mi sfugge di chi tu stia parlando" disse Vis Revar, alzando un indice. "E ritengo di non volerlo sapere."
    "Sono affari privati, capitain. Questioni irrisolte del mio servigio presso Don Porpo'Rrus."
    "Non chiederò."
    Quasi a voler mettere un punto a quella conversazione, l'edificio tremò un'altra volta. La porta sbatté, spalancata da uno dei drow della ciurma. Con una mano sulla serratura, il marinaio adocchiò Vis Revar
    "Mon capitain, ci sono fulmini nel cielo!"
    "Ne sono al corrente, Fran'qoirs." Doveva fare qualcosa per le sue povere maniere. "A quanto pare sono due stregoni che si bombardano tutto il dì."
    Dopo un momento per riprendersi, Fran'qoirs schioccò la lingua. "E cosa facciamo?"
    "Albcus, fai entrare quel giovanotto!" esclamò Agnes, spillando un altro corno di birra. "Che cosa siamo, dei tribali vestiti di pelli?!"
    La distanza tra voi e loro è meno di quel che pensa, signora.
    "Lo stavo per fare, Agnes!"
    La donna piantò il corno in un anello di ferro e cominciò ad armeggiare con un pentolone che aveva visto molti, molti giorni migliori. "Non è vero! Te ne stai impalato lì dall'inizio di questo post!"
    "Non è vero!" ribatté l'uomo, prima di lanciarsi in una tirata che Vis ignorò su qualcosa che aveva a che fare con l'essere uno en-pi-si. Esaurita la sua sfuriata, il sindaco si rivolse al drow marinaio: "Vuole entrare, buon signore?"
    "Beh, se me lo offrite..."
    "Siediti e mangia!" gli ordinò Agnes. "Almeno qualcuno apprezzerà la mia cucina. Anche lei, signor magro."
    "Sono uno scheletro."
    "Ovvio che lo sei, di sicuro non mangi!"
    "Non ho un apparato digerente."
    "Ora stai esagerando, giovanotto."
    "Capitain, posso ucciderla?"
    Schioccate le dita, Vis s'avviò alla porta. "Ho un'idea migliore. Dùsh, prendi Fran'qoirs, Pierre e altri tre marinai. Andiamo a fare una visita da uno di questi stregoni."
    "Ma capitano... stavo per mangiare..." si lagnò il drow marinaio, abbandonando a malincuore il suo pasto.
    "Mangerà dopo, signor Qoirs."
    "Comandi!"

    Uscirono dal villaggio, camminando lungo una ripida china che saliva voltando ad oriente. Trovarsi di nuovo all'aperto strappò a Vis Revar un cenno di fastidio. Normalmente sarebbe rimasto al chiuso, ma considerando la compagnia di quel locale, era un dolore ben accetto.
    Tirata una levetta vicino al grilletto, Dùsh si mise in spalla una balestra carica. "Ecco, capitain. Qualora servisse."
    Gli balenò la mezza idea di usarla su Agnes e Albecus, ma la scartò prima che potesse tentarlo.
    Quei due idioti potevano tornargli utili, tutto sommato. Fece cenno allo scheletro di tenerla pronta e corresse la testa del cappello per proteggere gli occhi da quello sputo di luce che a malapena intiepidiva le nubi.
    La china tremò, scossa dal bombardamento che i due maghi si scambiavano. Non una, o due, o tre volte, ma almeno una dozzina. Ad ogni fulmine, che colpiva il suolo con la potenza di un gigante arrabbiato, ne seguiva uno di controbattuta.
    Un'esplosione troppo vicina sollevò un soffione di detriti taglienti. Si sparpagliarono per la china, rimbalzando verso il villaggio sottostante. Disperdendosi a ventaglio e gracchiando, uno stormo di corvi abbandonò gli alberi più vicini all'impatto.
    "Craaah!"
    "Craaah!"
    "Cràh, ho detto!" esclamò uno dei pennuti.
    "Che strano" borbottò Pierre, infagottandosi nella sua giacca bordata di pelliccia. "Mi è sembrato di sentire uno di quei corvi parlare."
    "Non si preoccupi, è stata solo la sua immaginazione."
    "Me lo auguro, monsieur le capitain!"
    Una mezza dozzina di figure chine in mezzo all'erba attrassero lo sguardo di Vis Revar, che accelerò per raggiungerle. Si erano acquattate in uno dei solchi al margine della strada, stringendosi l'una all'altra mentre infuriava la tempesta dei fulmini. Uno scoppio fece piovere su di loro una pennellata d'aghi di pino e neve.
    "Buongiorno" commentò Vis, sorpassandoli. Erano tutti bardati in armature e usberghi di relativa buona qualità, con scudi e spade alle mani. Quando si accorsero che li aveva salutati, quasi imbarazzati, saltarono fuori dal loro nascondiglio per occupare il bordo della strada. Uno di loro, con una corona d'argento sulla testa, ricambiò il saluto con un cenno del capo.
    "Saluti a lei. Presumo che lei abbia pensato il giusto di noi."
    Una manica di pavoni intimoriti? "Una schiera d'armigeri che si acquartiera?"
    "No, una manica di pavon... cioè, sì!" esclamò uno dei cavalieri. "Proprio quello."
    Il primo ad aver parlato appoggiò la mano sull'elsa della spada e fece un passo in avanti. "L'onore mi impone di presentarmi. Io sono Arktoros, legittimo sovrano per volere divino dell'ordine dei Cavalieri dello Ñyeh."
    "Gnìè?" ridacchiò Pierre. "Cosa siete, un lamento?"
    "Guarda come fai correre la tua lingua, nano!" esclamò il più imponente degli armati. "L'Ordine dei Cavalieri dello Ñyeh non si fa intimorire da niente ed è più antico della tua specie!"
    Piantandosi una mano sul fianco, Vis Revar fece cenno a Pierre di stare dietro di lui. Uno scoppio di tuono costrinse i cavalieri in ginocchio mentre il buon cameriere obbediva all'ordine, mormorando qualcosa a denti stretti.
    "Suvvia, non è cortese appellare il mio cameriere come nano. Egli è monsieur Pierre, di grazia."
    "Sì, ma è un nano" disse Arktoros.
    "E lei è un codardo" rispose Vis Revar, resistendo all'idea di strappare la giugulare a quel pollo troppo cresciuto. "Però io sono quello che non la sta giudicando per le apparenze."
    "Ah! Sul mio onore gliela farò pagare, forestiero!" esordì uno dei cavalieri, parandosi innanzi a lui. "Lo giuro sul mio nome di Lolin-...Halahad!"
    "Ma tu sei Robert."
    "Come? Pensavo che tu fossi Robert."
    "No, io sono Ignatius."
    "Io sono Ignatius!" gridò uno di loro. "Tu sei Lancelots!"
    "Tu sei Lancelots!"
    "Secondo me siete tutti stupidi" dichiarò Dùsh.
    "La morte è venuta a prenderci?!" disse Ignatius, sguainando la spada. Un nuovo tremore lo fece rovinare a terra.
    "Non occorre nemmeno che lei agisca" commentò Vis Revar. "Ci pensate già da soli."
    "Ah, siamo veloci a giudicare!" s'inalberò Arktoros. "Come se io fossi venuto da lei, signor forestiero, ad insultare il suo discutibile aspetto o la scelta di talenti a dir poco opinabile! O la caratterizzazione da esagerato pro..."
    "Non ho intenzione di scendere alle mani con voi" lo interruppe Vis. "Pertanto vi farò una ed una sola domanda. Se la risposta sarà utile, vi lascerò al vostro nascondiglio. Perché siete qui?"
    "Per uccidere gli stregoni che tormentano questo villaggio!"
    Intrigante. "E da chi avete saputo di loro?"
    "Da un corriere a Golmath, monsieur capitano."
    "Vi ha detto altro? Magari in merito a Uomini Cornuti?"
    "Qual assurda panzana è mai questa?" rise Arktoros. "Uomini Cornuti? Non abbiamo visto niente del genere!"
    "Assolutamente no!" gli fece eco Lancelots.
    "Soltanto un fellone chiederebbe d'altri felloni!" esclamò Ignatius. O forse Robert.
    Interessante. "Oh, avete proprio ragione, monsieur. Solo un fellone lo farebbe."
    "Esatto!"
    "E cosa pensate che io sia, con quest'oltraggioso accento che ho?"
    "In effetti... come mai avete quell'assurdo accento?"
    "Non sono affari che vi riguardano!" sbottò Pierre.

    Edited by dany the writer - 23/3/2020, 20:51
     
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    I passi pesanti della sua corsa risuonavano nella foresta.
    Boji amava correre, per quanto detestasse farlo in forma umana.
    Ora le sue quattro zampe lo proiettavano in avanti ed i suoi muscoli godevano dello sforzo, non come quando era umano e zoppicava per la vecchia frattura alla tibia.
    Le ombre della sera erano ormai lunghe tra gli alberi e lui decise di aumentare ulteriormente il ritmo, raggiungendo il luogo dell'appuntamento trafelato ed ansante.
    Con un tuffo al cuore vide, accanto ai suoi abiti, un'atterrita Luhn Zylvara.

    La mezz'elfa, preoccupata per il ritardo del Dottore aveva deciso di aspettarlo nei pressi dei vestiti, che aveva accuratamente piegato.
    Lui non ne sarebbe stato felice, al dottor Downan non andava mai bene come gli altri piegavano i vestiti, come parlavano, come combattevano, in effetti non gli andava mai bene niente.
    Diversi pirati erano irritati dai suoi continui commenti, ma bisognava ammettere che, almeno sulla sua materia e sull'arte di uccidere, il Dottore era un'autorità che andava rispettata.
    Aveva ancora davanti agli occhi l'arrembaggio alla Vagar Tynisia, un ricco mercantile sul quale Downan era imbarcato come medico di bordo.
    Era stata una facile carneficina, la maggioranza dei marinai si era arresa senza combattere.
    La prima volta che aveva visto Boji Downan non le era parso niente di particolare, un giovane umano vestito come un damerino, che reggeva un'ascia tenuta verso il basso, accanto alla gamba, con l'aria di chi non aveva idea di come si usasse.
    Ricordava Rob'hetier, il più potente guerriero che la ciurma di Vis Revar avesse mai avuto all'effettivo.
    Era un Drow di dimensioni straordinarie, una stazza del tutto paragonabile a quella di Radam, ma accompagnata da un cervello svelto quanto le sue movenze.
    Quando qualcuno faceva resistenza, il capitano mandava avanti Rob'Hetier, che lo sfilettava con le sue due spade e la ciurma si arrendeva.
    Lo fece anche quella volta e Lhun ricordava di essere rimasta stupita, perché l'umano rimaneva fermo, il viso leggermente inclinato da un lato, come uno stupido, e sorrideva.
    Aveva un sorriso malevolo, leggermente sghembo per via di una cicatrice al viso e due occhi che sembravano accesi di fiamme.
    Ricordò di aver pensato che somigliava terribilmente all'espressione del Capitano l'Estant.
    Poi accadde.
    Rob'hetier attaccò, rapido come la folgore, per questo fu così difficile da metabolizzare.
    Downan si era spostato di pochi centimetri, quel tanto che bastava a togliere bersaglio alla lama del Drow, il suo corpo si era mosso sinuoso come un'onda, mentre il bacino spostava e ruotava il busto, per eludere l'attacco, il moto rotatorio imprimeva forza al braccio.
    Un solo colpo, alla tempia, il cranio di Rob'hetier si fracassò ed il suo corpo cadde fulminato.
    Quasi a sottolineare la naturalezza del gesto, l'uomo aveva strappato la spada dalle mani del cadavere prima ancora che toccasse terra.
    Il sorriso non aveva mai abbandonato il suo viso, mentre roteava la spada in aria, come a volerne saggiare il peso.
    Ricordò di aver provato terrore in quel momento.

    Ma quel terrore era nulla paragonato a quanto stava provando ora.
    Aveva deciso di sincerarsi delle condizioni del Dottore, non che fosse in pena per lui, ma il Capitano ci teneva e lei era fedele a Vis Revar, tuttavia l'ultima cosa che si aspettava era quella.
    Un colossale orso dal pelo irsuto era apparso all'improvviso dalla macchia, in corsa piena verso di lei.
    Aveva zampe enormi, con artigli impressionanti e denti terribili, snudati nella bocca aperta.
    Luhn era paralizzata dall'orrore.
    La bestia si fermò non appena la vide e si erse sulle zampe posteriori.
    Era enorme.
    La mezz'elfa si sentì mancare, mentre la sua mente, allenata da tanti anni di viaggi, non riusciva a pensare ad altro se non che qualcosa non tornava, quel predatore era troppo grosso per quell'ambiente, come poteva trovare selvaggina sufficiente?
    Non era possibile, dunque aveva avuto la sfortuna nera d'incappare in un grosso maschio di passaggio, chissà, forse lo stesso aveva fatto anche sparire il Dottore, del resto quale persona sana di mente si sarebbe inoltrata fra quegli alberi senza vestiti né armi?
    Il Dottore era bell'e spacciato, il Dottore...
    L'orso si lasciò cadere pesantemente sulle zampe anteriori, il grosso muso ansante a meno di un metro da lei.
    Aveva uno sfregio che partiva dall'angolo della bocca e correva fino all'occhio sinistro, si scoprì a fissarlo, mentre udiva il proprio cuore batterle nelle tempie.
    Quegli occhi, quegli occhi avevano qualcosa di famigliare.

    Notando che la mezz'elfa lo osservava, gli occhi, l'uno rosso, l'altro giallo, sgranati in un'espressione di terrore e stupore, come se avesse intravisto un mistero, Boji si lasciò cadere sul tergo.
    Luhn Zylvara scoppiò improvvisamente a ridere, una risata inaspettata, quasi a voler sfogare in qualche modo l'adrenalina.
    L'orso aveva assunto una posa incredibilmente comica, seduto a quel modo sembrava un gigantesco e letale cucciolone in attesa di farsi grattare dietro alle orecchie.
    Per di più aveva assunto una posa grottesca col muso, leggermente reclinato a sinistra, come in posa interrogativa.
    La risata le morì in gola.
    Per quanto assurdo potesse sembrare, era esattamente la stessa espressione che aveva visto sul viso del Dottore il giorno in cui aveva massacrato Rob'heter e gli altri.

    Dottor Downan?
    Le riuscì in un filo di voce.
    L'orso crollò all'indietro, come colto da un improvviso dolore.

    Boji sentì le dita della mano che tornavano al loro posto e si rialzò faticosamente, stremato dal dolore della trasformazione.
    La sua voce era stanca.
    Signorina Lhun Zylvara, tutto questo è quantomai inappropriato, voi non dovreste essere qui.

    La mezz'elfa dall'incarnito bigio si riscosse improvvisamente, probabilmente rendendosi conto che lo stava fissano nella sua nudità e gli porse i calzoni.

    Boji avrebbe voluto mandarla via, ma era troppo imbarazzato per parlare, così le permise di passargli gli indumenti malamente piegati che giacevano a terra.
    Non era affatto elegante che lei lo vedesse così, nessuno avrebbe dovuto vederlo nudo, ancor meno nella sua forma naturale, nella quale si sentiva ben più esposto.
    Quando qualcuno lo vedeva in forma d'orso era come se vedesse la sua anima, un privilegio che lui non amava concedere.
    Dopo aver sospeso l'ascia al cinturone, Boji spazzò con la mano un singolo ago di conifera dalla spalla della giacca, come se questo avesse potuto sopperire ai suoi capelli disordinati, o al fatto che Luhn Zylvara lo avesse visto in forma naturale.
    Vis le dava gran credito tutto sommato, era la sua linguista e godeva di una posizione di rilievo nella ciurma, ma non sapeva molto di lei a parte questo.

    Fu lei a parlare, rompendo l'imbarazzato silenzio.
    Probabilmente dovremmo... Ecco... Rientrare Dottore.

    Non era una donna di molte parole, ma lui le fu grato per quelle, poiché avevano interrotto uno dei momenti più imbarazzanti della sua vita.
    Avete ragione signorina Luhn Zylvara, il Comandante l'Estant si starà domandando dove siate finita.

    Non era così probabile, meditò mentre riprendevano il sentiero del villaggio, nelle ombre di una sera inoltrata.
    Vis era un curioso, sicuramente ora stava vagando per la penisola in cerca di qualcosa che risvegliasse l'interesse del suo cuore morto.
     
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    Estors Valnif sussultó quando un altro fulmine esplose in cielo, arrestandosi all'entrata della taverna.
    {Quei maghi della costa sembrano davvero problematici, non potevano svolgere il loro magico raduno da un'altra parte?
    Oh beh, almeno posso lucrarci sopra!
    }
    L'uomo di spettacolo entró con fare dirompente, tirando un vigoroso calcio alla porta.
    "NON C'È NULLA DA TEMERE CITTADINI DI-!" Un altro fulmine percosse l'aria coprendo la sua voce.
    "Perché io! Estors Valnif! Sono venuto qui per sollevarvi dal fardello di quei TERRIBILI stregoni! Giacché io sono il-".
    Le parole seccarono tra le sue labbra, la caparbietà nella voce morì e la sua spacciattagine chiuse i sipari.
    Estors nei suoi anni così brevi, eppure così intensi, aveva sgarrato gli affari di molti e complicato la vita di tanti.
    Ed uno di questi, per sua mal augurata sorte, l'osservava da un angolo della taverna con un cipiglio greve e vendicativo.
    "Io vi conosco...!" Il dito dell'accusa puntato contro la sua persona.
    "Ovviamente, la mia fama mi precede ovunque io vada!" Esclamò Estors tentando di disinnescare la situazione.
    "No! No! No!" Il cavaliere sbatté tre volte la mano sul tavolo.
    "So che ti ricordi di me, CIARLATANO! Sir Vercari, rimembri?" L'uomo si alzó minaccioso, scrocchió le dita coperte dal guanto corazzato.
    "L'uomo a cui avete venduto una - Nagariana- lama -ammazzademoni- per una moneta d'oro, quella dannata spada di stagno e pirite!".
    {Cavolo gliela avevo fatta pagare così tanto?}.
    "Il a cavaliere a cui avete rubato il cavallo, per fuggire dalle guardie! Ma non prima di avergli scaricato le colpe addosso!".
    {Vero... vero, ho fatto anche quello!}.
    Sir. Vercari pose la mano sull'elsa del suo spadone.
    "MA PREGO ESTORS, continua pure! Sciorinaci come hai sconfitto l'angelo Astaroth o soffocato un leviatano a mani nude! Quale titolo ti sei inventato questa volta? Spada dell'Alba? Sangue di Drago? Sterminadraghi? Rovina di Re?!".
    {Devo inventarmi qualcosa o rischio la... ci sono!}.
    "I torti che ho commesso non potranno MAI essere ripagati! Prima ero un truffatore mellifluo e laido..." Estors fece finta di essere contrito dalla vergogna e dal rimpianto.
    "M-ma sono cambiato! Mi sono unito... ai Cavalieri dello Nyeh! Ed ora compio vere imprese di coraggio e virtù!".
    {Estors sei un genio! È impossibile che quei cavalieri siano-}.
    "Allora ti devi essere perso, perché i tuoi confratelli sono sulla scogliera!".
    {CAZZO!}.
    "A-a-allora come stavo per annunciare, mi dirigo immantinente da loro per aiutarli nella loro epica impresa! NON TEMETE INNOCENTI PAESANI TORNERÒ PRESTO CON LA LIETA NOVELLA!".
    {Meglio svignarsela da qui...}.
    "Allora vi accompagnerò da loro... -cavaliere-!" La mano di sir. Vercari si strinse feroce sulla sua spalla, un sorriso malvagio sul volto.
    "Cosa?".
    "Ora che siete un CAVALIERE voglio essere tra i primi ad ammirare le tue imprese...!".
    "Ah certo raggiungiamo i miei compari: John, Jim, Eddy e Loli- giusto, quello lo hanno cacciato".

    Estors e Vercari giunsero sul posto, l'indice di Estors scattó come la lama di un rapinatore.
    "Sbaglio o quella è una RENNA CHE PARLA- ah no non lo è...
    Però sbaglio, o quello con loro è un drow!" Estors arretró con fare drammatico, aprì in maniera esagerata gli occhi.
    "Un drow VAMPIROH!" Estors si mise le mani sulle guance, spalancando con stupore la mascella.

    Edited by Martirios - 29/3/2020, 16:37
     
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    Vis Revar schioccò la lingua.
    Il riverbero di un tuono squassò la costa, annunciando un nuovo colpo nel duello dei maghi della costa. Una controbattuta gli fece seguito, schioccando a mezz'aria un distante, ma alto soffio di frantumi e neve. L'eco si disperse ruzzolando giù per la china.
    "Signor Dùsh?"
    Preceduta da un fischio assordante, una grossa roccia fumante, i suoi bordi scheggiati dalla forza che l'aveva scaraventata a mezz'aria, si schiantò nel mezzo del sentiero. Gli impavidi e temerari Cavalieri dell'Onorevole Ordine dello Ñyeh risposero al suo arrivo con un'attenta, veloce e disordinata ritirata a casaccio nel fosso, gettandosi l'uno addosso all'altro in un ruzzolare di armature, improperi ed esclamazioni degne del loro lignaggio.
    "Sì, capitain?"
    "Sbaglio" tese una mano ad indicare la fonte del grido che aveva sentito un momento prima. "O ci sono due bifolchi, laggiù?"
    Messo un piede sulla roccia bollente, Dùsh si schermò le orbite vuote con una mano. Poi, uno scricchiolio sinistro si alzò dal suo cranio. "Sì, capitain. Un ubriacone e..."
    "E? Non mi faccia aspettare, su. Non davanti a questi valorosi cavalieri."
    Sollevata una mano dal mucchio, Lancelots (o forse Robert) rispose: "Non pensiamo assolutamente meno di voi, signor capitano!"
    "Questo è un sollievo. Allora?"
    Stringendo i denti, Dùsh si mise la balestra in spalla. "Estors."
    A sottolineare le sue parole, un fulmine esplose contro l'altro versante della costa. Occhieggiando i Cavalieri, Vis sospirò. "Stanno bene lor signori?"
    "Solo qualche livido! Grazie per l'interessamento!"
    Ma quale sollievo. "Il pericolo è passato, se vi preme saperlo. Potete uscire allo scoperto."
    S'issarono fuori dal fossato in tempo perché un nuovo boato ce li rispedisse dentro, facendoli capitombolare l'uno sull'altro.
    "Ah! La mia gamba!" urlò Halahad.
    "Il mio polso!"
    "La mia preziosissima copia della Lussuriosa Cameriera Rettiliana! No!" Era la voce di "re" Arktoros, quella?
    Non valeva la pena scoprirlo. Scendendo, Vis fece cenno ai suoi marinai e Dùsh di seguirlo. Un centinaio di passi più in basso, chini come procioni, i due nuovi arrivati stavano cercando di risalire la china.
    Sorvolando sull'habituè della locanda, Vis Revar fissò il canterino che l'aveva apostrofato come un drow vampiro. Un uomo biondo dagli occhi verdi, con barba e baffi. Nel complesso, il suo aspetto era appena sopra il dimenticabile.
    "Buon giorno!" s'introdusse togliendosi il cappello. "Posso aiutarvi?"
    "Non mi dispiacerebbe un triplo scotch!" esclamò l'ubriacone della locanda.
    "Temo di non averlo con me."
    "Oh, proprio oggi che volevo smetterla di smetterla di bere..."
    "Le disgrazie capitano sempre a chi non se le merita." Non temere. Dall'odore del tuo fegato posso dirti che non resterai molto a lungo in questa valle di lacrime, insaccato. Piantatosi una mano sul fianco, Vis adocchiò il biondo. "E lei, prosciutt...oh, distinto urlatore della foresta?"
    Un tramestio rumoroso portò il capitano a voltarsi. E ora cosa c'è?
    Sventolando la sua spada fin troppo decorata, Re Arktoros si era lanciato alla carica. "Morte ai plebei!"
    Spostatosi d'un passo, Vis lasciò che si avvicinasse. Si umettò le labbra, aspettando che fosse vicino, cogliendo al volo un fiocco di neve. Poi, quando il "sovrano" fu ad un passo, alzò il braccio bloccando la sua carica. Il contraccolpo fece capitombolare il sovrano a testa in giù, spedendolo a rotolare lungo la china con la reale guisa di una rumorosa palla di neve.
    "Sono stato tradito dai fangosi coltivatori di neve!" urlò, continuando a cadere. "Capitano, mi aiuti! E' il suo re che glielo ordina!"
    "Libertè! Egalitè et fraternitè!" sentenziò Pierre, chinandosi per osservare la rovinosa valanga del sovrano. "E in c..."
    "Non siate volgare, Pierre."
    "Come ordinate."
    I suoi cavalieri lo seguirono in massa, strimpellando giù per la salita fino a quando non furono lontane macchie appena agli inizi. Messa una mano sulla spalla del suo cameriere, Vis alzò gli occhi al cielo.
    "Scenda da loro, Pierre. E chiami il dottor Downan, veda se hanno bisogno delle sue arti."
    "Mon capitain, siete conscio che il dottore può guarire soltanto i traumi fisici, non è vero? Non può nulla contro l'umiliazione dello spirito!"
    "Un favore al prossimo non lo si nega mai, sopratutto se questo può essere un pedone sacrificabile contro gli stregoni. Vedrà che il dottore sarà del mio stesso avviso."
     
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    Boji e Lhun Zylvara camminavano in religioso silenzio nelle lunghe ombre della sera.
    Il Dottore era sempre stato taciturno di natura, per quanto si sforzasse di frequentare eventi mondani, tuttavia questo particolare mutismo lo metteva a disagio.
    Avrebbe preferito che Lhun Zylvara lo riempisse di domande, in modo che lui potesse in qualche modo chiarire quanto era successo, ma lei procedeva guardando ostinatamente davanti a se, come se avesse difficoltà nell'incedere, cosa che lui sapeva non essere affatto vera, i Drow vedevano benissimo al buio e lei era per metà appartenente a quella razza.
    Fu seguendo lo sguardo di lei che si rese conto di una figura tozza, che avanzava lungo il sentiero incespicando ed imprecando.

    Signor Pierre, vi siete perso? Domandò sperando che la presenza del nano non fosse indice di gravi eventi.

    Put... Vach... Mère... Dottor Downan! Le Capitain la vuole sulla costa, lungo questo sentiero, ci sono... Cose che deve vedere.

    Boji inarcò un sopracciglio ma non commentò, aveva fretta di togliersi da quella situazione imbarazzante e Vis gliene aveva appena dato l'occasione.
    Si avviò quindi a lunghe falcate nella direzione indicata dal nano, senza curarsi di Lhun Zylvara e Pierre, che non riuscivano a stare al passo con la sua andatura decisa anche se leggermente claudicante.
    Mentre camminava, tentò di rassettarsi i capelli in modo da eliminare gli ultimi rametti che vi erano rimasti incastrati.
    Impiegò meno di mezz'ora per raggiungere una china, sulla quale si ergevano Vis, un bifolco locale e quello che aveva tutta l'aria di essere un giullare, tutti e tre impegnati a guardare di sotto.

    Felice serata Comandante l'Estant...
    Uno scontro fra due fulmini sconvolse il cielo stroncando la frase.
    Boji rivolse uno sguardo seccato al cielo, quindi si rivolse ancora ai presenti.
    Ed i miei rispetti a lorsignori, ho l'onore di essere il Dottor Downan, medico di bordo dell'illustre Capitano Vis Revar l'Estant, qui presente.

    Un altro tuono strappò il cielo scuro, squassando la notte incombente.
    Boji sbuffò chiaramente seccato per le continue interruzioni, quindi volse lo sguardo verso il fondo della china, ove erano ammassati i corpi di alcuni uomini che indossavano ridicole armature e si muovevano come comari isteriche.

    Vis parlò con tono vagamente divertito.
    Dottor Downan, vi ho disturbato poiché costoro, noti come i valorosi cavalieri dello Gné, abbisognano delle vostre arti, a seguito di un increscioso incidente.

    In quella intervenne una delle figure in armatura. Il braccio! Mi sono rotto il braccio, qualcuno mi aiuti vi prego!

    Boji si rivolse quindi all'uomo dalla barba bionda che gli era parso un giullare.

    Come hanno fatto questi imbecilli a cadere di sotto? Sono forse lorsignori membri della vostra compagnia teatrale?
     
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    "Buongiorno mi presento, IO SONO IL GRANDE E POTENTE-!".
    Sir. Vercari schiantó una forte pacca sulla schiena di Estors, facendolo quasi cadere di sotto.
    "Almeno per le presentazioni prova a dire la verità, si?".
    "Va bene va bene... sono Estors Valnif, IL PIÙ POTENTE STREGONE CHE- AAARGH!" Il coppino del cavaliere squarció l'aria con un boom sonico, lasciando un livido violaceo sul collo di Estors.
    "Non sono un mero giullare-" Estors si abbassò di colpo, sir. Vercari nell'intento di tirargli un gancio si sbilanció e grazie al breve sgambetto del Valnif voló giù dalla scogliera.
    "Facendola breve, Estors Valnif! Bardo, mercante, mago-!".
    "LAIDO FIGLIO DI PUTTANA!".
    Il dardo di una balestra gli sfioró la faccia, piantandosi nella corteccia di un albero alle sue spalle.
    Dush era rosso dalla rabbia, il che risultava apparire come una immagine ancora più spaventosa del solito, visto che era uno scheletro quasi privo di pelle.
    "Signori questa non è una persona di cui fidarsi!" Accusó iracondo lo scheletro, rimembrando il grave disonore inferto al suo Don.
    "Sarebbe capace di vendere sua nonna, poi anche le vostre, per una misera moneta d'argento!".
    "Dush, Dush, Dush così mi ferisci nel profondo sai? Non farei mai una cosa simile..." Estors fece finta di stringersi il petto dal dolore, poi un sorriso malvagio comparve in volto "... lo farei per una d'oro!".
    Il pauroso spaventoso scheletro puntó a bruciapelo la balestra contro la fronte dell'uomo di spettacolo.
    "Estors Valnif... temi tu la morte?".
    "AH! Ma per favore, quella signora non saprebbe nemmeno vincere una partita a scacchi!
    Figuriamoci incutermi timore!".
     
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    Vis Revar L'Estant

    Occhieggiando la curiosa situazione in corso, Vis Revar ebbe la sensazione che intervenire sarebbe potuta essere una buona idea. Non fare niente, d'altronde, sarebbe stato più divertente. In quel caso, Dùsh avrebbe ucciso Monsieur Insaccato Urlatore della Foresta -pardon, monsieur Valnif!- impallinandolo come un tacchino.
    Non era un'immagine così brutta, a pensarci bene. Tuttavia, quel rumore in forma d'essere umano poteva,
    Fece abbassare la balestra allo scheletro, posando una mano sulla scocca. "Ora, Dùsh. Un po' di contegno."
    "Ne avrò quanto ne volete, capitano" disse lo scheletro, riportando la corda d'innesco in posizione. Estors trasse un sospiro di sollievo, asciugandosi teatralmente dell'inesistente sudore dalla fronte.
    "Che fortuna, salvato dal vampiro! Potrei scriverlo nel mio diario, se solo ne avessi uno."
    Riportando di scatto la scocca in posizione, Dùsh spazzò la neve davanti a sé e incassò il calcio della balestra contro la spalla. "Quando avrò ucciso questo figlio di puttana!"
    "Ah!" sussultò il giullare. "Capitano faccia qualcosa! Sono troppo intonato per morire così! E sopratutto, qui! Avete visto che è pieno di en-pi-sì? Che brutto posto!" Accondiscendendo, Vis tornò a far abbassare la balestra a Dùsh. "Poi, v'immaginate uno come ME tra le fila di quei fetidi non-morti, capitano? Zombie, ghoul, lich, scheletri e vamp..."
    Allentando la propria presa, Vis inarcò un sopracciglio. Oh, ma prego! Prosegua pure.
    "Vampate di calore."
    "Vampate di calore?"
    "Stava dicendo vampiri!" esclamò "ser" Robert. O era Ser John?
    "No, non è vero."
    "Sì che è vero!"
    "Non è vero!" ribatté il giullare. "Chi mi ha sentito dire vampiri? Dùsh, tu mi hai sentito dire vampiri?"
    Per tutta risposta, lo scheletro avvolse l'indice al grilletto.
    Alzato un indice, il giullare sfoderò un sogghigno sornione. "OK, lui non vale. Vediamo..." puntò uno dei drow marinai. "Tu! Tu mi hai sentito dire vampiro? Uhm?"
    "Capitain, posso ucciderlo?" chiese il marinaio, ticchettando sull'impugnatura della sua sciabola.
    "Ecco, avete visto?" Esclamò monsieur Valnif, accompagnando un continuo gesticolare alle sue parole. "Non ha detto sì, quindi è no!"
    "Non ha nemmeno detto no" commentò il cavaliere, incrociando le braccia.
    "Ma non ha detto sì."
    La costa tremò, schiacciata dal rimbombare di un nuovo scambio di fulmini. Al secondo scambio, una ridda di ramoscelli in fiamme volò oltre le teste dei presenti, spegnendosi in mezzo alla neve.
    Costringendo Dùsh ad arretrare, Vis Revar schioccò la lingua. "Facciamo conto che per il momento, nessuno debba morire. Perlomeno, nessun altro. Facciamo una debita eccezione per il buon tale che è volato giù di sotto."
    Fran'qoirs si sporse a guardare, gettando un'occhiata alla figura che si era spappolata contro un grosso sasso. "Il Grande Uccello ha proprio preso il volo, eh!"
    "E questo fanfarone gli farà compagnia" s'inalberò Dùsh, pungendo con l'indice la gola di Estors. Vis Revar lo lasciò fare, scavalcando i due litiganti per scendere di qualche passo incontro alla rumorosa matassa dei cavalieri doloranti.
    Palleggiando un ramo, Pierre rivolse loro un cenno con la mano. "Posso dar loro il colpo di grazia, mon capitain?"
    "Con un ramo?" intervenne il dottor Downan, distogliendo lo sguardo dai feriti.
    "In effetti, potrei farlo a mani nude."
    Estors li raggiunse con una punta di fiatone e il vizio di guardarsi alle spalle per assicurarsi che Dùsh fosse rimasto indietro. "Oppure con un'ascia!"
    "Un nano armato d'ascia?" Pierre lo folgorò con lo sguardo. "Parbleu, ridicolo!"
    "Io direi classico."
    Un dardo di balestra volò sopra alla testa del giullare, trafiggendo uno dei cavalieri. "Nelle immortali parole di mio zio..." borbottò il ferito, occhieggiando dove il dardo l'aveva colpito. "Perché io?!"
    Una cinquantina di passi lungo la salita, Dùsh imprecò tirando un pugno alla scocca della balestra. L'urto fu sufficiente a scoccare un altro dardo. "Stupido arnese!"
    "Mio buon monsieur Dùsh!" esclamò Vis Revar facendo un passo incontro al giullare, per poi scavalcarlo. Fissato lo scorrere del dardo a mezz'aria, il capitano portò la mano sinistra al fodero della sciabola e sganciò l'anello di sicurezza. Sciolse le dita, un vizio che se non altro era godibile quanto inutile, ed estrasse l'arma. Scoccò un colpo di piatto, svirgolando accanto al proprio collo. Sbalzato dall'urto con la lama, il dardo roteò nel dirupo. "Le ho chiesto di non uccidere il giullare, se possibile."
    "Il mio è stato uno spasmo involontario, capitano!"
    "Senza nervi e legamenti?" schioccò il dottore. "La vedo dura."
    "Quel trucco devo impararlo per i miei spettacoli..." proruppe Estors, sporgendosi ad esaminare la sciabola.
     
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