Nel ventre di Dolor Amorth

12 Lominenda’el 1123 d.G.

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  1. tuttebbestie
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    Nerinath Son'waela7f0ba9952ffdec6f496af1699d42fd656687d2e
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    L’elfo cerca di applicare tutte le proprie forze nel sollevare la spranga ma il pezzo di legno sembra non volersi sollevare nemmeno di mezzo centimetro. Nerinath non si arrende subito, fa un paio di tentativi impugnando la spranga da più angoli, facendo leva sul braccio sinistro, poi sul destro, ma per quanto si impegni non riesce ad ottenere nessun risultato.

    Un po’ sconsolato si tira indietro e riprende fiato. Maledetti nani… pensa, se solo facessero porte un po’ più facili da aprire! Ma soprattutto si chiede perché tocchi sempre a lui dover aprire le porte in questa avventura. Chissà come se la sta passando Ragnos adesso. Sicuramente meglio di me.

    Nerinath si toglie la borsa che porta a tracolla, si rimbocca le maniche e avvolge il mantello al pezzo di legno, così da non graffiarsi le mani. Per farsi coraggio ripete un paio di volte ad alta voce: “ce la posso fare, su” e torna a lavoro.
    Questa volta non cerca di sollevare la spranga ma di sfilarla dai ganci. Tira più volte verso di sé, rimane saldo sulle gambe con le ginocchia piegate e usa tutto il busto per applicare più forza.
    Dopo tanti tentativi – e cadute, per fortuna non troppo rovinose – riesce a sfilare la spranga e si allontana appena in tempo per non farsi schiacciare dal suo peso.

    Prima di uscire Nerinath si prende un momento per sedersi a terra e contare le ferite. C’è riuscito - finalmente! - ma è talmente stanco da non avere tanto entusiasmo rimasto per festeggiare. Le mani sono quasi intatte, un po’ arrossate e con qualche graffio, ma nulla che gli sembri troppo grave. Sente invece le braccia e le spalle bruciare affaticate.
    Si consola pensando che anche questa porta è stata sconfitta, in un modo o in un altro, e che il suo orgoglio è al sicuro.

    Dopo qualche minuto si riveste e prosegue l’esplorazione.
    Oltre la porta c’è un lungo camminamento che si affaccia su tutta la città. Vista dall’alto fa ancora più impressione e si sente improvvisamente piccolo e solo.
    Con gli occhi segue le linee delle case, interrotte a volte da lunghe crepe del terreno. Sembrano aperture profonde, scure, e si domanda cosa possa mai averle provocate. Alcune sembrano persino avere la forma di unghiate, come se– oh, ecco Ragnos! dice, sollevando le braccia per essere più visibile, appena scorge il compagno tra le vie deserte.

    Si prende un ultimo momento per osservare la città, poi non resiste all’idea di raccontare subito a Ragnos della porta e fa per tornare all’interno della torre. Proprio quando sta attraversando la soglia vede con la coda dell’occhio un’ombra nera, si volta immediatamente ma non riesce a capirne la natura né la provenienza. Accusa la propria stanchezza di giocargli brutti scherzi, fa spallucce e esce per ricongiungersi a Ragnos.
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