Forse, dopotutto, quel folle un po’ d’istinto di autoconservazione lo aveva, per come si era messo a starnazzare per chiedere pietà. Distratto dall’orologio sbucato dalla sua manica, riprese a farneticare di punizioni e furti.
Ziva si sarebbe volentieri data una manata sulla fronte per essere stata al gioco, ma una parola colpì la sua attenzione: balbuzie. Chiunque fosse Julian, secondo il sedicente servo, ne soffriva.
E, sempre secondo lui, «gli effetti dell'intruglio termineranno fra meno di un minuto».
Dunque voleva avvelenarla, tutto lì! Come già sospettava, del resto. Ma senza la boccetta da usare come prova non poteva consegnarlo alle autorità. Non era nemmeno detto ci fosse una taglia sulla sua testa, quindi prendersi il disturbo poteva rivelarsi persino inutile. Ma lo avrebbe fatto volentieri, pur di non sentirlo più vaneggiare!
Però qualcosa su di lei la stava dicendo… o forse la Ziva di cui parlava era semplicemente un’omonima. Anzi, più probabilmente, quelle informazioni erano tutte inventate di sana pianta; la vera domanda era dove accidenti avesse pescato il suo nome.
«Il tempo è tiranno, mon maître. Tic, tac. Tic, tac. Tic, tac» concluse il disgraziato.
Ziva sbuffò. «E va bene!» sbottò, porgendogli la mano. «Da’ qua, avanti.» A occhio, era nettamente in vantaggio in uno scontro: era più forte, più sana e più allenata di quello stupido gobbo. Se avesse tentato qualche trucco, lo avrebbe messo al tappeto; altrimenti, avrebbe dolo dovuto fingere d’ingollare l’intruglio e farlo finire nel fango.
2 mO 24 mA 1 mR ❖ Sacca ❖ Pugnale ❖ Arco & faretra sulla schiena