Tante speranze

Nuruana’el 1123 d.G.

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    Achamo 392 d.f.R.

    Il suo viaggio lo aveva portato in quella topaia. Una taverna piccola e maleodorante, troppo affollata per i gusti di Ragnos. Abbracciato dall'ombra, il Lich si era nascosto in un angolo, lontano dal fuoco su cui un'intero porco stava venendo cotto.
    L'odore di grasso risvegliò delle immagini sfocate nella mente del Lich. Ma fu il sapore di quell'estratto alle camomille a colpirlo più di tutto. Ad ogni sorso la sua gola bruciava, che fosse questo il sapore dell'alcool?

    "Il vino stordisce la mente e annebbia i sensi. È per questo che non dovrai mai berlo."

    Queste parole gli risuonarono in mente. Ma la voce apparteneva a qualcun altro. Eppure, ormai, era troppo tardi. Ragnos aveva già bevuto tre bicchieri di quell'estratto. Dopo ogni sorso la testa gli sembrava più leggere e il mondo attorno a lui più piccolo. Tutti quegli omuncoli erano così insignificanti, con le loro discussioni sul grano e sul sesso. La loro vita era un continuo lavorare ed obbedire, non puntavano a niente di più.

    Forse fu la delusione, o forse fu l'effetto placebo che quell'alcool aveva avuto. Eppure, dopo qualche minuto, Ragnos finì a parole con un contadinotto. L'uomo aveva una barba crespa e malconcio, impregnata di birra e grasso. Il suo volto era così grottesco da sembrare quello di un porco. Non aveva paura, sulla sua spalla era appoggiato il suo bastone magico mentre sulla sua schiena era legato lo scudo in osso. Come se non bastasse, il Lich era alto almeno un piede in più al suo contestatore.

    « Come osi dire che sto mentendo? » Sibilò il Lich « La città perduta dei nani esiste, ne sono certo. È stata ingoiata dalla terra, ma la mia dea la riporterà alla luce. Come ha sempre fatto.»

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    Edited by Maððie - 30/7/2023, 10:36
     
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    Nerinath Son'waela7f0ba9952ffdec6f496af1699d42fd656687d2e
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    A Nerinath piacevano le grandi città, il movimento, il caos del mercato e l'agitazione delle parate, gli piacevano le grandi folle e le strade piene di volti colorati. A Nerinath piaceva il brio che provava quando, in un luogo sconosciuto, poteva perdersi e girare e girare ancora in tondo fino a tarda notte, fino a quando non ritrovava la strada corretta per puro caso.
    In quel villaggio invece non c'era niente di nuovo. Nulla. Quattro strade in croce - letteralmente - e delle casette povere ma graziose. Proprio come a casa.
    Casa, pensò, no, no, è troppo diverso.

    A casa non avrebbero mai cucinato un maiale in quel modo. Girava lì ormai da quanto tempo? Sembrava una tortura. Poteva esserci il proprietario della taverna lì sullo spiedo a ruotare immobile. Sì, perché no, poteva esserci lui.
    Che schifo. Non avrebbe assaggiato né il maiale né il proprietario in ogni caso, e allontanò quel pensiero bislacco tuffandosi nel calice di vino.
    Lo si poteva definire ormai un bevitore abituale - era strano fosse ancora soltanto al secondo o terzo boccale. O quarto, insomma, solo all'inizio di una serata che si prospettava triste, noiosa, mortalmente banale.

    Nella tavernetta c'erano solo vecchi lavoratori stanchi. Stanchi e sporchi, sporchi di terra e sudore, col fango sotto le unghie. Deve essere davvero terribile lavorare la terra. Non ho mai provato, e come a rispondere a se stesso annuì e fece spallucce, terribile.

    Al tavolo vicino due omuncoli giocavano a carte. Nerinath osservava con attenzione la partita. Gli era sembrato che uno, quello barbuto, avesse pescato due carte in una volta, ma per sua sfortuna era stato scoperto anche dall'avversario.
    Poi, d'un tratto, dietro a dove era seduto lui, due uomini stavano discutendo a voce alta.
    《 Uh, una rissa! 》 esultò piano, e non poté fare a meno di voltarsi completamente nella loro direzione per ascoltare meglio, con le gambe accavallate e il boccale ancora in mano.

    "La città perduta dei nani esiste, ne sono certo."
    La città dei nani. Ricordava di aver letto qualcosa a riguardo. Una città antichissima, frutto dell'abilità e della fatica di quella razza di ometti piccini e tarchiatelli. Che carini, se li immaginava tutti in fila che battevano sulle pareti di una grotta per farne una casa. Come se una casa sottoterra possa essere confortevole.
    Scoppiò a ridere all'idea.

    Non ricordava dove, ma della città dei nani aveva già sentito parlare.
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    Ragnos si tappò la bocca all'improvviso. Le sue mani tremavano e il cuore, ormai privo d'uso, sembrò perforagli il petto. Ragnos era un pessimo combattente, anzì. Senza i suoi non morti era completamentei inutile. Tuttavia, il contadinotto sembrava tranquillo, forse perché un suo bicipite era largo quasi quanto la coscia del Lich o, probabilmente, perché le parole di Ragnos non lo avevano toccato.

    Il 'ragazzo' aveva perso i ricordi in seguito alla sua trasformazione. Più volte aveva provato a ricordarsi chi, o cosa, fosse prima di quell'evento. Eppure, ogni sforzo fatto si trasformava in una forte fitta in mezzo al cranio. Da qualche settimana a questa parte aveva dunque smesso di provarci. Ma di una cosa era certo, aveva avuto a che fare poche volte con razze particolari come elfi o simili. E proprio ora un elfo stava ridendo di lui.

    «E tu cosa hai da ridere?» Il Lich scattò alla destra del contadino, in un modo così goffo da sembrare un pinguino in fuga da una foca.

    Ragnos sperò che cambiando 'bersaglio' il contadino lo avrebbe ignorato. E fu così. L'ometto, tanto basso quanto grosso, notò che il suo calice era ormai vuoto. Un giovane ragazzino come il Lich poteva aspettare, la birra era decisamente più importante. Così, con fare lento, il contadino barcollò fino alla cameriera, sussurrandogli qualcosa che Ragnos, concentrato sul quell'orecchia a punta, non udì.

    «Credi che l'antica città sia frutto della mia fantasia?» Sibilò Ragnos, puntando il lungo bastone cerimoniale contro l'elfo. Fra tutte le razze, quelle meno corrotte erano anche le più beffarde. Per gli elfi, alti e graziosi, creature come i non morti erano oggetto di scherzo. Il Lich era felice di averci avuto a che fare poche volte.



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    Nerinath Son'waela7f0ba9952ffdec6f496af1699d42fd656687d2e
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    “E tu cosa hai da ridere?”

    Come non detto, niente rissa, incrociò le braccia e affondò la schiena nella panca in cui era seduto, peccato. Il contadinotto basso, l’uomo che sembrava aver iniziato il piccolo diverbio, si era allontanato in direzione della cameriera dicendole che odiava avere a che fare con degli stupidi forestieri. Poi sputò nel boccale e chiese il bis.

    L’altro uomo gli si avvicinò e gli puntò un’arma contro.
    Ridicolo. Semplicemente ridicolo. Bastava guardarlo per capire che si trattava di esserino insignificante, tutto pallido e magrolino, non poteva suscitare paura una bestiola così. Poteva giocherellarci ancora un po’, almeno finché non si fosse rivelato una bestiaccia.

    «Oh oh, piano ragazzetto.» Nerinath alzò entrambe le mani in segno di resa. «Ridevo di te, non della città se è questo che ti preoccupa. In realtà no, ridevo di entrambi. Va beh, come non detto. »

    Nerinath abbassò le mani e con un gesto lo invitò a sedersi.
    A guardarlo bene era veramente tanto pallido. Tanto tanto. Per non parlare degli occhi sanguigni e profondi come un pozzo. Sembrava anche piuttosto alto, soprattutto se confrontato con gli altri commensali. Poteva anche sembrare bello… forse no, non bello, ma aveva il suo fascino.
    Ne aveva visti tanti di umani, ma mai uno gli era sembrato così particolare. Chissà da dove viene, pensò, fissandolo senza paura di sembrare scortese o importuno.

    «Durnel esiste, ne ho già sentito parlare. Ma tu sei proprio buffo. Perché ti offendi tanto per una città insignificante? Dopotutto non mi sembri un nano…»

    Chiamò la cameriera e le chiese di portare da bere.
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    "In realtà no, ridevo di entrambi" In quel momento Ragnos pensò soltanto ad una cosa. Come sarebbe stato avere come servo un elfo? Il rituale sarebbe stato lo stesso, eppure ci sarebbero state tante variabili da considerare. Ogni non morto, rinascendo, porta con sé qualche caratteristica del suo passato. Purtroppo, un elfo non avrebbe fatto a caso suo. Sopratutto qualcuno con delle mani così delicate, doveva essere un nobile o qualcosa di simile.

    La reazione di quei contadini a delle braccia scheletriche che smembrano il volto di un essere vivente sarebbe stata uno spettacolo. Ragnos sarebbe stato pronto a scommettere che in pochi ne avrebbero riso. Ma qualcosa gli impedì di agire. Che fosse il buonsenso? No, era qualcosa di diverso. Bastò una parola e un sorriso affilato apparve sul volto del Lich.

    «Durnel, eh...» Ragnos portò il bastone sulla sua spalla. Poi, guardando dall'alto in basso l'elfo, camminò fino a raggiungere la sedia di fronte a lui. Era così bassa che faticò a mettersi comodo. Quando ci riuscì, socchiuse gli occhi e un sorriso ingenuo sostituì il ghigno «...Anche tu sei un uomo di cultura.»

    «Cameriera, dell'altro estratto d'erbe» Ragnos faticò a non scocchiare le dita. In quell'anno di non vita aveva riconosciuto quel gesto come vile. Eppure, gli sembrava così naturale. Ma se persino un elfo si era trattenuto dal farlo, Ragnos non sarebbe dovuto essere da meno. Più volte si era promesso di diventare un 're' umile. E avrebbe dovuto cominciare da ora, ma questo all'elfo evitò di dirlo.

    «Perchè ritrovarla è il motivo per cui vivo.» Ragnos trovò quella frase ironica e si trattenne a stento dal ridere. Chissà se orecchie a punta si era accorto che, in effetti, di vita ce ne era poca in quel corpo. Ma in fondo non era il battito del cuore a dare senso ad un essere vivente. Quegli scemi maleodoranti ne erano la prova. Lavorare dall'alba al tramonto per poi giocarsi il tutto ai dadi. «Questa sua ingenuosità mi fa sorrider, mister Elfo. Durnel è stata una delle città più importanti della storia. Drow, umani e creature mostruose. Chiunque cadde tentando di assediare quell'avamposto nanico. O così si dice. E alla fine, a farla franca fu l'egoismo.»

    Gli appunti del suo antenato erano chiari, fu una guerra civile a distruggere la città. Il lich si eccitava ogni volta nell'immaginarsi quella città governata da un governo giusto. Qualsiasi regno avrebbe tremato. Tuttavia, che volesse ritrovarla per dare vita ad un impero di reietti questo non glielo disse. D'altronde le idee geniali non vanno confidate in leggerezza. Giusto? Perché quell'idea era geniale, no?
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    Nerinath Son'waela7f0ba9952ffdec6f496af1699d42fd656687d2e
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    L’uomo sorrise in modo strano facendo un’espressione inquietante, poi si avvicinò e un brivido percorse la schiena di Nerinath a ogni passo. Mentre l’essere avanzava in sua direzione nella penombra della taverna, Nerinath venne assalito dal timore che si stesse dirigendo verso il proprio collo con l’intenzione di stringerlo forte con le dita ossute e bianche; ma quello si fermò alla sedia e si mise comodo. Per quanto si potesse stare comodi in un locale del genere.
    Almeno l’aveva scampata. Per ora.

    “Anche tu sei un uomo di cultura.” ’Anche tu’, sorrise, e così abbiamo un appassionato di storia antica e leggende.

    Quando la cameriera portò da bere per entrambi, Nerinath si perse un momento nell’osservarlo meglio. La sua vista non era stata ingannata dalla distanza, e poté confermare la stranezza dell’uomo che aveva davanti. Quegli occhi rossi gli sembrarono troppo particolari per appartenere a un umano, e pensò si trattasse di un’altra razza. Un drow?, pensò, magari un ibrido o qualcosa di strano.

    “Chiunque cadde tentando di assediare quell’avamposto nanico. O così si dice.”

    Era così formale! Chissà quanti boccali avrebbe dovuto fargli bere per ammorbidirlo un po’.

    Nerinath ascoltò in silenzio e con attenzione il suo discorso. Di tutto quello che aveva detto gli erano rimaste in mente solo poche parole: “il motivo per cui vivo”.

    Portò il calice alla bocca e bevve un sorso. Che schifo le ragioni di vita, che spreco di tempo, che spreco di risorse. Avrebbe passato la vita alla ricerca di uno scopo e poi? Si sarebbe tramutato in quello scopo. Sono solo discorsi di chi non sa godere di ciò che ha, di chi non conosce il proprio valore. La verità è che tutti abbiamo bisogno di un motivo che ci spinga ad alzarci, a intraprendere un cammino, a comprare mangiare consumare sposarci parlare vivere.

    E io cos’ho?

    Per poco non gli andò di traverso il vino.

    « Sono quasi geloso di te, sai? Della tua motivazione, della tua ragione di vita,» fece una smorfia, « forse è perché non ce l’ho che mi riesce così difficile capire perché sia così importante per… tutti.» Nerinath lo fissò intensamente, in cerca di risposte.

    Era migliore la vita di quei contadini? Svegli presto al mattino con un obiettivo fisso: lavorare. Pranzo, cena, lavoro. Forse davano importanza al tempo passato coi figli, o forse anteponevano il lavoro anche a quello. Era meglio una vita passata ad arare e spaccare legna e pescare pesci o a cercare una città distrutta? Una città che, come aveva fatto notare, era stata sede di lotte intestine. Come poteva desiderare di recuperare qualcosa di così insensato? Doveva essere, lo fulminò il pensiero, decisamente bella.

    Ora restava da capire cosa ci volesse fare lui con quella città.

    « Le leggende su Durnel sono tante, ragazzo. Ho sentito dire la chiamassero ‘la città del marmo’, perché non usavano pietra per la costruzione degli edifici ma marmo. Personalmente penso sia una sciocchezza. I nani non sanno distinguere il marmo dalla pietra, per loro non fa differenza. Certo però, che è indice del fatto che fosse una città ricca e prospera. »

    Gli sorrise, ammiccando al suo boccale per farlo bere ancora.

    « Una cosa è certa, la lotta interna tra nani fu spietata. Vuoi sentire tutta la storia? »
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    manofculture
    Ho pensato a questo AHAHAH
    Il post si stava facendo lungo, al prossimo giro può raccontare Nerinath. O fanno insieme, va bene lo stesso.
    Controllo e correggo gli errori più tardi
    (Non ho finito con la questione della raison d'etre)
     
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    La cameriera aveva sistemato i due calici di fronte all'elfo e al lich. Il primo iniziò a bere senza farsi problemi, il secondo, invece, decise di trattenersi. Fra i lich, Ragnos conosceva personalità che avevano camminato su questa stessa terra prima ancora della caduta dell'esercito demoniaco. Indubbiamente i Lich erano alcune delle creature più antiche sulla faccia della terra. Eppure, il loro numero così esiguo, nonchè la loro riservatezza, li rendeva degli alleati poco affidabile in quella missione.
    D'altrocanto, gli elfi camminavano su quella terra da una eternità. Ragnos non aveva mai sentito parlare di un elfo morto di vecchiaia. Oltre alla loro longenuità, anche il numero era un fattore da considerare. Gli elfi, per quanto lenti nei cicli produttivi, superavano di gran lunga i lich, almeno a livello quantitativo. Tutte queste caratteristiche li avrebbero resi ottimi mezzi per ritrovare quella città perduta.

    «Mister elfo...» Ragnos fissava intensamente il suo compagno di bevuta. Tuttavia, non aveva ancora cominciato a bere. Se quella bevanda annebiava i sensi, allora non era il momento per goderne. Ogni parola che sarebbe uscita dalla bocca di quell'orecchie-a-punta gli sarebbe tornata utile per due motivi di importanza diversa. Primo, avrebbe potuto implicitamente accedere alle biblioteche elfiche. D'altronde, la conoscenza di Ragnos era limitata ai libri dei mortali mortali, lo sapeva benissimo. Anche se non sapeva come, o dove, avesse avuto modo di leggerlo. Al contrario, i mortali meno mortali, come gli elfi o i drow, avevano fonti più antiche e più pure. Un popolo così educato era solito trasmettere i propri ricordi tramite la scrittura e, dunque, vi era un minor grado inquinamento della conoscenza. Secondo, avrebbe la tempra di quell'elfo. Delle informazioni fasulle lo avrebbero etichettato come un ignorante. Al contrario, delle informazioni veritiere gli avrebbero fatto guadagnare il rispetto di Ragnos «...sono tutte orecchie.»

    Il lich accavallò le gambe, poi si piegò per far combaciare la spina dorsale con quella scomoda sedia. Dunque, infilò le dita ossute nella manica sinistra della propria camicia. Da qui estrasse una rosa, i cui petali, quasi appassiti, erano diventati neri. Eppure, l'elfo avrebbe potuto goderne ancora degli aromi, molto più intensi delle rose che si potevano trovare in natura. Per il lich quegli odori erano come una droga purificatrice. E, mentre l'orecchie-a-punta avrebbe parlato, Ragnos avrebbe usato le spine del fiore per ghiocherellare e mantenere il cervello sveglio.

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    [spoiler_tag]Esattamente ahah, era un riferimento al meme xD[/spoiler_tag]
     
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    Nerinath Son'waela7f0ba9952ffdec6f496af1699d42fd656687d2e
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    Nerinath si schiarì la voce come in preparazione di un grande discorso. Aveva letto talmente tanti libri e volumi in talmente tante biblioteche diverse da non ricordare più la provenienza delle informazioni. Aveva sostato in diversi villaggi elfici in passato e, seppur ristrette, ne aveva consultato le biblioteche, ma la sua fonte preferita rimanevano le storie popolari, i racconti delle fate e tutte quelle leggende che ormai, con la verità storica, avevano poco a che vedere.
    Tra verità e leggenda per lui c’era poca differenza: in fin dei conti anche le favole sono ‘vere’. Dopotutto ad averle create è pur sempre una persona con un determinato contesto alle spalle che ne plasma la mentalità. E poi è sempre divertente sentire le gesta personali di qualche poveretto. Nerinath era sempre pronto ad ascoltare chiunque avesse fantasia da vendere.

    Durnel, però, era troppo antica per poter trovare qualcuno ancora vivo da raccontarne la storia. Le testimonianze del suo splendore erano tante, ma era passato talmente tanto tempo che anche le leggende sulla sua magnificenza iniziavano a scomparire. Senza persone ad abitarla era difficile preservarne il ricordo.

    Nerinath rimase in silenzio qualche secondo per raccogliere le idee e prese parola solo dopo aver dato un sorso al bicchiere: «Durnel aveva anche un altro nome. La chiamavano ‘la città folle’. Sai perché follefece una pausa e lo fissò con enfasi, «Cinabro. I nani avevano costruito la città su una montagna di cinabro. Il cinabro è un minerale tossico che contiene mercurio e pare che quel terreno ne fosse ricchissimo.»

    Dove lo aveva letto? Forse lo aveva sentito da qualche ninfa o forse dalle storie di qualche umano. Anzi, dovevano averglielo raccontato gli anziani del suo villaggio natale. Nerinath si fermò un momento a pensarci e un istante preciso gli affiorò nella mente: uno dei primi incantesimi di cui aveva sentito parlare. Ricordava come, ancora un fanciullo, consultava tomi più vecchi dei suoi genitori e sognava di possedere i segreti della Natura.

    «C’è chi dice che i nani non lo sapessero, c’è chi dice che scelsero quel posto proprio per sfruttarne le miniere. Fatto sta che i padri fondatori vissero a lungo e in salute, così come i loro discendenti, mentre gli stranieri erano i primi a morire.» Questa invece, doveva averla sentita di qualche umano. Gli umani hanno meno poca voglia di sporcarsi le mani, forse meno degli elfi, e sanno essere una razza tutta particolare. Da bravi opportunisti, si dovevano proprio essere sentiti sfruttati.

    «Ti chiederai cosa se ne facessero del cinabro, eh? Lo trasformavano in oro,» gli sorrise, affilando gli occhi, «... peccato ci fosse un piccolo problema.»



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    Niente, scusa il ritardo. Non so se questa cosa che mi è venuta in mente va bene ma nel caso lo posto lo stesso, al massimo cambio. Fammi sapere!
     
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    La bocca del Lich si allargò lentamente fino a mettere in mostra una lunga rosastra. Le parole dell'elfo riuscirono ad affascinarlo e per qualche secondo si scordò persino di volerlo vedere morto. O non morto. Non che ci sia molta differenza.
    Le parole d'orecchia a punta erano cariche d'energia, proprio come il suo sguardo. Ragnos ci aveva visto lungo supponendo di trovarsi di fronte ad un uomo di cultura. Il volto del Lich si gonfiò in preda all'eccitazione e i suoi bulbi privi di vita cominciarono a luccicare mentre il racconto proseguiva. No, non si stava decomponendo. Era semplicemente felice, proprio come un bambino che ascolta la favola del nonno.

    «Il cinabro, come ogni minerale, è frutto della mano del dio dei fabbri» Lo aveva letto da qualche parte. Eppure, le sue nozioni sul pantheon del continente erano scarne. La sua famiglia non si era mai interessata a quell'argomento e, dunque, le sue parole avrebbero potuto persino essere 'bugie bianche' «Come un fabbro crea le leghe, così il dio dei fabbri mischia gli elementi. Ogni nano, fedele all'ideale della forgiatura, trova coraggio di fronte a qualsiasi minerale perché lo sente suo. Lo stesso doveva valere per i nani di Durnel. Ti prego, signor elfo, continua pure...»

    Rispettosamente Magnos tornò composto nella sedia, pronto ad ascoltare ogni parola del suo interlocutore. Non gli sarebbe servito prendere alcun appunto, la sua mente sarebbe stata una tela abbastanza grande per quel dipinto. Nei mesi precedenti si era dato da fare e aveva iniziato a disegnare uno 'scheletro'. Ma i colori erano così difficili da mescere. E ora aveva trovato un arcobaleno.

    Ma più di tutto voleva provare che quell'artista che si era trovato di fronte lo avrebbe potuto aiutare nel suo intento. Vi chiederete perché, fra tanti posti, Ragnos ha deciso di cercare una città perduta. La risposta è semplice. Il lich non cercava la città, ma le memorie degli abitanti che vi avevano vissuto.
    Voleva creare un rifugio per non morti. E si da il caso che niente possa uccidere chi è già morto, neppure il cinabro. Questo sarebbe stato chiaro a tutti, persino ai primi nani fondatori...

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    Tranquilla, mi piace tantissimo come si sta evolvendo il tutto!
     
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    [Ho sbagliato a modificare il post e l'ho sovrascritto :/ risolverò il problema tecnico al più presto
    Devo vedere se sul pc ho una copia del post se no va beh lo riscriverò]

    Ad ogni modo, un piccolo riassunto per il gentile lettore: Nerinath fa una breve riflessione (mentale) sul fatto che sì, l'esistenza delle divinità è accertata ed è difficile pensare che non ci siano, ma lui ne è infastidito e non gli piace l'idea che entità superiori manovrino i popoli.
    Poi va avanti col racconto dicendo che i nani non sono bravi con la magia e probabilmente hanno preso in prestito le arti alchemiche (? insomma, l'incantesimo per tramutare mercurio e zolfo (cinabro) in oro) da altri popoli più raffinati, tipo i drow, ma è una sua supposizione e non è sicuro. [Fatto sta che non è detto usassero un incantesimo (!)]
    Infine dice che i drow e e le altre razze - oltre ai nani - che abitavano a Durnel non facevano grande ricchezza, e forse non potevano essere stati impiegati (solo loro) nell'estrazione di cinabro. Lascia intendere che c'è dell'altro ma non specifica cosa.

    Edited by tuttebbestie - 13/3/2020, 12:33
     
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    Il lich riuscì a cogliere l'espressione dell'elfo. Qualcosa nelle sue parole sembrava averlo fatto preoccupare, o magari deludere. Il Lich non ne capiva molto dei modi di fare di quegli orecchia a punta.
    Che conosca una verità diversa da quella che lessi sui libri del mio antenato riguardo alla nascita del cinabro? Si domandò Ragnos. D'altronde si era potuto confrontare poche volte con altri uomini di cultura. E mai su un argomento del genere. Il ragazzo, perché in effetti non aveva ancora compiuto il suo primo secolo di non morte, aveva riflettuto scarnamente sull'economia della città nanica. In effetti, se il suo obiettivo fosse quello di dare vita ad una città di non morti, si sarebbe dovuto interessare all'argomento il prima possibile.
    O forse ho fatto male a citare una divinità nanica? Da qualche parte, Ragnos aveva letto che non circolava buon sangue fra elfi e nani. I primi erano alti, i secondi bassi. I primi erano glabri, i secondi barbuti. I primi eleganti, i secondi rozzi. O almeno questa era l'opinione comune su queste due razze. Probabilmente crede che sia stata una divinità elfica a dare vita al cinabro.
    Il Lich non tenne minimamente in conto un eventuale disgusto verso il divino. D'altronde, tutte le notti, pregava la sua personale madre della non morte. Il suo sogno più grande sarebbe stato servirla e, forse, nel suo intento era proprio questo il suo scopo. La sua mente non sarebbe stata in grado di concepire l'ateismo.

    «Drow, dici?» Ragnos assottigliò gli occhi in un'espressione dubbiosa «Sei sicuro di non aver sentito un qualcosa del genere da un altro elfo? Sai, so che non corre buon sangue fra elfi e drow. Anzi, corre lo stesso sangue, si... ma, ecco, beh, ci siamo capiti...»
    Il Lich si trovò in palese difficoltà ad affrontare l'argomento. Ma ciò che lo spinse a rimanere in silenzio fu l'ultima parte del discorso. Che stesse arrivando alla conclusione che solo qualcosa di già morto potesse evitare i pericoli del cinabro? Ma una parola pronunciata dall'elfo mise in dubbio il non morto.
    «Resistenti, dici?» Guardandosi attorno per accertarsi che nessuno stesse ascoltando, Ragnos si avvicinò al mezz'elfo. «Ti stai riferendo ai giganti... o a qualcos'altro?»
    Testare l'arguzia di quell'orecchia a punte si stava rivelando sempre più interessante.

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    “Sei sicuro di non aver sentito un qualcosa del genere da un altro elfo? Sai, so che non corre buon sangue fra elfi e drow. Anzi, corre lo stesso sangue, sì, ma ecco, beh, ci siamo capiti...”

    Era piuttosto probabile, anzi, più ci pensava più se ne convinceva. In effetti aveva sempre apprezzato la compagnia degli elfi e le loro biblioteche erano la sua fonte principale di informazioni. Quantomeno era sicuro non lo avesse sentito da un drow: aveva incontrato nani, umani, feral di ogni tipo, ma sicuramente non aveva mai cercato contatti con i drow. Finora non era mai successo, che fosse meglio così?

    Chissà, incrociarne uno poteva anche essere divertente. Nerinath aveva sentito solo brutte storie sui suoi lontani cugini ma erano tutte leggende che potevano avere poca aderenza con la realtà. Non aveva mai avuto modo di confermarle, non era sicuro, ma senza ombra di dubbio se mai ne avesse incontrato uno avrebbe fatto molta attenzione ad ogni suo passo falso. Si trattava pur sempre di odio reciproco: se anche Nerinath fosse stato accondiscendente e aperto al dialogo non poteva conoscere le vere intenzioni dell' eventuale interlocutore.

    In effetti era curioso di sapere cosa pensasse un drow degli elfi. Pensava che fossero stupidi? Inferiori? Chissà se i drow erano poi così diversi da loro. Ad ogni modo, in quanto loro lontani parenti, per Nerinath un drow era pur sempre migliore di tante altre razze, o almeno gli piaceva pensarla così.


    "Ti stai riferendo ai giganti... o a qualcos'altro?"
    Nerinath si fermò un momento. No, non stava pensando ai giganti. Pensava ai nani e alla possibilità che avessero creato lotte intestine anche all'interno della loro stessa razza, ma evitò di dirlo.
    Che ci fossero giganti, lì a Durnel, non lo sapeva dire con certezza, ma poteva essere un'ipotesi intelligente. Che anche quel ragazzo sapesse qualcosa? Che lo stesse solo mettendo alla prova?
    Nerinath era un'evidente fonte di informazioni, ma non poteva essere uno scambio a senso unico!

    «Chissà, chi può dirlo...»
    Prese in mano il bicchiere e si mise ad accarezzarne il bordo con le dita, mentre faceva ondeggiare il liquido rossastro all'interno.
    «Ma perché non mi parli un po' di te? Immagino tu sia interessato ad altre storie su Durnel, » rise piano, attento, «Se vuoi sapere altro, raccontami qualcosa che ancora non so.»
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    (non è un problema, però Nerinath non è un mezz'elfo... (lo hai chiamato così nello scorso post)
    Ebbene sì, ora sono curiosa pure io.

    P.S. importante
    Stavo pubblicando questo post da telefono quando mi sono resa conto di aver trascritto quello di prima. Tu non ce l'hai salvato, vero? Io ddevo controllare ma mi sa di no. Nel caso fortunato lo avessi, non è che me lo manderesti? Non ricordo cosa ho mangiato ieri sera adesso figurati se mi ricordo cosa ho scritto nel post, ugh
     
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    «Non morti» Sussurrò, con un tono quasi impercebile. Ragnos non aspettava altro che ritrovarsi al centro del teatro. La conversazione aveva preso pieghe così interessanti che persino quell'orecchie a punta era riuscito ad eccitare il defunto Ragnos.
    «Allora» Il ragazzo fece finta di tossire, non che ne avesse bisogno. Dunque si alzò per poi trascinare la sedia al fianco dell'elfo. Ormai il suo desiderio di ucciderlo si era placato. Nelle sue parole aveva percepito il rispetto che, in un primo momento, gli era sembrato inesistente. «Sappiamo che i drow sono le pecore nere, in tutti i sensi, di voi orecchia a punta. Per questo qualcuno di loro ha abbracciato una strada oscura, o almeno qualche sciocco la definirebbe così. Scommetto che tra di loro vi sono stregoni in grado di piegare la morte al loro volere e, questo, ben si sposa con il desiderio di estrarre cinabro.»

    In preda all'eccitazione il ragazzo cominciò a colpire, delicamente, seguendo un ritmo costante, il pavimento in legno con il proprio bastone cerimoniale. Pensò a quello che avrebbe voluto e, potuto, dire al suo nuovo compagno. Che il lich avesse trovato un potenziale compagno nella ricerca di quella città perduta?
    «Dalla tua domanda posso intuire che tu sia un uomo curioso. E dunque ti parlerò di me.» Ragnos soffocò una inquietante risata. Ovviamente si sarebbe astenuto dal rivelare la sua vera natura. «Sono uno studioso di testi antichi. Tuttavia, alla teoria mi piace affiancare la pratica. Mi sono chiesto perché una città nanica sia andata perduta nel nulla e, sopratutto, perché in pochi si siano mai messi alla sua ricerca. Come mi hai fatto notare, non sappiamo se i nani fossero in grado di ottenere l'oro così facilmente. Eppure sappiamo che erano dannatamente ricchi. Perché nessuno ha mai voluto ricercare questi tesori? Che tutti abbiano avuto paura di qualcosa? O di qualcuno? Il mio scopo è ritrovare quella città, ridarle ...vita... e renderla una città-stato. Semplice, no?»

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    Scusami, è stato un errore di battitura! Purtroppo non ho salvato il post, ma per me non è un problema :/
     
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    "Non morti"
    Piano, lo aveva detto con un tono quasi impercettibile, ma l'udito degli elfi era così acuto che lo sentì distintamente.
    Cosa voleva dire? Si riferiva ai giganti? Che fossero non morti a raccogliere il cinabro, che fossero loro ad aver portato la ricchezza a Durnel...

    Aspetta...
    Una serie di pensieri fulminei trapassarono la mente di Nerinath tutti nello stesso istante, di colpo, affollandosi e accavallandosi senza dargli il tempo di cambiare espressione facciale.
    Ebbe una vera e propria epifania.
    Non morto, eh. ripetè quelle parole semplicissime un paio di volte, se le riascoltò assorto mentre guardava passivamente la figura che aveva davanti, e solo dopo un po' ne realizzò la portata e l'inquietante significato.

    Il ragazzo si alzò e si mise a sedere accanto a lui. Nerinath lo fissò con gli occhi attenti per tutto il processo. Quelle mani così bianche e delicate, quella pelle color porcellana e infine gli occhi sanguigni. Che fosse un non-morto?

    Dei non-morti aveva solo sentito parlare. Sarebbe stato il primo esemplare col quale aveva avuto modo di interagire. Sapeva poco su di loro, solo che erano morti ancora in vita, un paradosso vivente, ambulante, una vera rarità. Chissà da quanto era morto! Quanti anni poteva avere? Eppure era così giovane! Che godessero dell'eterna giovinezza? Ma mangia? Beve? Sì, ha bevuto. Ma magari non mangia. Magari lo fa ma non ne ha bisogno.

    Oppure no, forse non lo è. Non ci avrebbe mai pensato se non gli fosse stato indirettamente suggerito. Nonostante tutto, però, non poteva esserne sicuro. Aveva visto un solo disegno di un non morto che raffigurava una figura inscheletrita; lui era sì magro, ma non era uno scheletro. O non ancora.

    Il ragazzo, ora vicino a lui, iniziò a parlare di sè, della città, del proprio desiderio di ridarle vita. Era uno studioso di testi antichi ed era un avventuriero proprio come lui. Sembravano avere in comune lo stesso desiderio di scoprire e scovare, colmare le lacune del passato e... no, un momento, non di certo rifondare una città.

    Nerinath ne rimase colpito. Lo fissò con una luce vivida negli occhi, pieno di entusiasmo, e non poté proprio trattenersi dal ridere col cuore. Quando le risate si arrestarono tornò serio, allungò una mano per posarla sul suo braccio e lo guardò negli occhi dicendo: «È davvero magnifico.» E lo era davvero. Gli sembrava che solo per momenti come quello valesse la pena vivere. Questo brivido che si prova quando si sta per fare una scoperta grandiosa. Era come se avessero già trovato Durnel, come se avessero già ricostruito tutto.

    A Nerinath non importava della gloria, o almeno non era il suo primo pensiero. Chissà però cosa si provava nell'essere i re di una città. I re di una razza. I re in generale. Al diavolo l'ingiustizia, avrebbe dovuto provare! Chissà che non si fosse stancato già dopo un solo giorno. Scartoffie, leggi, sudditi non facevano proprio al caso suo. E quel ragazzo, invece? Che non gli stesse mentendo? Che non cercasse solo l'oro? Chissà se i non morti erano immuni agli effetti del cinabro.

    «Semplice no di sicuro, ma sembra impegnativo. Sicuramente molto divertente.»
    Forse lui cercava la gloria. Forse cercava un popolo che lo amasse e venerasse. Però aveva parlato di città-stato, non per forza di una monarchia. Si era già fatto dei progetti! «Come ti chiami, ragazzo? Con che nome ti acclamerà il tuo popolo?»
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    Fa niente, grazie!
     
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    Era fatta! L'elfo aveva detto che sarebbe stato divertente. Forse per l'estasi del momento, o forse per la sua ingenuità da giovane non morto, Ragnos decise che sarebbe stato quello il momento per chiedergli di unirsi alla sua avventura. Con fare meccanico, questa volta il bastone cerimoniale cominciò a dare ben due colpi alla volta sul pavimento.

    Nessuno degli ubriaconi presenti in quella taverna sembrò curarsene. Eppure, orecchie a punta avrebbe dovuto far attenzione a quel ritmo così 'naturale'. Qualche secondo dopo, infatti, il lich iniziò a fare uno strano movimento con la gamba destra. Portava la punta del piede verso il resto del corpo strusciandola a terra, poi, usandone l'intera mappa, riportava l'arto nella sua posizione precedente. Ripeté questo gesto più volte. Probabilmente anche questo rumore sarebbe potuto sembrare famigliare all'elfo.

    «Il mio nome è Ragnos» L'elfo avrebbe potuto provare ad indacare il suo archivio mentale alla ricerca dell'etimologia di quella parola. O di racconti e cronache che citavano qualcuno con un nome del genere. Eppure, non avrebbe potuto trovare niente di interessante. Il lich era stato il primo a decidere di farsi chiamare così. «Invece qual è il tuo nome? Mi farà bene saperlo visto che ho appena deciso che parteciperai alla ricerca di Durnel con me.»

    Il lich allungò la mano destra in attesa che l'elfo facesse lo stesso. Il suo tono di voce era così sicuro che orecchie a punta difficilmente avrebbe potuto scambiare la sua ultima frase per uno scherzo. Ma quale sarebbe stata la sua risposta? Il lich era così curioso che smise di muoversi. Il bastone e la sua gamba, dunque, finirono di 'suonare'. E quella melodia, simile ad un cuore che batte e a dei polmoni che ispirano ed espirano, terminò. Ma, d'altronde, prestando attenzione, dei rumori simili non provenivano neanche dal suo nuovo compagno di bevute...

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