Nel ventre di Dolor Amorth

12 Lominenda’el 1123 d.G.

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    Doverosa precisazione: la quest ha l'unico e solo scopo di chiudere la linea di eventi aperta nel passato di Nerinath Son’wael, al quale è riservata, e di di definire al tempo stesso l’identità della città, ora che il suo creatore ha abbandonato il forum.
    Al suo termine, entrerà pertanto ufficialmente a far parte della lore.


    12 Lominenda’el 1123 d.G.




    Incuneata nel ventre del monte Amorth, l’antica Dolor Amorth riposa tranquilla, sotto strati e strati di oblio. E continuerebbe a farlo, se gli avventurieri la lasciassero stare.
    Da che i nani se ne sono andati, in molti si sono avvicendati nella sua ricerca. Ragnos e Nerinath sono solo gli ultimi di una lunga genia di folli che si sono avvicendati nell’esplorazione delle sue rovine. Il fatto che non siano mai tornati avrebbe dovuto indurre gli altri a più miti consigli, ma niente richiama curiosi come una città abbandonata.
    Ragnos ha fatto il grosso del lavoro, procurando viveri, tende e strumenti per l’esplorazione. «Meglio non portare troppe cose, però» sta dicendo a Nerinath, mentre smontano il bivacco nei pressi del fiume su cui anticamente affacciava il porto della città. «Nel caso dovessimo correre o arrampicarci.»
    L’aria fresca della prima mattina punge loro la pelle e i polmoni. In montagna, poi, anche l’estate è mite, specie in questa regione.
    L’uomo che li ha accompagnati fino a qui li aspetta già a bordo della sua barca. L’ha ormeggiata appena il sole ha iniziato a tramontare e non solo ha consumato la sua cena a bordo, ma si è rifiutato di scenderne anche per dormire. Ora che il sole è sorto ha fretta di partire. «Arriveremo per mezzodì» li informa, quando finalmente sono a bordo. Delicatamente allontana l’imbarcazione dalla riva e guadagna il centro del fiume.
    La corrente non è forte, ma è meglio assecondarla che tentare di domarla. «Vi porto fino ai moli, vi faccio scendere e vi lascio lì. Scenderò fino a Saragath, il villaggio a valle. Se ci arrivate con le vostre gambe entro fathmo, vi riporto verso Hyrle, altrimenti sono fatti vostri.»
    Ragnos annuisce. «Non tarderemo.» Poi guarda verso Nerinath, per avere anche la sua conferma.
    L’uomo scrolla le spalle. A lui non importa un fico secco, gli si legge in faccia. Si limita a remare per tenere la barca dritta e non fa nessuno sforzo per tenere viva la conversazione. Anzi, sembra che preferisca nettamente il silenzio.
    Le ore passano nella calma piatta, quasi estenuante, cullate dalla nenia delle onde.
    Il barcaiolo non impedisce loro né di mangiare, né di dormire. Lui ogni tanto mangiucchia pigramente qualcosa, ma perlopiù tiene gli occhi sull’orizzonte. «Siamo arrivati» annuncia, quando ormai l’ombra lunga della città incombe su di loro.
    I moli sono in buona parte crollati, senza più nessuno che li curi, ma è un accesso buono come un altro. L’alternativa era trovare (e sfondare) le porte della città, che ancora sono in piedi. Del resto, le creazioni dei nani sono state concepite per durare. Da qui è più facile, anche se l’uomo deve comunque manovrare con eccezionale cautela per avvicinarsi abbastanza alla riva. «Ora, prima che andiate…» Porge loro la mano senza troppe cerimonie.
    «Certo.» Ragnos infila la mano in una tasca e porge al barcaiolo un sacchetto tintinnante di monete.
    «Ottimo!» Ora che è stato pagato, l’omo sembra decisamente più gentile. «Be’, buona avventura.» Attende solo che abbiano preso tutte le loro cose e siano scesi per lasciarli lì a cavarsela da soli, mentre lui si allontana seguendo la corrente.


    Edited by Maððie - 2/7/2023, 08:58
     
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    Nerinath Son'waela7f0ba9952ffdec6f496af1699d42fd656687d2e
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    Con una mano appoggiata al legno della barca Nerinath si sporge per studiare il colore e i movimenti dell’acqua. È ancora presto e il sole sta riscaldando appena le acque. I raggi che gli baciano il volto lasciano un leggero e piacevole torpore ma l’aria è ancora fresca dalla notte e ci vorrà un po’ prima che faccia caldo. Per quell’ora, comunque, Nerinath spera di non essere più lì in superficie.

    Nonostante la pace del momento il cuore di Nerinath è in subbuglio. Sta per intraprendere un’avventura eccezionale e già pregusta il piacere della scoperta. Ha sentito tante storie su Durnel ma finalmente - finalmente, sì! - vivrà una leggenda in prima persona.
    Non può prevedere quello che troverà, ma non può trattenersi dal correre alle ipotesi più fantasiose.
    E se ci fosse ancora una civiltà, là sotto? Magari fate o qualcosa di simile. Nerinath ha sempre avuto una particolare simpatia per le fate, non sarebbe male fare da ambasciatore per un nuovo popolo.
    Non gli piace pensare che quelle che pensa fate possano essere bestie meno amichevoli, e facendo spallucce semplicemente scaccia l’idea e torna a immaginarsi Magnifico Ambasciatore Elfico.


    Quando arrivano non può trattenersi dal saltellare sul posto.
    «Sai,» dice, «gli hai dato davvero davvero troppi soldi. Per la compagnia che ha tenuto, almeno, ahah!» Sulle labbra ha il sorriso di chi non ha dovuto sganciare nemmeno una moneta dalla propria tasca. E non se ne vergogna affatto!

    «Che si fa adesso, giovane avventuriero?» chiede, avvicinandosi ad alcuni blocchi in pietra caduti a terra. Le mura naniche devono essere davvero solide per aver resistito così a lungo in gran parte intatte.
    «Sono sicuro che non impiegheremo tanto tempo. Però possiamo prendercela comoda, abbiamo un po’ di scorte,» dice facendo un gesto in direzione dello zaino che Ragnos porta in spalla. «Possiamo prendercela comoda e perlustrare le mura.»

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    Dei pochi moli rimasti in piedi, quello su cui sono sbarcati guarda verso due ali di ruderi, oltre i quali si intravede una piazza con al centro un’imponente fontana da cui non zampilla più acqua da chissà quanti secoli. Tutto, intorno a loro, è polveroso e in più punti si nota come il muschio stia gradualmente ricoprendo gli edifici, dove la vicinanza al fiume lo consente.
    «Sai, gli hai dato davvero davvero troppi soldi. Per la compagnia che ha tenuto, almeno, ahah!» commenta Nerinath.
    In cuor suo, Ragnos è d’accordo, ma di necessità virtù. Se questa escursione avrà successo, diventeranno entrambi schifosamente ricchi. Perciò fa spallucce. Un sacchetto di monete è ben poca cosa, davanti alla prospettiva di conquistare un’intera città.
    «Che si fa adesso, giovane avventuriero? Sono sicuro che non impiegheremo tanto tempo. Però possiamo prendercela comoda, abbiamo un po’ di scorte. Possiamo prendercela comoda e perlustrare le mura.»
    Ragnos si massaggia il mento. Sì, esplorare le mura è un buon punto di partenza. «Da qui non possiamo arrivarci, però.»
    Dovrebbero costeggiare il fiume verso est o verso ovest e nel corso dei secoli le onde si sono fatte sempre più ardite nel conquistare prima il legno, poi la roccia. Rischiano di dover fare chissà quali deviazioni. E non è nemmeno detto che gli accessi siano intatti e non allagati.
    «Direi di passare dall’interno, così magari diamo anche un’occhiata in giro.» Ragnos sorride, imboccando la strada davanti a loro. Se sapesse farlo, potrebbe anche mettersi a fischiettare. Il decadimento della città non sembra turbarlo.
    Saccheggiare qualche vetrina nanica sarebbe un ottimo modo per cominciare questa avventura. Non tanto da appesantirsi, ma anche una manciata di ninnoli può valere una fortuna. Giusto quello che gli serve per attirare gente che ricostruisca e abiti le dimore diroccate, rimetta in funzione botteghe, locande, negozi e ogni altro genere di luoghi.
    La piazza è circondata di edifici grandi e piccoli. Quale fosse la loro funzione originale è impossibile da capire, ma si riconoscono quattro grandi strade che uniscono la piazza alle porte della città.
    La prima va a sud, seguendo il fiume.
    La seconda e la terza vanno a ovest, tagliando la città quasi in linea retta.
    La quarta va a nord-est, ma quale percorso segua di preciso sembra difficile da dire: questa parte della città sembra più devastata delle altre. Può darsi che ci sia stata una battaglia? Forse è stata la guerra a spingere gli abitanti all’esodo.
    «Quale ti sembra migliore?» chiede Ragnos al suo compagno di viaggio. Con tutte le provviste che hanno, ha intenzione di esplorare più che può, quindi cominciare da una parte o dall’altra fa lo stesso. Può benissimo concedere all’elfo la scelta del punto di partenza.
     
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    Nerinath Son'waela7f0ba9952ffdec6f496af1699d42fd656687d2e
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    “Direi di passare dall’interno, così magari diamo anche un’occhiata in giro.”
    Ottima idea! Guardando le strade in superficie magari possono avere un’idea migliore dei piani sotterranei, o quantomeno possono avere qualche informazione in più sul perché i nani abbiano abbandonato una città in una posizione tanto favorevole.

    La prima cosa che pensa Nerinath quando posa gli occhi sulla fontana della piazza è che i nani, almeno in architettura, sanno il fatto loro. Certo, è innegabile la supremazia elfica ma una pizza del genere doveva sicuramente essere un luogo affascinante. Gli piacerebbe far tornare la città al suo splendore originario – o perché no, magari potrebbero anche farla diventare più grande e influente di prima.
    Non gli sembra vero che delle strade abbandonate da così tanti secoli fossero in passato un luogo pullulante di vita. Adesso ad attraversarle è soltanto un vento leggero e l’umidità del fiume. È triste pensare alla fine che ha fatto una città tanto famosa, ma Nerinath non può fare a meno di pensare che, in fondo, è insito nell’ordine delle cose che prima o poi tutto cambi forma.

    “Quale ti sembra migliore?” chiede Ragnos lasciandogli la possibilità di scegliere.
    «Dunque, vediamo...» ci pensa un po’, squadrando bene le strade che possono percorrere. «Partire da sinistra non è mai un buon inizio, lo sanno tutti. Per cui– partiamo da lì,» dice, indicando col dito la strada rovinata che va a Nord-Est.

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    Nerinath si guarda intorno. «Dunque, vediamo...» Ci pensa un po’, soppesando le quattro opzioni. «Partire da sinistra non è mai un buon inizio, lo sanno tutti. Per cui– partiamo da lì» dice, optando per la strada che più di tutte ha visto giorni migliori.
    Ragnos annuisce. Lui avrebbe fatto lo stesso. «In marcia, allora!» Zaino in spalla, si infila tra due edifici diroccati e incrostati di muschio.
    Sotto le chiazze verdi, i mattoni si intravedono appena, ma si intuisce che la laboriosa creatività dei nani aveva dato vita a un disegno complesso e ora impossibile da decifrare. Forse era qualcosa di geometrico, o magari un pezzo della loro storia. Difficile dire dove sia la differenza, ora.
    Ragnos si guarda intorno con il naso all’insù, immaginando la città come potrebbe essere, quando poterà i nuovi coloni laggiù. Lavoreranno tutti insieme e Dolor Amorth diventerà un’isola felice di pace e prosperità.
    Immerso in queste fantasie, passa quasi senza badarvi accanto a una voragine nel terreno, così ampia che ci stanno comodi almeno un paio di isolati. È più o meno rettangolare, frastagliata sui bordi come qualcosa l’avesse fatta esplodere dall’interno… o peggio. Ma a Ragnos non importa si sarà formata nei secoli. Una città abbandonata è preda di ogni sorta di minacce, dopotutto.
    Ma cosa l’avrà resa così profonda? Forse la stessa cosa che produce il sibilo rauco che la risale con uno spiffero. Certo, potrebbe essere solo l’eco di una folata di vento. Non deve essere per forza qualcosa di pericoloso… no?
    Almeno, Ragnos lo spera, mentre fermandosi tende l’orecchio. «Hai sentito?» chiede a Nerinath. In qualche modo, spera che l’udito sensibile dell’elfo abbia decifrato la fonte del rumore e possa rassicurarlo.
    È destinato, tuttavia, a restare deluso: che Nerinath indovini o no cosa ha prodotto di preciso quel rumore, potrà solo confermargli che è stato prodotto da qualcosa di vivo. Un rettile, quasi certamente. La vera domanda è: quanto grande? E, soprattutto, vogliono davvero restare lì per scoprirlo?
    Ragnos scuote la testa. «Meglio muoverci.»
    Le mura sono vicine. Possono vederle incombere da oltre l’ultima fila di tetti. Proseguendo senza svoltare, ci arriveranno in un paio di minuti.
    Meglio tenere gli occhi aperti, però.


    Volevo fare meglio, ma ho il cervello ancora troppo cotto dal viaggio. ;^; Giuro che il prossimo post sarà meno indecente, ma non volevo lasciarti appesa più del necessario.
     
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    Nerinath Son'waela7f0ba9952ffdec6f496af1699d42fd656687d2e
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    Mentre camminano sereni per la strada diroccata si trovano a passare ai lati di un enorme buco nel terreno. Per quanto grande, Nerinath non ci fa più di tanto caso: dopotutto l’intera città è semidistrutta, e se non è stata una battaglia a ridurla in questo stato allora sarà colpa di un terremoto, o di movimenti della terra – magari c’è sempre stato e lo usavano per gettarci l’immondizia. Nerinath se lo spiega così, facendo spallucce e proseguendo per la via.

    Quando però si trova più vicino alla voragine un brivido freddo inizia a corrergli lungo la schiena. Sente sulla pelle un venticello gelido, strano, proprio come se venisse da sotto… pensa, incrociando le braccia come per riscaldarsi e proteggersi.

    Ma in fondo è normale che una città abbandonata sia un po’ lugubre, no? Sarà solo una mia impressione... si dice per rassicurarsi, guardando Ragnos davanti a sé. Lui non sembra spaventato dalla voragine, non può dimostrarsi impaurito davanti al compagno – soprattutto non adesso che sono appena arrivati.

    E mentre cerca di mettere a tacere tutti i dubbi che lo stanno assalendo sente distintamente un sibilo provenire dal basso. Immobile, rimane in ascolto per qualche secondo.

    “Hai sentito?” gli chiede Ragnos, ma Nerinath non trova le parole giuste per descrivere quello che prova e si limita ad annuire piano tenendo lo sguardo basso.
    Cos’era quello? Mai sentito niente di simile. Non sembrava affatto il rumore di una roccia che cade e non sembra nemmeno il rumore del vento tra gli alberi.

    Il suono continua e Nerinath si concentra per cercare di coglierne la natura. Non è semplice e sul momento non riesce a capire di cosa possa trattarsi, ma ha come l’impressione che non si tratti di nulla di buono.

    Mentre avanzano Nerinath si avvicina di più a Ragnos e dice serio: «Credo che fosse qualcosa di vivo, sai?» Senza fermarsi cerca lo sguardo dell’amico e continua dicendo: «Di grosso, anche. Tipo… hai presente, no? Un drago. O qualcosa di così, non pensi? Tipo un drago. Non ho mai sentito il verso di un drago ma quello ci somiglia.»


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    Anche Nerinath si ferma ad ascoltare, prima ancora che glielo chieda. Si rimettono in marcia e l’elfo gli si accosta. «Credo che fosse qualcosa di vivo, sai?»
    Sperava non lo dicesse, ma lo crede anche Ragnos.
    «Di grosso, anche. Tipo… hai presente, no? Un drago. O qualcosa di così, non pensi? Tipo un drago. Non ho mai sentito il verso di un drago ma quello ci somiglia.»
    Per un momento, quasi rimpiange di essersi portato dietro un elfo. Maledetto il loro udito fin-troppo-raffinato e dannata l’apprensione di Nerinath. Dopotutto, si dice “beata ignoranza” per una ragione. Non si sente affatto meglio a sapere che un drago (o, peggio, molti) dorme sotto i suoi piedi. Se è vero, saperlo in anticipo non migliorerà le sue possibilità di sopravvivenza. «Allontaniamoci, allora.» Allunga il passo, per quello che può servire.
    Gli edifici intorno alla voragine hanno un’aria più desolata degli altri. Sembrano addirittura scavati, ma magari è stata l’acqua, non necessariamente degli artigli decisamente troppo grossi. Insomma, non si può sempre pensare al peggio. Però è comunque sollevato di vedere che, andando più verso le mura, la situazione sembra migliorare. Le botteghe hanno, sì, visto giorni migliori, ma sono perlopiù integre. Alcune hanno la vetrina sfondata, ma non tutte hanno subito l’infausta sorte di essere saccheggiate.
    Ragnos si avvicina a una delle sopravvissute.
    Non ha vetrina e la porta sembra saldamente chiusa. L’insegna sopra la porta recita:

    EMPORIO DEL CASTORO
    AMULETI, TALISMANI, NINNOLI E IDEE REGALO



    Bizzarro. Cosa ci fa una bottega magica in una città nanica? È risaputo che i nani siano refrattari alla magia. Ma forse proprio per questo qualche mago ha pensato di trasferirsi in città a vendere i suoi prodotti. E forse proprio per questo nessuno è ancora riuscito a saccheggiarla. «Che dici, proviamo a entrare?» propone a Nerinath. Bestiacce o no, non dicevano di volersela prendere comoda? Hanno comunque un’intera città da esplorare e una sosta per fare bottino non è affatto una cattiva idea. «Se riesci ad aprire la porta, magari troviamo qualcosa di interessante.» Gli indica la serratura e si fa da parte. È anche un’ottima occasione per vedere cosa l’elfo sa fare davvero.
     
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    Nerinath Son'waela7f0ba9952ffdec6f496af1699d42fd656687d2e
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    Ragnos non sembra molto contento di sapere che là sotto può celarsi una bestia immensa e pericolosissima ma non ne sembra nemmeno spaventato. In fin dei conti ha fatto tanta strada per arrivare fin qui, è normale non voglia arrendersi alla prima difficoltà – ma Nerinath? Oh per Nerinath è tutto diverso: non ha intenzione di morire così giovane. Non in bocca a un lucertolone gigante.

    Certo però che di strada ormai ne ha fatta anche lui e non è detto ci sia davvero un mostro ad aspettarli nella voragine. È solo una supposizione, una terribile supposizione, ma non è ancora detto, può sempre essersi sbagliato.
    Pensando a queste cose Nerinath scuote la testa e cammina un po’ più vicino a Ragnos, che - assurdo - non sembra turbato e non sembra voler discutere ulteriormente della questione.

    Quando arrivano in prossimità delle mura l’elfo si sente un po’ sollevato nel constatare che alcuni edifici sono rovinati ma tutto sommato integri. Da questa parte della città non si sarebbe aspettato di trovare case ancora in piedi. Tantomeno botteghe e negozi, facile preda di saccheggiatori.
    Ragnos si avvicina a una piccola bottega di amuleti e gli propone di entrare, indicando la porta e chiedendogli di aprirla.

    «Come vuoi,» Nerinath con una piccola smorfia fa spallucce, si avvicina e cerca di tirare la maniglia. La porta non si muove. Allora spinge, prima solo con la mano, poi si attacca con la spalla e fa forza con tutto il corpo, ma la porta rimane ancora ferma immobile.

    Nerinath si fa indietro con un sonoro sospiro. «Va tutto bene,» dice, più a sé che al compagno. Data la sua corporatura esile esclude che anche impiegando tutte le proprie forze possa avere risultati migliori.

    Un po’ innervosito fissa la porta come per cercarne il punto debole. Rimane in attesa per un po’, poi gli viene un’idea. «E se provassimo a scassinarla?»
    Si toglie dalla spalla la faretra, ne estrae una freccia affilata e la mostra all’amico. La inserisce nel buco della serratura e armeggia tutto concentrato. Cerca di ruotarla con angoli diversi nella speranza di sbloccare l’ingranaggio, e mentre lavora si lascia sfuggire un: «Ti prego, porta, apriti.»



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    Nerinath fa spallucce alla sua proposta. «Come vuoi» risponde, senza scomporsi più di tanto. Tira la maniglia, prova a spingere la porta, ma niente. L’approccio di forza bruta non sembra funzionare granché. «Va tutto bene» borbotta l’elfo tra sé e sé.
    Ragnos lo guarda lavorare senza disturbarlo.
    L’elfo estrae una freccia dalla faretra e gliela mostra. «E se provassimo a scassinarla?»
    Ragnos fa spallucce. Se anche questo dovesse fallire, proverà a buttarla giù con la magia.
    Nerinath si mette al lavoro, ma la porta non vuole saperne di cedere.
    Ragnos comincia a chiedersi se sappia davvero cosa sta facendo.
    «Ti prego, porta, apriti» sussurra lo scassinatore improvvisato.
    E la porta si apre con un leggero click.
    «Oh, quindi bastava chiederlo per favore…» Ragnos ridacchia. Potenziali draghi a parte, questa escursione si sta rivelando esilarante. «Dai, diamo un’occhiata in giro!» Entra per primo nel negozio, guardandosi intorno come un bambino. Ogni suo passo solleva nubi di polvere (peccato non avere il passo ovattato degli elfi!), ma tutto sembra come il proprietario l’ha lasciato.
    Sugli scaffali c’è di tutto. Ogni oggetto ha un cartellino con il prezzo, per buona parte quasi illeggibile, ma è facile intuire come la maggior parte di quei cosi sia pura chincaglieria priva di qualunque magia. Chissà, forse era lì per essere incantata sul momento, in base alle richieste dei clienti, oppure erano per tasche troppo modeste per potersi permettere un incantesimo su commissione.
    Ma qualcosa d’interessante qui c’è di sicuro: Ragnos sente l’odore di magia che ancora permea il luogo e sa che anche Nerinath deve averlo notato. Viene dallo scaffale grande, a sinistra del sigillo impresso sul pavimento, ormai talmente eroso che non si leggono più nemmeno le rune sul bordo. Impossibile dire a cosa servisse; magari era solo decorativo.
    Ragnos annusa l’aria come un segugio, avvicinandosi allo scaffale. La roba lì sopra ha prezzi non per tutte le tasche, da una decina di monete d’argento fino ad almeno un paio di monete d’oro. Almeno una di quelle carabattole è incantata di sicuro. Forse quel pendente con il sole? Oppure quel grazioso anello a forma di farfalla? Personalmente, lo attira di più la bussola sulla destra; anche quella emana un bel profumino di magia e sarà interessante divertirsi a scoprire cosa fa. «Io credo di essere a posto» dichiara, prendendola. Meglio non essere ingordi, o finiranno per spaccarsi la schiena a portarsi dietro la roba fino al villaggio a valle. «Scegli quello che vuoi e andiamo avanti.»
     
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    Nerinath Son'waela7f0ba9952ffdec6f496af1699d42fd656687d2e
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    Con un po’ di fatica, la porta fa un rumore.
    Nerinath si fa indietro sospettoso e rimane sorpreso nel constatare che, effettivamente, si è aperta.
    «…Grazie,» azzarda ancora incredulo. Chissà da quanto tempo era rimasta sigillata. I nani non sono un popolo educato e Nerinath dubita che, in effetti, tra i briganti possa esserci qualcuno tanto gentile dal chiedere per favore – a una porta, soprattutto.

    Il compagno dietro di lui fa una risatina e Nerinath incrocia le braccia al petto. Non si sarebbe aspettato di aprire la porta in questo modo, ma in fin dei conti c’è riuscito, no? Potrebbe almeno mostrare un po’ di gratitudine.

    Ragnos entra subito e Nerinath lo segue, ancora offeso e deciso a lamentarsi del torto subito, ma le parole gli muoiono in gola quando vede che il negozio è praticamente rimasto intatto ed è pieno zeppo di articoli interessanti. Gli brillano gli occhi e quasi sta per piangere – è la polvere accumulatasi negli anni che gli è entrata negli occhi – e non può trattenersi dall’elencare tutto quello che vede. In primis lo colpiscono un paio di stivali a mezza coscia di un viola acceso, perfetti per cambiare stile, fa per provarli quando, nell’abbassarsi, nota un cerchio magico per terra. Lascia gli stivali da parte e si avvicina al disegno. «Eeh, chissà per cosa devono averlo usato.»

    Ci sono centinaia di altre cianfrusaglie che lo attirano – c’è un cappello enorme da mago e ci sono tanti libri consumati dagli anni ma che devono essere molto interessanti – prenderebbe tutto da quella bottega. Tuttavia con un sospiro pensa alla missione che deve ancora affrontare e si rassegna all’idea di non potersi caricare troppo. Sarà per il ritorno.

    Optando per qualcosa di più leggero da trasportare indossa un anello a forma di farfalla e mostra la mano a Ragnos. «Guarda come è bello questo! E modestamente mi sta anche bene,» dice fiero in cerca di approvazione. Rigirandoselo al dito aggiunge: «e poi sono sicuro avrà qualche potere nascosto.»
    L’anello in sé non sembra di grande valore ma la farfalla che lo decora è lavorata con grande attenzione ai dettagli. Non può essere un caso.

    «Invece tu opti sempre per le cose banali. Una bussola,» dice facendogli il verso, «Ti starebbero meglio quegli stivali lì, almeno cambieresti un po’,» e indica le scarpe che aveva adocchiato qualche minuto prima.
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    Nerinath sembra decisamente sorpreso dall’aprirsi della porta – e giustamente. «…Grazie» azzarda, perché dopotutto essere educati con chi ci ha fatto un favore è sempre una buona idea. Fraintendendo la risata di Ragnos, incrocia le braccia, ma lo segue comunque nel negozio.
    Il “ragazzo” non dà cenno di essersene accorto. O di esserne disturbato – è quasi la stessa cosa.
    Gironzolano a caso per il negozio per un po’, curiosando tra la mercanzia.
    «Eeh, chissà per cosa devono averlo usato» commenta Nerinath, incuriosito dal sigillo vicino a uno degli scaffali.
    Ragnos lo guarda. Lo ha notato anche lui. «Peccato sia troppo rovinato per scoprirlo.» E, soprattutto, che non ne abbiano il tempo. Già è tanto che siano riusciti a trovare qualcosa di interessante senza dover rivoltare tutti gli scaffali, sprecando tempo prezioso.
    «Guarda come è bello questo!» esclama Nerinath, esibendo un anello di elaborata fattura che ha infilato al dito, lavorato per somigliare a una farfalla. «E modestamente mi sta anche bene, e poi sono sicuro avrà qualche potere nascosto.»
    Ragnos annuisce. «È perfetto per te» concorda, incuriosito dall’odore che emana. Sì, è quello di un buon incantesimo permanente, ma chissà che effetto ha? Deve essere uno di quei manufatti che sanno fare una sola cosa, ma quale?
    «Invece tu opti sempre per le cose banali. Una bussola» lo distrae l’elfo, prima che abbia il tempo di rifletterci a fondo.
    Vorrà dire che lo scopriranno quando sarà il momento. Sperabilmente, prima che serva.
    «Ti starebbero meglio quegli stivali lì, almeno cambieresti un po’» lo stuzzica Nerinath, indicandogli un paio di stivali viola, un colore che lui non metterebbe mai e poi mai.
    Ma decide comunque di stare al gioco. Li prende dallo scaffale, siede su una delle sedie lì vicine e li prova. Gli stanno talmente larghi che il primo passo rischia di slogargli la caviglia – o rischierebbe, se non fosse morto. E per fortuna sono al buio, altrimenti l’incantesimo illusorio che simula la gamba di un normale umano sarebbe saltato da un pezzo. L’imbottitura intorno alle ossa è abbondante, ma non potrà mai simulare i muscoli di un vivo. «Peccato, mi stanno larghi» commenta, rimettendoli a posto. «Meglio andare.» Esce per primo dal negozio e aspetta che l’elfo lo segua. Una volta fuori, raccomanda alla porta di restare chiusa, a meno che qualcun altro non chieda di nuovo “per favore”. Non sa se funzionerà, ma è il momento di riprendere l’esplorazione.
    Le mura li attendono, in fondo alla via. Gli edifici ai loro piedi sono più o meno nelle stesse condizioni della bottega, a parte un paio su cui deve essere franato qualcosa di molto, molto grosso e pesante. Un intero quartiere sembra essere stato spianato dal peso di questo qualcosa, da di cosa si tratti non è chiaro. «Dobbiamo trovare le scale, se vogliamo salire sulle mura. Ci dividiamo?»
     
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    Anche Ragnos approva la sua scelta e Nerinath è molto contento di sentirglielo dire.
    In più, si prova persino gli stivali senza fare troppe storie. «Mi dispiace siano grandi, erano belli,» dice un po’ a malincuore. Se gli fossero stati piccoli allora ci sarebbe stata qualche speranza che almeno stessero a lui, ma se sono grandi per Ragnos allora è impossibile calzino ai piccoli piedi dell’elfo. È proprio un gran peccato.

    Una volta usciti dalla bottega si incamminano lungo la via verso le mura. Nerinath si sente allegro e molto più leggero rispetto a prima, quasi saltella mentre si rigira l’anello tra le dita.

    “Dobbiamo trovare le scale, se vogliamo salire sulle mura. Ci dividiamo?” domanda Ragnos.
    L’elfo non è proprio entusiasta della proposta, l’idea di rimanere solo in una città deserta lo rende un po’ inquieto, ma è nell’umore giusto per dire di sì a qualsiasi cosa e si fa un po’ di coraggio.
    Con un leggero cenno del capo annuisce. «Per me va bene-» ingoia un po’ di saliva, «ci ritroviamo qui, in questo punto? Non vorrei che ci perdessimo nel frattempo...»

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    Gli stivali non gli stavano – e, considerando che ormai la sua gamba era solo osso, imbottitura e pantaloni, non gli sarebbero mai stati.
    «Mi dispiace siano grandi, erano belli» commentò Nerinath, beatamente ignaro di questo suo segretuccio.
    Ragnos annuisce e sospira. Per quanto se ne faccia poco delle scarpe, è più facile nascondere le ossa coprendosi. E poi gli stivali evitano di fare rumore di ossa quando cammina. Li mette comunque a posto, infila i suoi e in un attimo sono pronti per tornare all’avventura.
    Il quartiere che stanno attraversando è tranquillo – persino troppo, considerata la voragine che si sono lasciati alle spalle e le mura hanno un’aria straordinariamente solida, anche ora che possono guardarle più da vicino.
    «Per me va bene… ci ritroviamo qui, in questo punto? Non vorrei che ci perdessimo nel frattempo...» accetta Nerinath, nonostante qualche dubbio.
    Ragnos si sente piuttosto ottimista. «Va bene. Il primo che trova qualcosa torna indietro e aspetta. Se in massimo mezzo miglio non troviamo niente, torniamo indietro e andiamo a esplorare altrove.» Annuisce, fiero del suo stesso piano, e si incammina tenendo le mura sulla destra, in modo da seguirle in senso antiorario.

    A Nerinath non resterà, dunque, che seguirle nella direzione opposta.
    Così facendo, l’elfo finirà per imbattersi, entro una mezz’oretta, in una sorta di torre, poco più alta delle mura, a base squadrata e con la sommità circondata da una tozza merlatura. La porta, noterà, è solo appoggiata: la serratura è rotta e i cardini la tengono ancorata alla pietra per puro miracolo. Aprendola, troverà una saletta con un tavolo circondato da sedie marce, una porta chiusa e una scala – in buona parte di legno – che si arrampica verso l’alto.


    L'ho fatto più breve (e penso che anche gli altri post saranno così) perché qui inizia la parte esplorativa vera e propria, che sarà un po' più serrata, essendo focalizzata su Nerinath e senza png con cui farlo interagire. I mean, è letteralmente in una città fantasma...
    Sempre, obv, che non torni subito indietro da Ragnos, ma sta a te decidere, tanto la sostanza non è che cambi molto. LOL
     
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    Nerinath Son'waela7f0ba9952ffdec6f496af1699d42fd656687d2e
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    "Va bene. Il primo che trova qualcosa torna indietro e aspetta. Se in massimo mezzo miglio non troviamo niente, torniamo indietro e andiamo a esplorare altrove."
    Ragnos sembra convinto di quello che dice e anche una parte di Nerinath desidera che il suo piano vada a buon fine. In fin dei conti si trovano in una città deserta, un'eventuale presenza indesiderata si sentirebbe chiaramente sopra il silenzio tombale che agita le macerie. Non c'è nulla da temere - se non ti annoiarsi a morte nel tragitto.

    Dividendosi hanno la possibilità di risparmiare tempo e energie, pensando questo Nerinath si fa coraggio e si incammina nella direzione opposta a quella del compagno.
    Dopo circa mezz'ora da quando si è allontanato scorge vicino alle mura una torre. Gli ricorda quelle costruzioni strategiche fatte per osservare dall'alto i nemici in modo da avere una visuale più ampia e potersi proteggere meglio.
    A giudicare dall'aspetto non sembra molto sicuro entrare, ma avvicinandosi meglio Nerinath si accorge che la porta non è chiusa ma solo appoggiata.
    L'elfo guarda meglio la torre, poi di nuovo la porta. Sarà anche poco sicuro, ma l'edificio è ancora in piedi e fare un tentativo non gli costa grande fatica. E, se dovesse andare a buon fine, si risparmierebbe un pomeriggio intero di camminata.

    Nerinath tocca leggermente la porta che si apre con un sonoro scricchiolio. Questa volta non ha avuto bisogno di chiedere per favore.

    Una volta entrato si ritrova in una stanza che, a giudicare dal forte odore di muffa che sente, deve essere stata abbandonata da tanti anni.
    Nerinath si avvicina alla scala in legno che vede in fondo alla stanza, e appoggia il piede destro sul primo scalino. Con una mano si tiene ben stretto alla ringhiera e fa forza col piede e col braccio, così da provarne la stabilità. Vorrebbe evitare di morire cadendo schiacciato dalla scala.

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    Nonostante porti i segni del tempo, la torre è ancora in piedi. Puzza di polvere e abbandono, ma non ha l’aria di aver dovuto resistere a nessun assalto. O, quantomeno, se la città è stata assaltata, gli invasori non sono passati da qui: non ci sono tracce di sangue, ma nemmeno cadaveri che diano motivo di pensare a uno scontro.
    Nerinath soppesa l’arredamento, poi si avvicina alla scala.
    Il legno è vecchio e scricchiola appena. Probabilmente, non reggerebbe il peso di un uomo normale – tantomeno di uno robusto. Ma sembra in grado di sopportare il suo, con un po’ di cautela. La ringhiera a cui si aggrappa è ben infissa nel muro e si tratta comunque di scale naniche: non solo fatte per durare, ma con più gradini e tutti molto bassi, adatti alle gambe tozze di chi avrebbe dovuto salirle.
    Sarà sufficiente salire un paio di gradini per verificare che la scala, in effetti, regge davvero. Salendo, solo il silenzio accompagnerà il passo di Nerinath, interrotto a tratti da qualche cigolio leggero.
    Una volta in cima, l’elfo si troverà davanti a un’altra stanza vuota, stavolta piccola e angusta, ai cui muri sono stati affissi diversi ganci, dai quali pendono armi di varia natura: archi, un paio di pugnali (che potrebbero anche essere spade in miniatura), un paio di faretre vuote e diversi corni da caccia.
    A terra sono poggiati scudi rotondi troppo piccoli per lui, e accanto alla porta, sulla destra, c’è un barile pieno di frecce – anche queste troppo corte per il suo lungo braccio.
    La porta è bloccata da una lunga spranga di legno poggiata su due ganci, dall’aria piuttosto pesante, ma forse non impossibile da rimuovere, con un po’ d’impegno.
     
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