Per un pugno di dobloni

02 fashar 1127 d. G.

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    — Vostra maestà, il capitano L’Estant — annunciò Malina.
    Adalia levò lo sguardo su di lui, che le rivolgeva un inchino, e gli fece cenno di prendere posto alla sua destra, dove gli era stato apparecchiato l’unico altro posto. Quel pranzo si sarebbe svolto a porte chiuse. Non aveva idea di quali nemici le avrebbe parlato, ma non era una conversazione per altre orecchie che le proprie.
    Suonò una finissima campanella e gli schiavi sciamarono nella sala per servire gli antipasti. Vedere la sua reazione a quelle bizzarrie di superficie sarebbe stato un buon modo per capire se era davvero chi diceva di essere.
    Quando furono soli, gli sorrise.

    Allora, capitano L’Estant, vi ascoltiamo. Raccontateci.

    Si frenò dal mettere in dubbio l’esistenza e la pericolosità dei nemici che lui le aveva annunciato, benché una parte di lei faticasse a credere che davvero qualcuno potesse mettere a repentaglio Vandyra. Era ancora troppo piccola per impensierire chicchessia, troppo nascosta perché qualcuno potesse sapere dov’era. Eppure lui era lì in carne e ossa. Se l’aveva trovata, chi altri poteva farlo?
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    È corto, ma di passaggio, giusto per darti un aggancio per il dialogo. Poi mi dilungherò un po' di più.
     
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    E dunque, eccolo lì. Aveva le attenzioni della Regina.
    Non male per un corsaro. Per fortuna della categoria, lui aveva degli speroni che sapeva far tintinnare.
    "Quanto sapete delle vostre acque territoriali?" La verità era che non ne aveva, l'avrebbe colto di certo se non fosse stata stupida, ma era una carezza al suo ego. Avrebbe colto anche quella, ma a differenza della domanda le sarebbe piaciuto. "Sorvolando un momento l'elefante nella stanza -è una dicitura di sopra, se v'interessa- non sono deserte. Tutt'altro."
    Mangiare prima d'introdurre se non altro la base dei suoi argomenti non sarebbe stato molto cortese, per quanto su quella tavola la disposizione dei salumi lasciasse a desiderare.
    Il prosciutto crudo affiancato a dei formaggi a pasta dura? Oltraggioso.
    "Alcuni mesi addietro, incrociando per il Mare Bianco, mi sono imbattuto in questa banda di razziatori. Presumo che il loro nome vi farà ridere, ma come si usa dire, le apparenze ingannano."
    Vis Revar sollevò da un piatto da portata uno stelo di crosta croccante attorno al quale era stato avvolto un velo di prosciutto cotto e lo intinse in un vassoio di formaggio morbido. Se non altro, avevano azzeccato quello. Pierre avrebbe avuto un colpo apoplettico se avesse potuto mettere mano alle loro cucine.
    Dopo un morso, lasciò cadere un momento di voluto silenzio. "Uomini Cornuti."
    Dovette trattenersi dal ridere. Erano passati mesi, ma il nome e la circostanza che l'aveva portato a nascere erano ancora esilaranti. Ah, il buon Radam aveva trovato il suo corrispettivo in quell'imbranato ritardato di Rott. "Ne avete sentito parlare? Oso immaginare che la risposta sia negativa, ma loro sanno di voi. O meglio, i loro complici dotati di navi sanno che c'è una città da qualche parte nel sottosuolo e gli hanno passato quest'informazione, spronandoli a ponderare una discesa. Presumo che un traditore gli abbia informati, oppure che l'abbiano scoperto da qualche abitante del sottosuolo."
    E se doveva puntare l'indice, poteva essere stato quel brutto ceffo di Baniof a Dolor. Sì, prima o poi avrebbe rendergli la cortesia di una visita per insegnargli il valore del silenzio.
    E che scagliargli un dardo di balestra in mezzo agli occhi non era stato gradito.
    Vis Revar spostò il piatto, lasciando la mano sul tavolo. "Li ho anticipati, ma siccome ho fatto tacere tutti quelli che sapevano della locazione di Vandyra, la rosa dei sospetti si restringe. Questi predoni si sono mossi per nave, Vostra Grazia. Per spostarsi si fingono dei balenieri. Non lo sono davvero, è una finta."
    Quanto lo fosse non era il caso di rivelarglielo così presto. Bastava che avesse l'amo degli Uomini Cornuti, non tutta la vicenda completa. Non al momento, almeno.
    "E questi nuovi arrivati lo usano come travestimento per non destare sospetti tra gli umani di sopra. Sapete quanti villaggi ci sono, sparpagliati tra gli scogli e le colline dell'entroterra? Più di quelli che immaginate. Ottime possibilità per procurarsi schiavi... o reclute ignare."
     
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    Il capitano L’Estant non ci girò attorno. — Quanto sapete delle vostre acque territoriali?
    La stava lusingando, fingendo che Vandyra avesse delle acque territoriali. Be’, grazie a lui le avrebbe avute, con il tempo.
    — Sorvolando un momento l'elefante nella stanza - è una dicitura di sopra, se v'interessa - non sono deserte. Tutt'altro.
    Questo poteva crederlo benissimo. La gente di sopra certo non avrebbe aspettato che Vandyra fosse in grado di reggersi sulle proprie gambe per mettersi a correre. L’importante era che il capitano fosse in grado di spazzarli via.
    — Alcuni mesi addietro, incrociando per il Mare Bianco, mi sono imbattuto in questa banda di razziatori. Presumo che il loro nome vi farà ridere, ma come si usa dire, le apparenze ingannano — raccontò. Si prese un momento per addentare una combinazione di formaggio e prosciutto.
    Adalia preferì una fetta di pane con formaggio fresco e miele disperso a filo sopra.
    — Uomini Cornuti — rivelò. Il talento da istrione non gli mancava di certo.
    Adalia arricciò le labbra.

    Un nome curioso, indubbiamente.

    concesse, addentando il suo antipasto. — Ne avete sentito parlare? Oso immaginare che la risposta sia negativa, ma loro sanno di voi. O meglio, i loro complici dotati di navi sanno che c'è una città da qualche parte nel sottosuolo e gli hanno passato quest'informazione, spronandoli a ponderare una discesa. Presumo che un traditore gli abbia informati, oppure che l'abbiano scoperto da qualche abitante del sottosuolo.

    Immaginate correttamente, capitano. Gli unici uomini che conosciamo sono gli schiavi che Vandyra utilizza come manovali.

    Ma immaginava che il capitano avesse lasciato il meglio per la fine. — Li ho anticipati, ma siccome ho fatto tacere tutti quelli che sapevano della locazione di Vandyra, la rosa dei sospetti si restringe. Questi predoni si sono mossi per nave, Vostra Grazia. Per spostarsi si fingono dei balenieri. Non lo sono davvero, è una finta. E questi nuovi arrivati lo usano come travestimento per non destare sospetti tra gli umani di sopra. Sapete quanti villaggi ci sono, sparpagliati tra gli scogli e le colline dell'entroterra? Più di quelli che immaginate. Ottime possibilità per procurarsi schiavi... o reclute ignare.
    Adalia annuì. Balenieri voleva dire che anche tutte le zattere dei suoi pescatori sarebbero valse uno sputo al confronto. Se non fosse stato per la benevolenza di questo prode capitano venuto ad avvertirla, costoro avrebbero potuto fare scempio della sua città.

    Dunque vi state offrendo di fermarli… a quale prezzo, capitano?

    Poggiò il pane nel piatto e incrociò le mani, in attesa di una risposta.
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    Edited by Maððie - 27/3/2020, 16:47
     
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    Incrociate le mani, la Regina lo studiò con pregevole contegno. Nei rubini che erano i suoi occhi passò un baluginio d'attesa, legittima considerando quel che le aveva riferito. Non del timore, però. Poteva darsi che per quello fosse ancora presto, o che non avesse intenzione di darlo a vedere.
    Di nuovo, pregevole. Sopratutto a dispetto della tempesta che le aveva appena preannunciato.
    "Prezzo?"
    Argomento interessante, ma prematuro. Rivolgendole un fine cenno con la mano, Vis Revar accennò alla porta della sala. "Sì. In un'altra circostanza, un'altra persona avrebbe colto il momento per avanzare prezzi e tariffe. Tuttavia... che prove avete, ora come ora, che io stia dicendo il vero? Salvo la mia parola?"
    Prima che potesse offendersi, il capitano allontanò da sè il tagliere dei salumi. "Vi prego di non fraintendermi: mi onora che mi crediate, ma colgo la situazione sottostante." Lasciò un momento di silenzio per non far apparire le sue parole come un fiume troppo impetuoso. Una buona parlantina era d'obbligo, ma la fretta uccideva. "Presentemente, sono l'unica nave da guerra che avete, il che vi pone nelle condizioni di dover prendere quel che dico per vero. Se così non fosse, non avreste un modo facile per scoprirlo, almeno in tempi brevi. Ma se fosse vero, e non fidandovi mi mandaste via, non avreste alcuna difesa contro questi Uomini Cornuti."
    Reclinarsi o darsi un'aria di pigrizia adesso lo avrebbe fatto sembrare un sacco di parole. Più che dirsi indispensabile, l'importante era dimostrarsi davvero tale.
    E c'era una componente che l'avrebbe aiutato proprio a fare quello. "Vi porterò delle prove di quel che dico. Ma sono sincero e al vostro servizio, pertanto vi chiedo di sincerarvi che tutto sia vero. Incaricate Malina di seguirmi. Di lei vi fidate abbastanza da saperla incorruttibile. Tuttavia, ho un altro mezzo per assicurarvi che è la verita e null'altro che la verità. Ricordate il mio regalo? Se lo fate entrare, vi mostrerò."
     
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    — Prezzo? — Vis Revar fece un cenno verso la porta. — Sì. In un'altra circostanza, un'altra persona avrebbe colto il momento per avanzare prezzi e tariffe. Tuttavia... che prove avete, ora come ora, che io stia dicendo il vero? Salvo la mia parola? Vi prego di non fraintendermi: mi onora che mi crediate, ma colgo la situazione sottostante. Presentemente, sono l'unica nave da guerra che avete, il che vi pone nelle condizioni di dover prendere quel che dico per vero. Se così non fosse, non avreste un modo facile per scoprirlo, almeno in tempi brevi. Ma se fosse vero, e non fidandovi mi mandaste via, non avreste alcuna difesa contro questi Uomini Cornuti.
    Adalia inarcò un sopracciglio. E gli concesse un sorriso. Il più bello e malefico del suo repertorio.

    Temo viaggiate troppo con la fantasia, capitano. Non abbiamo detto che vi crediamo. Vi abbiamo chiesto il vostro prezzo… e, per il futuro, non amiamo porre le stesse domande due volte.

    Non vedeva perché spiegarglielo, ma si poteva comprendere molto del proprio interlocutore dalle richieste che avanzava. Perché darsi la pena di scoprire se ciò che aveva da offrire era autentico, se per prima non aveva chiaro se lo fosse lui stesso? Non era suo costume negoziare con i truffatori e per riconoscerli spesso una domanda sola era sufficiente.
    —Vi porterò delle prove di quel che dico. Ma sono sincero e al vostro servizio, pertanto vi chiedo di sincerarvi che tutto sia vero — si offrì comunque il capitano L’Estant.
    Cortese, da parte sua. ma lo lasciò parlare.
    — Incaricate Malina di seguirmi. Di lei vi fidate abbastanza da saperla incorruttibile.
    Non era un’idea tanto spregevole, per quanto poco le piacesse la prospettiva di separarsi dalla sua maestra di palazzo – nonché guardia del corpo.
    — Tuttavia, ho un altro mezzo per assicurarvi che è la verità e null'altro che la verità. Ricordate il mio regalo? Se lo fate entrare, vi mostrerò.
    Certo che ricordava.

    Fatelo entrare, dunque.

    ordinò. Non era il suo metodo, ma poteva comunque funzionare. L’importante era il fine, non il mezzo.
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    Aveva bacchettato una sua frase, ma poco contava. Si dava una carta, dopotutto, per avere la mano. Con la sua autorizzazione poteva procedere, il che era tutto a suo vantaggio.
    L'avrebbe compreso a tempo debito. Si alzò, offrendole un inchino di cortesia, e si accostò alla porta.
    "Malina" disse senza rompere il contatto visivo con la Regina. "Potreste entrare con il mio regalo per sua maestà, dj grazia?"
    Chiederle di fare entrare Luhn'Zylvara da sola avrebbe potuto suggerire a chicchessia la qualche traccia di un qualche complotto. Non ve n'era alcuno, ma per quale motivo rischiare?
    Poi, se l'artefatto fosse stato accompagnato dalla maestra di palazzo in persona, ci sarebbero stati pochi o nulli sospetti circa la sua pericolosità. E comunque non le era sfuggito il suo respiro dietro alla porta. Peraltro sapeva che due schiavi stavano litigando nel piano di sotto? A giudicare da pressioni e suoni, uno dei due stava per frantumare un vaso.
    Mi auguro non sia costoso.
    Accompagnando Luhn'Zylvara così da vicino da rendere l'idea che temesse lei più di chiunque altro nel palazzo, Malina entrò affiancata da due portatori carichi d'una cassa.
    Di sicuro l'aveva fatta controllare e ricontrollare, chiedendosi a che pro portare in regalo delle coppe. I portatori lasciarono la cassa sul pavimento e, dietro ad un comando della maestra di palazzo, si dileguarono nel corridoio, chiudendo la porta dietro ai loro passi.
    "Posso?" chiese Vis Revar alla maestra di palazzo, accennando alla cassa. Siccome l'ordine di farlo entrare era venuto dalla Regina, aveva poco più che il carattere di una domanda retorica.
    Ma mostrava che le deferiva una qualche autorità, il che era quel che gli interessava. Ricevuta una conferma, Vis aprì la cassa e ne trasse due coppe levigate. Ad occhio sarebbero apparse come fatte di giada pallida, con svirgolanti braccia che finivano in punta, simili a dei corni. Ottenerle gli aveva richiesto un lungo e sanguinoso pomeriggio.
    Nonché una scoperta interessante, ma quella l'avrebbe rivelata in seguito.
    "Siete in grado di tradurre la lingua delle loro iscrizioni?"
    "Sì, ma Luhn'Zylvara può insegnarvela, se così la Regina desidera."
    Ecco perché gliel'avrebbe lasciata se la Regina avesse autorizzato Malina a seguirlo e se l'avesse accettato. Che la trattasse come voleva. Aveva visto di peggio e, in fin dei conti, sarebbe stato un suo ordine.
    Non peggiore di altri.
    Si sentì di aggiungere una postilla a quel che aveva detto: "Forse vi è apparso strano come linguaggio. E a buonissima ragione; è un dialetto elfico, nemmeno tra i più noti, rappresentato con dei vecchi grafemi umani, ma inscritto al rovescio, cifrato e capovolto."
    Un'impressionante mole di lavoro.
    Spostò una delle coppe al margine, portandone una sul tavolo. L'aveva stregata tempo addietro e inciso un taglio su una delle gemme incastonate lungo il bordo, lasciandola cieca. Poteva mostrare l'emittente, ma non far vedere a questi il destinatario e quel che lo circondava.
    "Posso avere una candela?"
    Ottenuto quel che aveva chiesto, Vis colò della cera nello svaso. Le poche stille cadute cominciarono a bollire, assumendo la consistenza di un'acqua limacciosa eppure trasparente.
    Offrì la candela alla mano di Sua Maestà. "Schioccare le dita vicino alla fiamma, Vostra Maestà, vi porterà a risvegliare l'artefatto. Allora vedrete quel che dico, altrimenti... potrete liberarvi di me nel modo che riterrete più opportuno."
     
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    Vis Revar le fece un inchino e si accost alla porta. — Malina, potreste entrare con il mio regalo per sua maestà, di grazia?
    La maestro di palazzo entrò, seguita da due portatori con una cassa. Con lei c’era anche la mezzelfa, vestita meglio di quanto avrebbe dovuto.
    Adalia inarcò un sopracciglio, ma almeno quel vestito non era uno dei suoi. Poteva farlo bruciare a cuor leggero… o regalarglielo, per dimostrare che la sua corte era munifica persino verso la feccia, dopotutto.
    Una volta aperta, la cassa rivelò due coppe di giada pallida – e di fattura non eccezionale; le decorazioni erano pacchiane, a voler essere generosa.
    — Siete in grado di tradurre la lingua delle loro iscrizioni?
    — Sì, ma Luhn'Zylvara può insegnarvela, se così la Regina desidera. Forse vi è apparso strano come linguaggio. E a buonissima ragione; è un dialetto elfico, nemmeno tra i più noti, rappresentato con dei vecchi grafemi umani, ma inscritto al rovescio, cifrato e capovolto.
    Impressionante, soprattutto per lo spreco di energie che doveva aver richiesto. Chiunque ci si fosse dedicato doveva essere paranoico, ossessionato dal proteggere la propria identità o il frutto della propria fatica. Quale delle due cose poteva valere così tanto e perché?
    — Posso avere una candela?
    Adalia annuì.
    Uno dei due portatori gliela procurò.
    Con quella, Vis Revar versò della cera nella coppa; sotto i loro occhi, essa cominciò a bollire e il capitano le porse la candela. — Schioccare le dita vicino alla fiamma, Vostra Maestà, vi porterà a risvegliare l'artefatto. Allora vedrete quel che dico, altrimenti... potrete liberarvi di me nel modo che riterrete più opportuno.
    Adalia sogghignò. Non le serviva certo il suo permesso per liberarsi di lui. Anche se forse, qualora avesse offerto resistenza, avrebbe potuto causare una non trascurabile quantità di danni. Non per questo lo avrebbe trattato con i guanti. Era pur sempre un maschio, oltre che un albino dagli occhi azzurri.
    Se non altro, questa volta le si era rivolto nel modo corretto.

    Ci auguriamo non sia necessario.

    Se non altro per tutto il disturbo che si era preso per portarle quella coppa.
    Avvicinò le dita alla fiamma quanto bastava e le schioccò.
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    Sua Maestà schioccò le dita e il suono riverberò dalla sua mano al basso soffitto della sala da pranzo. Soffuso eppure udibile, si espanse come un cerchio nell'acqua, assottigliato dal crescere della distanza. In risposta al suo gesto, proprio come Vis Revar l'aveva vista fare nelle altre occasioni, la fiamma della candela ondeggiò.
    Dapprima lento, con la fiamma appena piegata da un sospiro di vento, il suo oscillare acquisì rapidità. Un lapillo di luce si separò dal fuoco, rimanendo a mezz'aria.
    Brillò per mezzo secondo, se non meno, prima di schiudersi. Stiracchiandosi a raggio, uno specchio d'aria agitata si delineò a mezz'aria. Un braccio dopo l'altro, il varco si allargò fino ad occupare una buona parte del grande tavolo, oscurato dietro al delinearsi di un basso, squadrato altare marchiato dagli stessi caratteri della coppa. Ai lati sfoggiava due lunghi, ricurvi corni lucenti. Sul ripiano erano presenti dodici altre coppe, uguali a quella che aveva fatto attivare alla Regina.
    C'era una figura seduta dietro all'altare, china su di una pergamena. Un umano, a prima vista, con un elmo cornuto sul capo. Un lungo paranasale, allargato ad una maschera di metallo per gli occhi, copriva il suo viso, lasciando libera solo una lunga, marroncina barba intrecciata. Era bardato da un'armatura di cuoio e ferro, intessuta di glifi e stemmi simili a quelli delle coppe, con un colletto di pelliccia.
    Alle sue spalle c'era un lungo rostro di mappe, illuminate dalle lucerne appese a due colonne di pietra levigata. Una dozzina d'altri rotoli di papiro erano tracciati senza sosta da una schiera di appuntite penne alate, autonome nell'incidere su e giù.
    I suoi del varco si stabilizzarono, assumendo una tinta iridescente che diminuiva le luci delle candele nella sala da pranzo. Tossito uno sbuffo, lo "scrivano" alzò la testa.
    "Pronto? Uomini Cornuti qui, ti ricevo" si chinò in avanti, appoggiando un gomito sul marmo. Attraverso i fori per gli occhi realizzati nella foggia della maschera dell'elmo, Vis Revar lo vide sbattere le palpebre e corrucciarsi. "Per quale dannato demonio di motivo la tua coppa non funziona?"
     
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    La fiamma s’inchinò e tremolo. Il filo di fumo che ne saliva era impregnato di magia. Una scintilla si staccò e crebbe fino a coprire buona parte del tavolo, rivelando un paesaggio che sembrava un tempio.
    Seduto dietro la scrivania con le coppe c’era un uomo (?) con un elmo cornuto sul capo. Ma poteva essere qualunque cosa, non necessariamente un umano. — Pronto? Uomini Cornuti qui, ti ricevo.
    Adalia sollevò le sopracciglia, alzando lo sguardo verso il capitano L’Estant. L’aveva davvero messa in comunicazione con gli Uomini Cornuti solo per provare le proprie parole?
    — Per quale dannato demonio di motivo la tua coppa non funziona? — la interrogò lo scrivano, confermando che almeno il capitano non era un idiota: aveva manomesso la coppa per fornirle uno spioncino.
    Be’, gli avrebbe retto il gioco. Sganciò il ventaglio dalla cintura e si sventolò in tre rapidi e secchi colpi, che fecero dondolare appena le ciocche candide ai lati del viso e la avvolsero in una nube di pallido fumo coloro corallo. Lo inspirò a fondo e sorrise.

    Temo si sia danneggiata, collega. Quell’idiota l’ha fatta cadere.

    disse, con un tono basso e gutturale, dal timbro chiaramente maschile. Meglio non tirare troppo la corda, per il momento, ma poteva essere una buona occasione per raccogliere da sé qualche informazione e mettere giù una carta: conosceva qualche trucco magico, come lui e praticamente qualunque lineloriano, ma ora Vis Revar avrebbe potuto interrogarsi su fino a dove i suoi fossero trucchi ed espedienti e dove invece cominciasse la vera scienza.
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    "Temo si sia danneggiata, collega. Quell’idiota l’ha fatta cadere."

    Nel momento in cui Sua Maestà tirò fuori quel tentativo di vocione, Vis si coprì le labbra con il pugno. Ridere sarebbe stato poco consono al momento, oltre che stupido. Abbassò il braccio, unendolo all'altro in un incrocio all'altezza del petto. Prima che gli occhietti di Malina potessero notare qualcosa, però, aprì la bocca per respirare piano.
    Qualche idiota balbuziente in Hyrile aveva scritto delle opere sui vampiri. Si era divertito molto, a giudicare dal numero di sciocchezze con cui invaso il testo, ma un paio le aveva azzeccate. In una delle sue storie, l'Arci-Duca Non-Morto contro Han Velsing, i protagonisti avevano scovato il vampiro in una folla quando aveva riso, dimenticandosi di respirare dopo per rimettere al proprio posto la cassa toracica.
    Vis non era propenso a fare simili errori.
    Circa quella voce, comunque, ecco, aveva... sentito di meglio, dovendo essere del tutto onesto, ma poteva riconoscere la trovata. Era ingegnosa.

    Lo scrivano si ritrasse contro lo schienale del suo scranno. "Oh, per l'amor della dea... ecco cosa succede ad arruolare villici e rifilar loro paccottiglia di mercato. Ah, succede di continuo!"

    Luhn'Zylvara schioccò la lingua: "Oi, maytoh, non è colpa mia!" esclamò, rievocando la voce di Albecus. Gli tolse una decina d'anni, per farlo sembrare più giovane, e sghignazzò quando Malina si girò a guardarla con un cipiglio infuocato. "Prima funzionava comunque! Ti dico, è rotta!"
    Lo scrivano sbuffò un accenno di risata. "Se non è la demon-data verità. Ey, hai provato a girare il gwayn?"
     
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    Il capitano L’Estant si premette un pugno sulla bocca.
    Se non era per reprimere una risata, ne dedusse Adalia, voleva almeno nascondere un ghigno. Be’, ora non era il momento, ma dopo gli avrebbe “fatto notare” quanto poco saggi fossero certi comportamenti.
    Per ora aveva un Uomo Cornuto (e barbuto) da pelare. — Oh, per l'amor della dea... ecco cosa succede ad arruolare villici e rifilar loro paccottiglia di mercato. Ah, succede di continuo! — protestò l’umano.
    — Oi, maytoh, non è colpa mia! Prima funzionava comunque! Ti dico, è rotta! — intervenne la mezzelfa, fornendole un supporto non richiesto, ma apprezzato.
    Malina la fulminò con lo sguardo, per nulla contenta di vedersela sghignazzare in faccia.
    Sul momento non poteva dirle nulla (non con quella voce), ma dopo l’avrebbe placata. Non poteva lasciare immusonita la sua maestra di palazzo.
    — Se non è la demon-data verità. Ey, hai provato a girare il gwayn? — le chiese l’Uomo Cornuto.
    Adalia corrugò le sopracciglia. Che accidenti era un gwayn, ora? Be’, non le restava che improvvisare.

    Dammi un momento, collega.

    Mosse la coppa sul tavolo, strusciando e grattandola con le unghie per fare un po’ di rumore, come se ci stesse davvero smanettando.

    Niente, non funziona.

    Sospirò pesantemente.

    Per stavolta dovremo accontentarci. Mi assicurerò di ringraziare quell’imbecille. Dovremmo fargli ripagare la coppa di tasca sua, così impara.

    Stava tirando troppo la corda? Ma, se in preda all’ira lo avesse spinto a parlare, poteva scivolargli di bocca qualche informazione interessante.
    Certo, però, che se comunicavano attraverso paccottiglia incantata, si chiedeva quanto davvero pericolosi potessero essere questi Uomini Cornuti. Oppure risparmiavano su quello per investire in equipaggiamento? Se le coppe erano molte (e il solo segretario ne aveva dodici, dopotutto), poteva voler dire che erano in molti.
    Improvvisare e al tempo stesso elaborare le informazioni che stava raccogliendo per qualcun'altra sarebbe stato complesso, ma per lei era solo il minimo che tutti si sarebbero aspettati da lei. Per la fine della conversazione avrebbe avuto le idee del tutto chiare.
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    In effetti, cos'era un gwayn? In una precedente occasione, origliando un paio di conversazioni private, l'aveva sentito nominare. Dovendo andare di logica e ovvietà, era un componente per forza di cose presente sulla coppa. In secondo punto, manipolabile.
    Non poteva essere l'occhio. Averlo danneggiato aveva accecato la coppa dal loro lato, come previsto, ma non le aveva tolto la capacità di trasmettere il destinatario e quel che lo circondava.
    Forse era uno dei...
    "Dammi un momento, collega" disse Sua Maestà, armeggiando a vuoto con la coppa. I suoi gesti non produssero alcun risultato, probabilmente come aveva inteso lei stessa, salvo l'attirare per un momento gli occhi dello scrivano cornuto.
    "Mmmh, no." brontolò lui. "Il marchingegno non funziona, eh? Colorami con la sorpresa!"
    "Niente. Non funziona."
    "Figurarsi!"
    "Per stavolta dovremo accontentarci. Mi assicurerò di ringraziare quell’imbecille. Dovremmo fargli ripagare la coppa di tasca sua, così impara." commentò Sua Maestà, fingendo d'arrendersi davanti alla mancanza di collaborazione da parte della coppa.
    Pestando i piedi come per allontanarsi, Luhn'Zylvara borbottò qualcosa in tono lamentoso. Delle scuse per schivarsi quel destino, accompagnate da una lagna costruita ad arte per sembrare uscita dalla bocca di un bifolco ignorante.

    Sospirando, lo scrivano si portò una mano al paranasale. "Povero idiota. Spera solo che quel pezzo di carogna del sergente non lo scovi, oppure... eh, cinquecento-e-trentasei anni, proprio come dice lui! Mmh, qualche giorno fa l'ho sentito esplodere contro una recluta senza armatura. Ah, ma che dico? E' stato esilarante, la più assordante sfuriata a memoria d'uomo..."
    Come punto da un'ape, s'irrigidì contro lo schienale, incrociando le braccia. "No, nemmeno una ricalibrazione? Deve essere proprio fritta, perché continui ad apparirmi cieco."
    Pronunciate quelle parole, lo scrivano si chiuse nel silenzio. Incrociate le mani dietro alla schiena, Vis si guardò attorno. In piedi accanto a Sua Maestà, Malina gli rivolse un cenno con le braccia.
    "Faccia qualcosa" sillabò muovendo le labbra.
    La Regina l'avrebbe approvato? Non si era scagliata contro l'intervento di Luhn'Zylvara, quindi...
    Occhieggiando la sua traduttrice, Vis sollevò un pugno a mezz'aria. "Avrò il tuo fegato per colazione, feccia di barile! Hai rotto la nostra coppa!"
    "Non te la prendere troppo, amico" borbottò lo scrivano. "E' solo un idiota che ha maneggiato male la strumentazione. Se l'Altissima lo scopre, oh oh oh, fidati di me quando ti dico che avrà un gran pomeriggio con lui, fidati."

    "Certi imbranati stanno bene solo su di una croce" sputò Vis, mantenendo quel vocione da alcolizzato lupo di mare. "Dico bene?"
    "Hwea, onesto alla Causa .."
    "Ho detto che non è colpa mia!" si lagnò Luhn'Zylvara. "La coppa faceva schifo anche prima! Ci rifilano sempre i fondi di magazzino, qui!"
    "Ah, per me dici il vero, amico. Solo, non farti sentire dai Corni Rossi... anzi, peggio ancora, dall'Altissima. Sai come se la prende male quando la gente si lamenta." ridacchiò sotto i baffi. "La prende come una questione di lealtà per la Causa. Sarà che vien da sé con l'essere l'Altissima..."
    Una delle penne alate si fermò, restando sospesa a mezz'aria. Facendole cenno d'aspettarlo, lo scrivano ticchettò con le nocche sul suo altare.
     
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    — Mmmh, no. Il marchingegno non funziona, eh? Colorami con la sorpresa! — comment lo scrivano Cornuto.
    Lei lo avrebbe colorato con qualcos’altro, ma per il momento avrebbe tenuto per sé quelle considerazioni.
    — Povero idiota. Spera solo che quel pezzo di carogna del sergente non lo scovi, oppure... eh, cinquecento-e-trentasei anni, proprio come dice lui! Mmh, qualche giorno fa l'ho sentito esplodere contro una recluta senza armatura. Ah, ma che dico? E' stato esilarante, la più assordante sfuriata a memoria d'uomo... No, nemmeno una ricalibrazione? Deve essere proprio fritta, perché continui ad apparirmi cieco.
    Per Xura, quanto parlava. Però era utile. Non sapeva cosa farsene delle farneticazioni di un sergente, ma il fatto che ne avessero uno implicava che fossero organizzati, persino troppo.
    Malina – quella santa creatura – convinse il capitano a intervenire con semplice e chiaro gesticolare.
    Avrebbe dovuto ricompensarla in qualche modo.
    — Avrò il tuo fegato per colazione, feccia di barile! Hai rotto la nostra coppa! — contribuì Vis Revar, levando il pugno contro la sua mezzelfa.
    Doveva riconoscere che era esilarante. Se avesse avuto meno controllo di sé, probabilmente avrebbe riso. Questo gli sarebbe di certo valso un qualche tipo di bonus, quando avesse decio quale ricompensa accordargli. O se.
    — Non te la prendere troppo, amico. È solo un idiota che ha maneggiato male la strumentazione. Se l'Altissima lo scopre, oh oh oh, fidati di me quando ti dico che avrà un gran pomeriggio con lui, fidati.
    Questo era più interessante. Chi era quest’Altissima? Sicuramente una rappresentante delle alte sfere. La domanda era: quanto alte? Era una carica religiosa o temporale? Oppure entrambe?
    — Certi imbranati stanno bene solo su di una croce. Dico bene?
    — Hwea, onesto alla Causa...

    Sì, ben detto!

    Non poteva tacere troppo a lungo, o avrebbe insospettito lo scrivano.
    — Ho detto che non è colpa mia! La coppa faceva schifo anche prima! Ci rifilano sempre i fondi di magazzino, qui!
    — Ah, per me dici il vero, amico. Solo, non farti sentire dai Corni Rossi... anzi, peggio ancora, dall'Altissima. Sai come se la prende male quando la gente si lamenta. La prende come una questione di lealtà per la Causa. Sarà che vien da sé con l'essere l'Altissima...
    I Corni Rossi erano un altro tipo di altra carica? Se si fosse fidata dell’intuito anziché della logica, avrebbe detto che erano n qualche tipo di guardia, magari riservata. O forse degli inquisitori. Ma la Causa? Era qualcosa di serio, o solo un modo di darsi un tono? Non poteva del tutto essere una sciocchezza, temeva; nessuno si sarebbe affannato tanto per qualcosa che non lo rendeva necessario.

    Se non vuole lamentele, dovrebbe scegliere meglio i suoi… collaboratori.

    Fece una pausa a effetto.

    Ma è l’Altissima, che vi vuoi fare. Non puoi chiederle di essere meno devota. Del resto, la Causa è la Causa.

    E, ripensando a quello che aveva detto prima, aveva la feroce sensazione che quella Causa avesse qualcosa a che fare con quegli schifosi demoni che appestavano Linelor.
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    "Se non vuole lamentele, dovrebbe scegliere meglio i suoi… collaboratori." disse Sua Maestà. Lasciò un momento di silenzio a mezz'aria, forse aspettando una risposta dallo scrivano. Questi, vide Vis Revar, alzò gli occhi al cielo. Una vista normale avrebbe perso quel dettaglio, sia per la distanza che per l'elmo drappeggiato a coprire il viso del loro interlocutore.
    Buona cosa, quindi, che la sua non rientrasse nella categoria.
    "Oh, beh! Immagino che non possa permettersi di fare la schizzinosa, con tutto quel che le passa tra le mani!" rise lo scrivano, lasciandosi andare contro lo schienale dello scranno. "Quando mi hanno assegnato a questo posto pensavo ci sarebbe stata più azione, sai? Sempre la solita storia; mio cugino è partito per le faccende interessanti e io che mi ritrovo? Furiere di collegamento. Perché ce ne mancavano, eh?"
    Quindi lui non era il solo scrivano adibito ai collegamenti via coppe. Da come l'aveva messa, era un'intera categoria di graduati all'interno di quegli Uomini Cornuti.
    "Ma è l’Altissima, che vi vuoi fare. Non puoi chiederle di essere meno devota. Del resto, la Causa è la Causa." riprese Sua Maestà. Gli aveva tirato un amo.
    Picchiettando a mezz'aria con le nocche, per poi sbuffare, lo scrivano puntò un gomito sull'altare. "Oh, sì. Solo, vedi di non farti sentire mentre ti lagni, amico, o farai giri rifornimento per mezzo Mare dell'Aurora da qui alla fine dei tempi..."
    Non serviva che Malina lo esortasse ancora. Sapeva come inserirsi di nuovo nel discorso. La familiarità della zona era, in fin dei conti, dalla sua parte. "Sarebbe la peggior assegnazione di tutta la mia vita, amico."
    "Oi, se non è la verità..." Un momento dopo, lo scrivano prese la penna rimasta immobile a mezz'aria e la lanciò verso una delle mappe alle sue spalle. La punta dello stilo sfiorò il Mare dell'Aurora, cominciando a girare in tondo tra gli atolli e i fiordi, alla ricerca di qualcosa." "Non c'è verso, continui ad essere cieco. Ho provato a rifare il collegamento, ma niente."
    "Yarr, quell'idiota incontrerà la figlia del capitano!"
    Pur prestando il più minimo modicum di rispetto ai libri di Han Velsing, quella doveva essere la prima ed unica volta in cui un autentico pirata usava quell'esclamazione.
    "Ah, un classico! Non per voler male a quell'imbranato, oi, ma... eh, spero sia bionda. Se capisci quel che intendo."


    "In ogni caso, voi come mi ricevete? Riuscite a vedermi? In che condizione siete?"
    Appoggiato il pugno sulla scrivania, Vis corrucciò la fronte. "Stiamo tutti bene, grazie. Voi laggiù? Come sta la famiglia?"

    "Su, datemi la vostra posizione così vi spedisco una baleniera con dei rifornimenti. Ne ho un paio che devono salpare e mi state simpatici, quindi... meglio voi che l'enclave di Derrik."
     
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    — Oh, beh! Immagino che non possa permettersi di fare la schizzinosa, con tutto quel che le passa tra le mani! Quando mi hanno assegnato a questo posto pensavo ci sarebbe stata più azione, sai? Sempre la solita storia; mio cugino è partito per le faccende interessanti e io che mi ritrovo? Furiere di collegamento. Perché ce ne mancavano, eh?
    Questo era… a dir poco preoccupante. C’era un intero gruppo (un reparto, una gilda… cos’erano, esattamente?) di addetti come lui. Quindi quell’organizzazione era estesa – e molto, anche.
    Gli diede un’altra imbeccata.
    — Oh, sì. Solo, vedi di non farti sentire mentre ti lagni, amico, o farai giri rifornimento per mezzo Mare dell'Aurora da qui alla fine dei tempi... — la raccolse lo scrivano.

    Che la dea ce ne scansi e liberi!

    — Sarebbe la peggior assegnazione di tutta la mia vita, amico.
    — Oi, se non è la verità... — Lo scrivano lanciò la piuma verso una mappa.
    Quella girovagò sulla costa del Mare dell’Aurora, pericolosamente vicina a dove Vandyra sorgeva. La città si trovava un po’ più nell’interno (e forse aiutava il fatto di trovarsi migliaia di piedi sottoterra), ma la loro magia aveva indovinato con sorprendente precisione. — Non c'è verso, continui ad essere cieco. Ho provato a rifare il collegamento, ma niente.
    Yarr, quell'idiota incontrerà la figlia del capitano!
    Adalia fu costretta a mordersi l’interno della guancia con decisione, per impedirsi di ridere. Non avrebbe mai immaginato sarebbe venuto il giorno in cui avrebbe sentito un pirata dire “yarr”. Ma iniziava a intuire che Vis Revar aveva qualcosa di istrionico nei modi che contribuiva all’effetto che la sua presenza provocava.
    — In ogni caso, voi come mi ricevete? Riuscite a vedermi? In che condizione siete?
    — Stiamo tutti bene, grazie. Voi laggiù? Come sta la famiglia?
    Sapeva che la risposta era intenzionalmente stupida, ma l’effetto comico rischiava di essere pericoloso.
    Miracolosamente (?), lo scrivano la prese sul serio. — Su, datemi la vostra posizione così vi spedisco una baleniera con dei rifornimenti. Ne ho un paio che devono salpare e mi state simpatici, quindi... meglio voi che l'enclave di Derrik.
    Doveva rispondergli qualcosa… ma cosa? Aveva giusto il tempo di notare che aveva nominato le baleniere di cui aveva parlato il capitano L’Estant e che ora avevano il nome di un’altra delle loro basi. Ne conoscevano almeno due, per quel poco che poteva valere.

    Non è necessario, amico. Siamo in zona. Magari un giorno di questi veniamo a trovarti.

    tentò, sperando che questo lo inducesse a desistere e a mettere giù quella stramaledetta piuma magica.
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