Per un pugno di dobloni

02 fashar 1127 d. G.

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    Il capitano L’Estant studio la mappa e vi tamburellò con la matita. Giocherellò, calcolando, per qualche secondo, poi disegnò un punto sulla costa meridionale dell’isola. — Quarantacinque giorni, Vostra Maestà. Posso comprendere che sembri molto, ma più della metà è occupata dal dover fare cabotaggio lungo il fiordo. Tuttavia, una baleniera impiegherebbe ancora più tempo.
    Praticamente due mesi, il che significava che doveva sprecare il minor tempo possibile in cerimonie e chiacchiere. Avrebbe messo subito al lavoro gli schiavi perché realizzassero la bandiera con cui fare della Ner’Verar una nave onorevole. Avrebbe dato loro la scadenza più stretta possibile, così che non poltrissero. Che una baleniera impiegasse di più non la rassicurava: non voleva comunque dire che non potesse raggiungerla.
    Ma per il momento c’era una questione più stringente: certo, si augurava che gli isolani fossero pacifici e che ascoltassero cosa Vandyra aveva da dire senza fare idiozie, ma di rado la sorte era benigna con gli ottimisti. Bisognava sempre prepararsi al peggio, anziché al meglio.
    In merito, Vis Revar le presentò un piano preciso ed efficiente. Il suo tono tradiva una certa arroganza, ma non diversa dalla sua. Motivata, quindi, dalla giustezza delle sue affermazioni.
    Adalia guardò la mappa, riflettendo. Sapeva che non era sufficientemente precisa o dettagliata per un piano vero e proprio, ma concordava con l’idea di fondo. Applicandolo, Vandyra ne sarebbe uscita forte, ma disposta alla clemenza, eventualmente. Tuttavia, non le piaceva l’idea di governare con il terrore, non tanto perché le creature di superficie non lo meritassero, ma per non dare alle altre drow la possibilità di suggerire che avrebbe potuto prima o poi utilizzare quei metodi anche nel sottosuolo. Certe idee pericolose non dovevano legarsi alla sua persona.
    — Desiderate sentire anche l'altra eventualità, Vostra Maestà?
    Adalia annuì. Supponendo aver capito qualcosa di lui, doveva aver serbato per la fine ciò che reputava importante, per cui reputava valesse la pena che fosse lei a chiedergli maggiori dettagli. Be’, voleva conoscere tutte quelle che il suo neo-Primo Capitano reputava le opzioni valide. La sua mente stava già prendendo una direzione precisa, ma non si sarebbe mai perdonata la superficialità di aver tralasciato qualcosa per pigrizia o negligenza.
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    Vis Revar fu soddisfatto dal sentire la Regina chiedergli in merito la seconda eventualità. Se avesse approvato il primo piano, che non era esattamente un capolavoro di strategia e geo-politica, gli avrebbe dato l'idea di una persona innamorata dell'idea di poter finalmente far tintinnare una sciabola in faccia al nemico.
    E nel complesso, almeno per un regnante, c'era un tempo in cui si doveva indossare quella maschera. Diversamente da come lo ponevano i libri, però, era una rumorosa minoranza, una parte del tutto. C'erano sovrani anziani e sovrani guerrafondai, ma non c'erano vecchi sovrani guerrafondai nel lungo e nel largo del Grande Orizzonte.
    Posata la matita sulla carta, Vis tracciò un cerchio con l'indice sopra all'isola. "Nel secondo caso, Vostra Maestà, mi allontanerei dagli autoctoni ostili per non ingaggiare una battaglia inutile. Farei perdere loro le mie tracce, riparando in qualche fiordo o anfratto vicino, con una fonte d'acqua dolce e cibo a portata di mano."
    Era proprio una buona cosa che la strategia non ammettesse gli impazienti. "A quel punto comincerei a perlustrare l'isola e valutare le mie possibilità. Che rapporti ci sono tra i vari villaggi? Quale domina gli altri? Quale è il più debole? E quale, tra gli inferiori, mal sopporta il tallone degli altri?" Recuperò la matita e la fece girare attorno alle dita, fermandola al mignolo per poi, con un un cenno del polso, farla sfilare nella stretta dell'indice e del pollice. "Una volta definita una mappa delle loro relazioni, mi orienterei per interessare il villaggio più debole."
    Sollevò un palmo verso il soffitto. "Molte di queste realtà non hanno una vera e propria cognizione di cosa sia davvero una guerra, o di come combatterla. Nella maggior parte dei casi, consiste in una serie di razzie nella bella stagione."
    Era un registro che aveva visto più e più volte.
    "Bande di guerrieri, magari piccole formazioni elementari, che rubano bestiame o prodotti di prima sussistenza al villaggio vicino. Ci può essere l'occasionale rapimento, l'assalto per fare delle ruberie, degli stupri, delle coltellate per vendicare presunti onori feriti... simili torti sono carburante per ripicche la stagione successiva. Trovato il villaggio che ha sete di vendetta e localizzato il più debole tra i suoi nemici, lo aiuterei a spazzarlo via. Sterminio completo, case rase al suolo, tutti gli abitanti uccisi. L'alleato si renderebbe conto di cosa guadagna ad avermi vicino, e gli altri villaggi iniziano ad avere dubbi circa l'attaccarlo. Da qui, ci si collega al suo villaggio amico e si ripete il gesto. Viene costruendosi una coalizione, coesa dal fatto di non poter tornare indietro e affamata del potere che le ha permesso di rigirare il banco. E questa coalizione, Vostra Maestà, chi dovrebbe ringraziare?"
     
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    Dal modo in cui il capitano giocherellava con la matita, Adalia era incline a credere che fosse nervosa. O, almeno, lo sarebbe stata se si fosse trattato di qualunque altro maschio. Chi non lo sarebbe stato, nella sua posizione? Ma quel bizzarro capitano sembrava più un prestigiatore, che usava la matita per dirottare la sua attenzione dal trucco che altrove stava mettendo in atto.
    Ma era tutto lì, sotto i loro occhi, senza trucchi o inganni. Finalmente giocavano a carte scoperte su ciò che volevano l’una dall’altro.
    E Vis Revar stafa facendo sfoggio di tutto il proprio estro per dimostrarsi all’altezza del ruolo che aveva esatto in cambio della nave che aveva ancorato nel suo porto. Nel caso in cui gli autoctoni si fossero dimostrati ostili, li avrebbe messi gli uni contro gli altri, usandoli sia come arma, sia come scudo. Il peso del discredito sarebbe caduto su loro stessi, mentre Vandyra si sarebbe mostrata come il genere di realtà che era meglio avere accanto anziché contro.
    Capiva il filo del suo ragionamento e, in termini strettamente d’immagine, era la meno nociva. Forse altre sovrane avrebbero guardato con disappunto ai metodi, ma non si poteva raggiungere un risultato senza rompere qualche cranio. Era inevitabile che qualcuno dovesse pagare il fio dell’ostilità dimostrata a Vandyra e sarebbe stato stupido fare una scelta “di principio”, attaccando a testa bassa quello così poco accorto da esporre ad alta voce il pensiero anche di altri. No, quello che serviva era raziocinio. L’unico modo di non sprecare le vite degli sterminati era far sì che quelle morti fossero le più efficienti possibile.
    Naturalmente, solo una sciocca avrebbe sperato che qui piani venissero messi in atto. E solo un’idiota avrebbe dato per scontato che gli isolani avrebbero scelto razionalmente di ascoltare prima di attaccare.
    Adalia tamburellò con le unghie sul tavolo, riflettendo. In caso di ostilità, non c’era ricetta che avrebbe concesso loro di risolvere la situazione con la diplomazia. Dialogare funziona solo se entrambe le parti ne avevano intenzione. Di solito, dialogare con i demoni portava, invece, a finire smembrati.

    Molto bene, capitano. Ci sembra ci siano sufficienti elementi per ritenere che siate in grado di gestire adeguatamente la situazione. Com’è ovvio, vi incoraggiamo a tentare prima di tutto per vie diplomatiche e, ove queste dovessero fallire, a preferire soluzioni che non danneggino l’immagine di Vandyra.

    Un modo come un altro per dire che l’idea di una lega “grata” a Vandyra era preferibile al mostrarsi conquistatori inclini alle rappresaglie, fosse pure per giusta causa. L’immagine prima di tutto, per il bene del regno venturo.
    Sollevò il calice e si bagnò le labbra con l’ultimo sorso di vino.

    Per quel che concerne la vostra permanenza in Vandyra, potete considerarvi nostro gradito ospite fino al varo ufficiale della Ner’Verar.

    Sarebbe stato solo per un paio di giorni. Per questo sarebbe stato più semplice preparare a lui e al suo seguito alcune stanze nella sua dimora, piuttosto che cercargli una casa. Non era nemmeno detto che ne volesse una – cosa che kyne Torep aveva ritenuto imprescindibile. Del resto, un pirata viveva per e della sua nave, ma un Primo Capitano?
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    "Per quel che concerne la vostra permanenza in Vandyra, potete considerarvi nostro gradito ospite fino al varo ufficiale della Ner’Verar."
    Per scomoda che fosse, era un'offerta che non poteva rifiutare. Farlo avrebbe dato adito a qualche fastidio, ma non farlo poteva essere un problema.
    Anzi, a pensarci bene; avrebbe dovuto fare ritorno alla nave comunque, in vista della cerimonia, o per informare il suo equipaggio del nuovo stato delle cose. Sapevano dei suoi progetti, ma che fossero riusciti funzionalmente al gran completo era una nuova che riteneva giusto dar loro di persona.
    Sistemata quella faccenda, attendere qualche giorno non sarebbe stato un problema. Avrebbe potuto farlo ugualmente, senza intaccare il barile nel suo personale angolo della stiva, ma per quale ragione correre il rischio?
    "Vi ringrazio, Vostra Maestà, di questa vostra ospitalità. Ritengo sia debito, da parte mia, informare di persona l'equipaggio di ciò che avrà ad accadere nei giorni a venire. Con il vostro permesso, sarò di ritorno quanto prima."
    Erano sbarcati come sconosciuti pirati e avrebbero ripreso il mare con grado, titolo e prospettive di guadagno. Un bel cambio di registro per qualcuno che prima si era abituato a vivere e uccidere per un pugno di dobloni.
    Ciò che lo divertiva, però, era altro.
    Era soltanto l'inizio. Tutto partiva dalle cose semplici. Una nave, degli insulti via coppe magiche. Certo, esordi che qualche improvvisato storiografo, seicento anni in avanti, avrebbe detto modesti. Che facesse pure.
    L'avvenire era di chi osava.
     
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