Al chiaro di luna

Se non si fosse sbrigata ad arrivare in locanda, tutta la strada avrebbe sentito il suo stomaco borbottare. Maya la canzonava spesso per questo, quando viaggiavano insieme. Ora che avevano preso strade diverse, un po’ le mancava la sua maestra, ma al tempo stesso era eccitante viaggiare da sola e mantenersi con i frutti delle proprie capacità.
«Mi scusi! Può fermarsi un momento?» gridò una voce femminile alle sue spalle.
Altea si guardò intorno. Con chi ce l’aveva? Ah, forse con l’ambulante che stava spingendo il suo banchetto mobile di carabattole verso casa.
L’uomo si fermò e squadrò la potenziale cliente.
Anche Altea decise di darle un’occhiata.
Era una donna imponente, vestita di bianco e con un cappello a tesa larga che le incorniciava il viso. Aveva un’aria nobile, nonostante fosse a piedi e senza scorta.
Altea arricciò la testa. Bizzarro. Davvero, davvero bizzarro. Forse avrebbe fatto meglio a tornare alla locanda e non origliare, ma cosa poteva esserci di male nel prendersi una pausa? Erano in una strada ampia e affollata, dopotutto. Se la dama in questione non voleva essere sentita, non avrebbe fermato il venditore urlando davanti a tutta quella gente, no?
E l’ambulante non sembrava preoccupato di trattare lì dov’erano, visto che si era fermato sul ciglio della strada per permetterle di raggiungerlo, a una manciata di passi da lei. «Come posso esservi utile, mia signora?» le chiese, lezioso ed evidentemente ansioso di venderle qualsiasi cosa desiderasse.
Altea sorrise tra sé.

Non c’era nessuna ragione per fermarsi a origliare. Proprio nessuna. Anzi, probabilmente era inquietante, oltre che maleducato. E poi non era lei che un attimo prima moriva dalla voglia di tornare in locanda? Avrebbe fatto meglio a sbrigarsi, se non voleva anche rischiare di trovare la cucina chiusa. Solo che era come piantata lì, ad ascoltare la donna che spiegava all’ambulante cosa voleva e lui che ce la metteva proprio tutta per accontentarla.
Un bracciale? O forse un mantello? Ho proprio qui dei tessuti finissimi provenienti da Khalshara.»
«No, no, non ci siamo.»
«Forse preferisce una borsa a tracolla? O degli strumenti… guardi questa magnifica penna–»
«Banale!»
La trattativa si annunciava lunga. O se ne andava, o si inventava un motivo per rimanere, prima che pensassero fosse strana. Be’, in realtà era facile. Si avvicinò alla bancarella con tutta l’indifferenza che riusciva a fingere e si mise a giocherellare con le collane, saggiando i pendenti e le cordicelle con le dita, oppure sollevandone qualcuna per vedere come stava in contrasto con la pelle che si era scelta. Forse avrebbe potuto compare anche qualcosa, ma magari non l’ennesimo ninnolo.
C’era una bella spazzola d’argento, sul bancale di fronte alla donna.
Si avvicinò e si sporse a prenderla e ne accarezzò le setole con il pollice. Per i suoi capelli non legnosi sarebbe stata perfetta, ma forse costava troppo, per le sue tasche. Sembrava una cosa da ricche, con tutti quei decori; chissà com’era finita in mezzo a quel mucchio di cianfrusaglie. Ma dopotutto, perché non farsi un regalo? Di lì a due giorni avrebbe dovuto incassare una bella somma, dopotutto. Il problema era, semmai, avere abbastanza soldi sul momento. «Mi scusi, quanto viene?»
«Tre pezzi d’argento, signorina.»
Altea arricciò le labbra. Era tanto, ma meno di quanto temesse. Be’, poteva pensarci un po’; magari nel frattempo avrebbe capito anche perché tutto quell’interesse per una sconosciuta.

La spazzola era molto bella, ma l’attenzione di Altea era da un’altra parte. Anche se i suoi occhi scorrevano i bancali a caccia di un lampo d’ispirazione, le sue orecchie erano tese verso il dialogo tra la donna e il commerciante, che cercava di venderle in cappello. Altea lo sbirciò.
Era anche un bel cappello, con quella piuma che gli dava un’aria persino un’aria elegante.
Che fosse davvero l’ultimo rimasto (andato a ruba proprio quella mattina!), magari non era vero, ma l’ambulante ce la stava mettendo davvero tutta per chiudere l’affare. Avrebbe fatto lo stesso con lei?
«Che cosa guardi?»
La domanda della donna la fece sobbalzare. Non si sarebbe mai aspettata di essere approcciata direttamente. «Una spazzola!» La sollevò per fargliela vedere, anche se non ce n’era bisogno. Dea, perché doveva essere così nervosa? Aveva già avuto a che fare con gente altolocata e non era niente di speciale! Doveva solo comportarsi normalmente. «Penso la prenderò. È proprio bella.» Poco importava che il prezzo fosse troppo alto. Un altro giorno avrebbe mercanteggiato per un prezzo più decente, ma ora voleva solo allontanarsi il più velocemente possibile. Non le piaceva come la faceva sentire quella donna.
L’ambulante doveva averla sentita, perché le sorrise. «Ottima scelta, signorina! Vedrà che si troverà benissimo.»
Lo sperava bene, con quello che costava. Infilò la mano nella tasca della gonna e ne tirò fuori il sacchetto di monete per consegnare all’ambulante i tre pezzi d’argento.
L’uomo li accettò con un sorriso smagliante e si rivolse alla donna, sfregandosi le mani come se accarezzasse le monete tra i palmi.
Altea mise il borsello in tasca e la spazzola nella sacca che ospitava i suoi precedenti acquisti. Arricciò le labbra in un sorriso incerto. «Be’, buona serata» disse, anche se non era sicura nemmeo lei di a chi si stesse rivolgendo, e si girò per andare via, ignorando la strana sensazione che le rimescolava lo stomaco.