Il varo della Ner’Verar

09 fashar 1127 d.G.

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    Adalia SyntheDrow ✦ 471 ✦ Etero ✦ #001
    Il corteo si mise in movimento a partire dalla villa-reggia. Un piccolo drappello di armati in panoplie da parata (inadatte al combattimento ma belle da vedere) lo precedeva, seguito dal suo calessino – trainato da una giovane, elegante sajuta.
    Dietro veniva il resto della parata, dal neo-nominato Primo Capitano L’Estant, vestito a festa (i suoi abiti potevano dettare la moda della nascente Marina Regia?), ai suoi ufficiali e al resto dell’equipaggio tirato a lucido. A questi ultimi era affidato il compito di portare la bandiera, distesa perché tutti potessero vederla.
    Adalia sorrise dietro il ventaglio. Li stava letteralmente mettendo in mostra.
    Tutti dovevano vedere e rendersi conto di quale “scatto” Vandyra stava per fare verso la gloria. Tutti dovevano rendersi conto che, sì, grazie a quella bestia di legno che dormiva nel loro “porto” stava per muovere i primi passi verso la costruzione di un regno e, chissà, persino un impero.
    O sognava in grande, o non aveva senso sognare affatto.
    La parata tagliò in due la città, attraverso la folla assiepata ai bordi delle strade, affacciata alle finestre, che si sporgeva come poteva per guardare la regina.
    Malina la attendeva la molo, anche lei con una livrea degna del suo nuovo incarico. Non sarebbe certo salita su quella nave come una comune drow. Anche perché non lo era: a differenza sua e delle femmine della sua precedente patria, sapeva come usare la spada che portava al fianco. Avrebbe potuto sceglierne una da parata, invece aveva tenuto fede al suo dovere di proteggerla. Quando i maschi rallentarono e si disposero a farle ali ai fianchi, la maestra di palazzo venne avanti e le porse la destra, con la sinistra chiusa a pugno dietro la schiena.
    Adalia fermò la vettura e le cedette le redini, alzandosi. Con la mano ora libera strinse la sua e si lasciò aiutare a scendere dalla vettura come se ne avesse bisogno. Solo quando un maschio del seguito venne a prendersi cura della sajuta per spostare il calesse si concesse di avanzare verso la Ner’Verar.
    Vis Revar e i suoi ufficiali l’avrebbero raggiunta per occupare il loro posto di lì a un momento.

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    Vis Revar l'Estant

    Un vecchio aforisma diceva che l'Uomo era un animale militare, che sentiva la sua gloria nella polvere di ferro delle spade e amava le parate. A giudicare dalla folla, lo stesso poteva essere detto dei Drow.
    La popolazione di Vandyra - pardon, le royeaux capital - al gran completo aveva interrotto le sue occupazioni per guardare i suoi nuovi difensori che marciavano lungo la strada, asserragliati in una formazione larga abbastanza da sembrare più grande di quello che era.
    Chi non era sceso in strada, per paura o diffidenza, si era affacciato dalle finestre a guardare. Se non altro, gli abitanti avevano avuto la buona grazia di fare qualche schiamazzo e un po' di festeggiamenti. Quelli facevano sempre piacere.
    D'accordo, non era la Grande Marcia degli Heisennreitahr di Vyndenburgh, ma andava bene.
    Per l'occasione aveva scelto di vestirsi in modo da omaggiare la neonata bandiera regia, con dei buoni pantaloni blu appaiati a degli stivali neri, più che dignitosi.
    Era un capitano, non un corazziere, quindi ampie bordate d'acciaio e ferro erano più un impedimento che un utile. Limitarsi a schinieri, spallacci leggeri e bracciali era un'idea migliore che trasformarsi in una resa serie d'un cavaliere dello Nyeh. Aveva poi optato per un solido giustacuore nero prolungato in un sottile gambalone di scaglie, sul quale aveva indossato una lunga giacca a doppio-petto con i bottoni bianchi e le insegne in tono d'avorio.
    Se qualcuno l'avesse vista come l'uniforme da ufficiali per la Regia Marina di Vandyra, non gli sarebbe dispiaciuto.
    Non aveva rinunciato alla sciabola, la cui assenza sarebbe anzi stata assurda. L'aveva al fianco, mentre l'elmo di Iq'Davy Q'toll era stretto sottobraccio. Qualcuno si sarebbe spaventato alla sua vista, certo, ma avrebbero imparato a celebrarlo come un simbolo della loro potenza marinara, e una fonte di terrore per i loro nemici.
    Condusse il suo equipaggio dettando il ritmo, un passo dietro l'altro. Dùsh aveva spiegato alle anime di bordo come marciare in maniera ordinata e pulita, facendoli provare e riprovare finché non era stato soddisfatto del loro risultato. Al che di organizzare quell'evento, non aveva visto alcuna ragione per lasciarlo sulla nave.
    Prima o poi, aveva riflettuto, la gente si sarebbe accorta dello scheletro parlante che comandava i suoi assaltatori. Tanto valeva farlo sfilare con gli altri.
    Lui aveva gradito il gesto, lucidando la sua armatura e la cotta di maglia e procurandosi un pennacchio per l'elmo conico, ora sormontato da una riproduzione più che accettabile dei colori di Vandyra. Era lui a restituire i suoi ordini alla marcia, ribadendoli secchi e precisi dalla testa del picco degli alfieri.
    Vis Revar osservò il fermarsi del calesse e alzò la sciabola, portando la guardia innanzi al viso. Dopo un momento, goduto per quel che era, l'abbassò con un gesto secco e controllato, riportando la lama parallela alla gamba destra. Il quadrato degli ufficiali si staccò dal corpo delle anime di bordo, avanzando compatto dietro di lui.
    Il picco degli alfieri prese la sua destra e si piantò sull'attenti.
    Riposta la sciabola nel fodero, Vis Revar fece un passo in avanti. "Vostra Maestà" esordì, una mano sulla guardia della sciabola. "L'ammiraglia della vostra flotta."
    "Armi!" esclamò Dùsh, portando l'equipaggio al completo a piantarsi sull'attenti. Anche se erano pochi, riuscirono a scandire una bella eco di stivali e ferro lungo il porto.
     
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    Di solito, per lo meno dagli scritti che aveva letto durante la sua non così lunga esistenza, le città Drow appena fondate impiegavano diversi decenni, anche cinquanta e più anni, prima di riuscire a fare un sostanziale primo passo in avanti verso la loro espansione.
    Il fatto che Vandyra fosse riuscita a fare quel passo in soli venti anni non era affatto una cosa indegna di nota, anzi, doveva esserci dietro una considerevole nota di fortuna, vista la bestia che sedeva tranquilla nel piccolo porto della città, eppure si chiedeva quanto fosse fortuna e quanto fosse preordinato.
    Cercava di non posare eccessivamente lo sguardo sulla nave, dato che quelle cose le avevano sempre messo agitazione ed ansia: il mare era più oscuro e inospitale della Grande Xura stessa, e non le piacevano le cose che arrivavano dal mare. Di solito non erano doni, ma morte e distruzione, nascoste dal brillio del sole sulle onde chiare e bianche.
    Per questo non poteva che guardare con lieve sospetto al capitano e alla sua stranamente mal assortita ciurma.
    “Ma quello è uno scheletro?” si domandò Talera, osservando la ciurma e fissando lo sguardo sull’unico membro apparentemente privo di pelle. Una strana creatura, più adatta al sottosuolo che al mare, ma si poteva dire lo stesso del nano, eppure il primo capitano di Vandyra aveva anche quello, facilmente notabile dalla differenza d’altezza con gli altri membri.
    “Una combriccola interessante, non c’è che dire” pensò ancora Talera, risistemandosi il peplo rosso che aveva indossato su uno dei suoi più semplici vestiti neri: aveva pensato di vestirsi solamente di nero, ma poi aveva deciso che non era il caso, dato che sarebbe stato un passo troppo avventato. La Somma Sacerdotessa di una città veniva scelta dal collegio delle sacerdotesse, e tentare di prendere la posizione approfittando del fatto di essere l’unica non era una buona idea, specie se si fosse alienata il sostegno della regina nel farlo. No, meglio aspettare, come un ragno che attende la preda. Quel titolo sarebbe stato suo molto presto, con tutto il potere che ne conseguiva. Doveva solo aspettare che il primo capitano tornasse con un po’ di schiavi, perché il tempio venisse terminato. E nel frattempo avrebbe aspettato, placida, raccogliendo sostenitori, fondando alleanze e schiacciando chiunque pensasse di rubarle la preda da sotto il naso.
    Fu distratta dai suoi pensieri dall’arrivo della regina, in groppa a un bell’esemplare di Sajuta, che si fece aiutare a scendere dalla bestia – “Come se ne avesse bisogno” non poté che sogghignare lievemente Talera, nascondendosi dietro una mano – per poi osservare Adalia avviarsi verso la nave e la sua ciurma.
    Era un gran giorno per Vandyra, eppure Talera avvertiva un vago senso di preoccupazione pungolarle lo stomaco: le sacre scritture della Dea Ragno dicevano che grandi poteri e doni richiedevano un eguale pagamento. E la Kyne di Casa Torep non poteva che chiedersi che prezzo avrebbe dovuto pagare Valyria per quei doni.
    “Ci penserò quando dovremo pagare” decise alla fine, godendosi la cerimonia, i suoi fratelli ai suoi lati e Drise qualche passo più indietro, con una dei loro schiavi.
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    Adalia SyntheDrow ✦ 471 ✦ Etero ✦ #001
    Se non avesse avuto autocontrollo, Adalia avrebbe rischiato di mostrare la propria soddisfazione. Non che fosse un problema: era anche giusto che fosse soddisfatta, mentre Vandyra andava incontro al suo destino di potenza, preparandosi a invadere un’isola di superficie. Ma non era il momento di mostrarlo.
    Discesa dal calesse, si dispose in mezzo alle due ali di maschi in attesa del capitano L’Estant.
    Il maschio venne avanti con il suo seguito, capeggiato da uno scheletro. Dove accidenti lo avesse trovato era impossibile da dire, ma in fondo nemmeno aveva importanza.
    Quel coso che puzzava di magia (letteralmente) fino al midollo faceva la sua gran figura nel dettare il ritmo della marcia. I vandyresi se lo sarebbero ricordato per un bel pezzo.
    Vis Revar si fermò davanti a lei con l’elmo sottobraccio.
    Pensandoci con il senno di poi, avrebbe potuto far rappresentare quello sulla bandiera, ma sarebbe stato dargli troppa importanza e qualcosa le diceva che potesse esserci proprio quello sulla bandiera piratesca del suo Primo Capitano. Meglio non rischiare.
    «Vostra Maestà, l’ammiraglia della vostra flotta» annunciò il capitano, con una mano sull’elsa della sciabola.
    «Armi!» comandò Dùsh.
    L’equipaggio al completo scattò sull’attenti.
    Adalia sorrise loro e batté le mani un paio di volte. Pochi colpi, ma sufficienti a dare l’idea che la regina fosse soddisfatta di quella manifestazione di lealtà – vera o presunta che fosse. «Popolo di Vandyra, siamo oggi qui riuniti per celebrare un fausto evento, che porterà la nostra città alla gloria di guidare un regno.»
    Certo, il passaggio non sarebbe stato così immediato, ma il popolino non avrebbe colto queste sottigliezze. A loro sarebbe bastato sapere che stavano diventando importanti e che avrebbero fatto tremare le vene dei polsi alla gente di sopra.
    «Oggi la Ner’Verar assume il ruolo di nave ammiraglia della Regia Marina Vandyrana, ponendo le fondamenta per un futuro che, quando abbiamo lasciato Kanma non avremmo sognato. Oggi quel futuro si fa più vicino. Siate orgogliosi, perché potrete raccontare che quando si faceva la storia voi eravate presenti.» Fece cenno a Malina e a Vis Revar di venire avanti verso la folla.
    Malina avrebbe atteso che si muovesse lui per primo, come concordato.
    «Il capitano L’Estant assumerà il ruolo di primo capitano. La nostra maestra di palazzo, kyne Malina Lyroev, lo accompagnerà nel viaggio inaugurale. Capitano, desiderate dire qualche parola?»

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    I presenti non lo sanno ancora, ma l’intuizione di Talera è giusta: ogni conquista arriva con un prezzo da pagare. A seconda dei loro comportamenti, il prezzo di oggi potrebbe essere più alto o più basso.
    C’è qualcun*, nella folla, che non dovrebbe essere lì ad applaudire. Ha ricevuto ordini precisi e osserva. Per ora basterà. Forse.
     
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    Vis Revar l'Estant

    «Il capitano L’Estant assumerà il ruolo di primo capitano.» Annunciò Sua Maestà. La forma e la pompa, per quanto circoscritte, avevano voluto la loro parte in quella cerimonia. «La nostra maestra di palazzo, kyne Malina Lyroev, lo accompagnerà nel viaggio inaugurale. Capitano, desiderate dire qualche parola?»
    Finto di prendere un respiro, Vis Revar accettò l'invito. Fece un passo in avanti verso la folla, portando i suoi occhi dalla regina al primo rango della folla. In maniera del tutto comprensibile, non era numerosissima. Alcune centinaia di persone, praticamente solo drow, stipate lungo il respiro del bacino principale del porto.
    Strette in quel modo, con maschi e femmine che alzavano la testa per vedere cosa stava succedendo, davano l'idea di un assembramento più ampio e fitto di quel che il suo vero numero aveva da dire. Strinse gli occhi, sorpassando il primo rango per studiare i visi e le azioni della seconda fila. Sulla destra, un po' in disparte rispetto alcorpo più denso dell'assembramento, il suo sguardo trovò i coniugi Thenar e Dhyere.
    Si erano vestiti alla meglio per l'evento, probabilmente saccheggiando quell'angolino del loro armadio destinato ai giorni di festa. Il maschio si era messo in testa un lungo cappello che aveva visto giorni migliori, togliendoselo quando Sua Maestà aveva parlato, mentre la femmina si era messa uno scialle solo un po' scolorito.
    Kosh'Yaet non era con loro, il che era ottimo. Spaziando con lo sguardo a sinistra, Vis lo vide che cercava di passare dall'ala della seconda fila alla terza, spingendo per scivolare in mezzo agli adulti. Con sé aveva il campanellino con le crepe. Come d'accordo con i suoi genitori, se avesse scorto qualcosa di inusuale o bizzarro, l'avrebbe fatto tintinnare.
    Nessuno avrebbe potuto cogliere quel suono in mezzo al vociare, sotto ai rumori dell'evento... tranne lui. Se si doveva soffrire un'emicrania, meglio soffrirla per una giusta causa.
    "Con il vostro permesso, Vostra Maestà..." le offrì un cenno di rispetto, usandolo per rilassare un momento i suoi timpani. Che si rigenerassero più velocemente di quanto quei suoni li andavano a martellare non era un gran conforto. "In virtù dell'onore e del privilegio che mi riservate, vorrei cogliere questa grande occasione per assicurare ai vostri sudditi che la Ner'Verar e il suo equipaggio difenderanno Vandyra, ora e sempre, da qualsiasi minaccia."
    Spaventarli con la nozione che avessero già un nemico non serviva a niente, per il momento. Una sudditanza contenta, e che si sentiva al sicuro, era meglio di una agitata. Da che mondo a mondo, al popolino piacevano le navi da battaglia, le armature, le cerimonie e le guardie, ma non le guerre, se non aveva la certezza di poterle vincere.
    E quella sarebbe venuta, sì, ma non subito. Aguzzò lo sguardo, passandolo dalla folla alla figura della regina e poi da questa di nuovo alla folla. La non ancora tale Alta Sacerdotessa, kyne Torep, aveva un qualcosa di familiare in lei.
    "Siamo ai vostri ordini, Vostra Maestà, e siamo fieri di poter assicurare con le nostre vite la prosperità e la sicurezza che il vostro regno ha di diritto."
     
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    Il discorso della regina alla popolazione fu grande – anche troppo, probabilmente, contando che in realtà la Regia Marina contava una sola nave – ma la gran parte della popolazione non avrebbe capito quanto la portata del discorso fosse esagerata. Per loro era più che sufficiente pensare che a un certo punto sarebbero stati grandi, non importava né quando né quanto. Se c’era una cosa vera delle masse era che preferivano non avere certezze: lasciarli sognare era sempre un’idea migliore.
    E più grande il sogno meglio era. Ma in fondo quella era una cosa comune a tutti i Drow – e anche alla gente di sopra –: sognare in grande o non sognare affatto.
    Ciò che la stupì alquanto, invece, fu la strana sensazione che l’avvolse quando posò i suoi occhi sul neo Primo Capitano: aveva già visto quel Drow da qualche parte, ma non riusciva proprio a capire dove avesse potuto vedere un albino – un maschio, poi – che le avesse lasciato una impressione abbastanza forte da farle ricordare di averlo già visto.
    Notò lo sguardo dell’uomo scivolare sulla folla, se alla ricerca di qualcosa o meno non riuscì a capirlo, ma non le interessò più di tanto, impegnata a cercare di capire dove lo avesse visto. Eppure nulla le venne alla mente, e infine si limitò a sospirare e ad ascoltare le parole che il capitano rivolse alla popolazione.
    Aveva la sensazione che ci fosse qualcosa di strano in quello che disse: perché promettere di proteggere la popolazione? Non sarebbe stato meglio promettere ricchezze, vittorie e gloria nel viaggio inaugurale?
    "Hmmm… Non mi piace, c’è qualcosa che non va" pensò Talera, irrigidendosi un poco, seguita immediatamente dai suoi due fratelli: era stata una buona idea quella della madre, nell’allenarli assieme. Ora, nonostante le chiare differenze, riuscivano a comprendersi senza parlare. E, probabilmente, era qualcosa di cui avrebbero avuto bisogno a breve.
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    Adalia SyntheDrow ✦ 471 ✦ Etero ✦ #001
    Vis Revar venne avanti. «Con il vostro permesso, Vostra Maestà...»
    Adalia annuì. Era pura forma. Ogni gesto di quell’esibizione era stato concordato e poi provato, perché tutto riuscisse alla perfezione e desse al popolino qualcosa da applaudire e festeggiare.
    Il capitano le fece un cenno con il capo. Il suo discorso fu breve, incisivo e senza fronzoli.
    Qualcuno più acuto del popolino avrebbe potuto leggervi più di quello che il capitano aveva detto. Ma, a parte kyne Torep, chi rispondeva a quel requisito?
    A parte Malina, nessun drow, né femmina né maschio, aveva assistito alla lor conversazione, né poteva immaginare cosa c’era all’orizzonte. La conquista dell’isola di Kyre che si intravedeva dalla costa era solo il primo passo per schiacciare gli Uomini Cornuti. Ma era presto per annunciare qualcosa del genere. Li avrebbero solo spaventati, peraltro inutilmente.
    Per il momento, potevano lasciarli festeggiare.

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    Ignara della serpe che striscia tra i suoi sudditi, Adalia si godrà probabilmente questa giornata. Forse.
    Anche se ancora non ne hanno la conferma, i sospetti di Talera e i timori di Vis Revar sono fondati.
    L’idea del vampiro di mandare Kosh’yaet a curiosare in giro è stata buona. Il ragazzino si è staccato dai suoi genitori con la scusa del suo infantile entusiasmo, mentre loro applaudivano quella regina che ha dato loro la possibilità di provare a costruirsi un futuro che non fosse marcire all’angolo di una strada troppo popolata. Questo è quello che dicono loro, almeno. Lui non ci ha capito molto: gli pare che facciano ancora quello che facevano a Kanma, cioè vendere pesce. Ma, se i suoi sono contenti, a lui basta farsi qualche moneta da quel bizzarro albino.
    Tiene stretta la campanella e se la rigira tra le dita nella tasca. Non deve perdere la sua fonte di guadagno, per nessuna ragione. Va tenuta più stretta degli amici e pure dei nemici; questo l’ha imparato bene.
    Finora, però, non è successo ancora niente di degno di nota. La folla ha applaudito, lui ha tagliato qualche borsa, un paio di cappelli sono volati in aria per acclamare la regina. Tutto dimenticabile, come i brutti vestiti e i discutibili scialli di un gruppetto di femmine accompagnate da schiavi tenuti al guinzaglio.
    Be’, essere nobili non concede il dono del buongusto.
    Ridacchiando, schiva un maschio allampanato e con le mani sporche di carbone, ma vestito troppo bene per un minatore. Lo bolla come artista e quasi inciampa addosso a Talera nel cercare di guardarlo meglio. «Oh, ca…»
    È una sacerdotessa.
    È quasi sicuro che Vandyra non abbia un tempio, però ne ha viste altre vestite come lei, a Kanma. «V-Vostra eccellenza, m-mi… mi dispiace.» Per fortuna, non ha fatto danni. Ha imparato quanto pericolosa possa essere una sacerdotessa arrabbiata. «Farò il possibile per rimediare.» Altro non può promettere. Già offrirle un dito può rivelarsi pericoloso. Cederle entrambe le braccia sarebbe ben più che troppo. Si mangia le unghie, mentre aspetta la sua risposta, pronto a filarsela più veloce che può.
    Dietro di lei, la ragazzina con le brutte orecchie lo guarda. È vestita bene, quindi non è una serva, però non osa parlare se non interrogata. Gli armati ai loro fianchi, invece, paiono statue, più mute dei suoi pesci.
    Potrebbe svignarsela, ma una strana puzza lo distrae. Si volta.
    L’odore viene da un maschio che indossa un bizzarro cappello e non è altro che un costoso profumo a base di bergamotto, gelsomino e sandalo, in cui il Signor Cappello ha evidentemente fatto il bagno. Kosh’yaet non può saperlo, ma lo scopo è nascondere un altro odore, più delicato e sottile: quello della magia che impregna la sua pelle per renderlo irriconoscibile. Il Signor Cappello sperava, con questo sistema, di stordire l’olfatto di eventuali maghi e confonderli. Non è un’idea sbagliata, ma ogni problema ha una soluzione. Basta trovarla.


    Edited by Maððie - 27/4/2020, 02:01
     
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    Vis Revar l'Estant

    Per completare il varo non restava che l'alzabandiera ufficiale, seguito dal lancio della bottiglia sullo scafo. Che non fosse propriamente un varo, poiché era tecnicamente la dedica di un vascello già nominato ad uno stato di ammiraglia, era un discorso per un altro giorno. Come per ogni altra cosa, c'era un tempo ed un luogo per tutto.
    "Vostra Maestà" disse Vis Revar. "L'equipaggio è pronto per l'insediamento della bandiera regia. La parola è vostra."
    Avrebbe colto quel momento, con la richiesta alla regina di avvicinarsi allo scafo, per scrutare ancora la folla. Siccome questa si sarebbe avvicinata per seguire l'alzabandiera dalla minima distanza di sicurezza, i suoi ranghi chiacchieroni e larghi si sarebbero sciolti e riformati.
    Gli alfieri le avrebbero offerto il vessillo; era costume, dopotutto, che il sovrano portasse l'emblema sulla nave in compagnia del quadrato ufficiali. Non era tenuto ad issarla, quello era un compito degli ufficiali, ma la sua presenza era un cerimoniale necessario.
    Nonché un'occasione.
    Guardando la regina mentre le diceva quelle parole, Vis Revar sentì Kosh'Yaet sbattere. Allungò lo sguardo al ragazzino, trovandolo quasi a incespicare su kyne Torep. Ah, povero tristanzuolo. Non poteva rompere la cerimonia in corso per dirle di lasciarlo stare; al di là dell'assurdità che sarebbe stata una simile azione, al momento quel brigante non valeva tanta copertura.
    Al momento. Aveva piani in futuro per lui, quindi sarebbe stato cortese da parte di kyne Torep non ucciderglielo. Chissà perché quel senso di familiarità, comunque. Dove l'aveva già vista? E quando?
    Aggrottando la fronte per un momento, breve abbastanza da non essere notato, Vis Revar avrebbe scorto una figura presso la nobile sacerdotessa, quella contro cui Kosh'Yaet era quasi andata a sbattere. Vi avrebbe visto un maschio con un largo e peculiare cappello, corredato di due piume cadenti oltre l'ampio colletto della giacca. Vedendo la benda sull'occhio destra e la sciabola alla cintura, avrebbe tratto l'idea che si potesse trattare di un avventuriero, con qualche scontro sulla cintura.
    Un forestiero, dunque.
    L'avrebbe tenuto d'occhio. Se si fosse avvicinato, avrebbe potuto sentire bene il suo odore e magari il suo battito cardiavo. Poteva farlo, ma da quella distanza non sarebbe riuscito a trarre un ritmo dignitoso; c'erano troppi rumori e odori di sottofondo.
     
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    Stava cercando di godersi la cerimonia – e, davvero, non riuscire a togliersi dalla testa la consapevolezza di aver già visto il primo capitano da qualche parte, ma proprio non riusciva a ricordare dove. Doveva arrivare a ricordare, perché poteva essere una informazione alquanto importante. Ah, a volte avere vite lunghe era davvero un problema, vista la quantità di ricordi che ti si accumulano in testa.
    I suoi frustrati pensieri vennero interrotti da uno scarafaggio che per poco non le si schiantò addosso, evidentemente troppo occupato a non guardare dove andava. Quando la vide e capì su chi era quasi andato a sbattere, impallidì di botto, così tanto che per un attimo Talera pensò che le sarebbe svenuto di fronte senza troppe cerimonie, per poi mormorare delle sommesse scuse e un «Farò il possibile per rimediare».
    “Il possibile? Oh, sei meno stupido di quanto non sembri” pensò Talera, i suoi occhi puntati sullo scarafaggio, e per questo notando immediatamente quando si voltò, puntando gli occhi su qualcosa dietro di lei, e non poté che seguire lo sguardo del marmocchio, per vedere cosa di tanto particolare potesse allontanare la sua attenzione dalla sua possibile morte violenta.
    Ciò che si trovò davanti – o, meglio, dietro – fu un individuo piuttosto particolare, con uno strano cappello a tesa larga e due piume che pendevano da esso. La benda sull’occhio sinistro, i vari orecchini e l’abbigliamento suggerivano un forestiero o un avventuriero. Talera per un momento rimase alquanto sorpresa, dato che avventurieri e forestieri non erano esattamente una vista comune a Vandyra - la città era ancora troppo piccola per attirare quel genere di attenzione - ma ciò che quasi parve arrivare appositamente a confermare i suoi dubbi fu l’odore di bergamotto, gelsomino e sandalo che le giunse dall’uomo, così forte da stordirla nonostante il suo naso fosse tutt’altro che buono, dopo i secoli passati a fare uso d’incenso nel templio della sua vecchia città.
    “E perché mai un avventuriero dovrebbe usare così tanto profumo?” si domandò, irrigidendosi nuovamente. Oh, no, qualcosa qui puzzava, e sì, decisamente quel maschio c’entrava qualcosa. Non le piaceva per niente, e sperava non fosse qualcuno mandato dalla sua vecchia madre patria per lei. Ci mancavano giusto quegli insetti, a tentare di rovinarle i piani, ora che finalmente aveva iniziato con il piede giusto.
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    «Vostra Maestà, l'equipaggio è pronto per l'insediamento della bandiera regia. La parola è vostra.»
    Non avrebbe dovuto distrarsi. Come aveva potuto commettere quell’imperdonabile errore? Si era bloccata e poco importava che nessun altro lo avrebbe notato. Lei lo avrebbe saputo e il proprio giudizio su se stessa era più che sufficiente.
    Annuì in direzione di Vis Revar e si avvicinò allo scafo, seccata con se stessa per quel momento di ritardo. Qualcosa le aveva morso la coscienza abbastanza forte da spostare il baricentro della sua attenzione, ma ora non riusciva più a definire cosa fosse. Istinto? Allarme? Pura e semplice paranoia? Al momento, puntava sulla terza opzione, ma non faceva differenza.
    Accettò la bandiera dall’equipaggio e, accompagnata dagli ufficiali, salì sulla nave. Lì, avrebbe assistito con calma alla parte della cerimonia che il popolino si aspettava.
    Si appuntò anche, in un angolo della mente, che avrebbe dovuto commissionare un inno degno di Vandyra. Per questa volta non ce n’era stato il tempo, ma l’effetto sarebbe stato anche migliore, per quel genere di eventi. Per quella volta si sarebbe accontentata.

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    Kosh’yaet guarda Talera con quel timore reverenziale che tutti i maschi, specie gli impuri, provano verso le sacerdotesse. Si sente graziato (anzi, sa bene di esserlo), perché lei non ha ancora dato ordine ai suoi armati di arrestarlo per offrirlo in sacrificio a Xura.
    Si è voltata e ha guardato il bizzarro maschio con la benda sull’occhio che ha attirato la sua attenzione.
    Quel tizio puzza da morire e lui non è il solo a notarlo. Anche i maschi accanto alla sacerdotessa lo hanno notato, da come arricciano il naso. Ma non hanno il coraggio di starnutire.
    Kosh’yaet non aspetta altro. Mentre lei è girata, lui se la svigna. Nascondendosi tra la folla, nota Vis Revar che si avvicina a Talera, ma non perde tempo a interrogarsi in merito. Suonare la campanella, ora, servirebbe solo a metterglielo contro e chissà che non abbia pure l’autorità per arrestarlo o farlo impiccare. No, meglio ricongiungersi ai suoi.

    Il Signor Cappello, intanto, ha notato due cose: la prima è che Talera e Vis lo stanno guardando; la seconda è che Talera indossa le vesti sacerdotali. Almeno una dei due può scoprire fin troppo di lui, standogli così vicino.
    Vis Revar non potrà rilevare dal suo battito cardiaco: è come quello di qualsiasi altro drow in una situazione di rilassamento. Ma non lo sarà ancora per molto: il Signor Cappello ha deciso che è molto più saggio seguire l’iniziativa del marmocchio e allontanarsi.
    Sorride a Talera con tutta la sfacciataggine di qualcuno che si considera al di sopra – o al di fuori – delle regole e che è abituato a piacere alle femmine. È, o almeno ritiene di essere, un seduttore. O forse spera che questo la sorprenda abbastanza da rallentarne la reazione, mentre lui arretra e si nasconde dietro un gruppetto di allegri amiconi. Solo il Fato lo sa.
    Sia Vis sia Talera riusciranno a sentire l’eco dei suoi passi: le suole dure risuonano nella folla. Per ora il suo passo è lento, intralciato dalla folla, ma lo stesso vale per loro e lo sbocco della strada principale che dà sul molo non è lontana. Poco più di una trentina di passi dall’ultima fila di folla, a occhio.
    Se riesce ad arrivarci, è salvo e potrà riportare alla sua signora le informazioni che gli ha chiesto.


    Edited by Maððie - 27/4/2020, 02:03
     
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    Quella di avvicinarsi era stata una buona tanto quanto brutta scelta. Da un lato aveva fugato un dubbio, ma dall'altro era stato assalito da un miasma pestilenziale. Era denso e pungente, come se qualcuno gli avesse spinto una daga ammantata di troppi odori in contrasto tra loro dentro il setto nasale.
    In quantità più calmierate, almeno per l'olfatto di un comune drow, le componenti di quell'odore non sarebbero state tanto pestilenziali, ma prima ancora di poterlo sentire con chiarezza, Vis Revar aveva visto kyne Torep e i suoi fratelli messi a disagio dall'effluvio. Dalla Ner'verar, il loro tollerarlo a mal partito gli era risultato alquanto sospetto.
    L'olfatto delle sacerdotesse era come la vista delle talpe. Anni d'incensi e oli lo rovinavano, assordandole a molti odori e agli effluvi più morbidi. Per sentire qualcosa, ed esserne al contempo tanto disturbata, l'odore non poteva che essere molto, molto forte. Accorciando la distanza tra lui e il capannello attorno a kyne Torep, Vis Revar si era reso conto di quanto lo fosse.
    Era pesantissimo. Una pungente mistura di bergamotto, gelsomino e sandalo. Lo copriva come una fitta tela, avvolgendolo da capo a piedi. Un mantello, davvero.
    In mezzo alla cacofonia della folla, però, la sua idea iniziale non poteva che naufragare. Anche da vicino, il rumore del suo battito cardiaco era troppo labile. Forse, concentrandosi maggiormente, avrebbe potuto isolarlo e ascoltarlo, ma a spese di altri sensi e del dedicarsi futilmente solo a quella ricerca.
    Era un vicolo cieco, quindi tanto valeva avvicinarsi.
    Per quanto deludente fosse scoprirlo, scartare quell'idea toglieva di mezzo il doversi arrovellare attorno ad un'ipotesi, costringendolo a prendere per Drow quel guercio con il cappello. Allo stesso tempo, più che rispondere ad una domanda, ne suscitava delle altre, tutte valide e nessuna troppo piacevole.
    Vandyra era una città-stato neonata, troppo piccola per attirare gli interessi dei normali avventurieri.
    Le lingue lunghe che erano espatriate per cercare fortuna altrove erano state zittite dopo l'aver finito di essergli di qualche utilità. Era passato del tempo dalla loro scomparsa e, se un vecchio detto aveva un qualche valore, i morti non raccontavano storie. Quindi; o ve n'erano state delle altre che gli erano sfuggite ed aveva buonissime ragioni per dubitarne, o quell'individuo non veniva dallo stesso gruppo che era esulato altrove, oppure non era legato a loro da alcun vincolo.
    Il che poteva voler dire che proveniva da qualche altra regione di Linelor. Forse la metropoli? Se così fosse stato, perché avrebbe dovuto nascondersi dietro tutti quei profumi?
    Scansando un paio di spettatori ancora ammaliati dalla sua nave, Vis Revar s'accigliò. I misteri erano di suo gusto, sì, ma solo entro una certa soglia. Avvicinandosi a kyne Torep, sentiva quell'odore spingere con più forza contro le sue narici. C'era un punto dove un profumo smetteva d'essere gradevole e diventava fastidioso. Senza necessariamente voler male a Mishré Avventuriero, quella soglia se l'era lasciata addietro da un molesto lasso di tempo.
    Vis Revar carezzò la guardia della sciabola. Kyne Talera era un punto di riferimento ben visibile in mezzo alla folla, con i suoi abiti e lo status che la caratterizzava in quella nascente cittadina. Più di quello che poteva essere saggio, dovendo essere onesti. Per coprirsi tanto con odori così pungenti, o si voleva fare colpo, oppure si voleva nascondere qualcosa.
    Ma se fosse stata vera la prima ipotesi, l'avventuriero si sarebbe fatto avanti in qualche modo. Una frase, un gesto più o meno eclatante, un'azione.
    Qualcosa, qualsiasi cosa, per mettersi in mostra. E ciò ignorando volontariamente il fatto che uno spettatore comune, o timorato come lo poteva essere Kosh'yaet, avrebbe girato al largo da lei alla prima occasione utile.
    E infatti, il ragazzino si stava allontanando. Era comprensibile che facesse così. Non l'aveva assoldato perché era un cuor di leone.
    Si sarebbe potuto dimostrare un po' più utile, certo, ma c'era tempo perché maturasse. Spostando una fornaia che aveva assistito alla cerimonia con un apprezzabile entusiasmo, Vis Revar strinse la sinistra. Kosh'Yaet si stava allontanando con rapidità, scivolando nei flutti della folla che era venuta ad assistere.
    L'intensità dell'odore cresceva, scavalcando quello degli altri presenti. In una diversa occasione, si sarebbe chiesto che cosa l'avesse spinto a buttarsi addosso tutti quegli effluvi in una così grande quantità. In quella? Non era la domanda giusta da porsi. O da fare direttamente a lui, una volta bloccato.
    Avvicinandosi alla sacerdotessa, poteva vedere i fratelli di mademoiselle Talera che si contenevano con pregevole pazienza. E anche che l'avventuriero bendato aveva notato tanto lo sguardo della sacerdotessa quanto il suo. Voleva gareggiare? E allora avrebbero gareggiato.

    Tallonarlo sin da subito, dopo che per tutto quel tempo si era diretto incontro a kyne Torep, avrebbe potuto spingerlo ad accelerare o cambiare direzione. Da come si stava allontanando, Vis Revar avrebbe potuto cogliere che mirava ad imboccare la via maestra per lasciare il porto, incrociando in mezzo alla folla che ancora la occupava. Quella l'avrebbe rallentato, sì, ma a costo di trovarsi in mezzo al cammino tanto suo quanto dell'avventuriero.
    Però aveva una benda. Un lato era cieco, a meno che quella non fosse un falso o un camuffamento. E c'era un modo per scoprirlo, sapendo che se da quell'occhio avesse visto, sarebbe stata un'altra prova della sua sospetta natura. Avrebbe quindi raggiunto la sacerdotessa e i suoi fratelli, lasciando stare l'ascolto del battito cardiaco dell'avventuriero per concentrarsi, invece, su quello dei suoi passi.
    Era più facile da seguire; pungeva la strada una falcata alla volta, il passo marcato da suole dure. Non aveva la precisione meccanica di un orologio di Alantha o di Arevhrìl, ma possedeva il suo distinto ritmo. In mezzo alle molte voci della folla, seguirlo era tallonare un colpo dopo l'altro, filtrando quanto non gli era di alcun uso.
    Prima di rivolgersi alla sacerdotessa e ai suoi fratelli, Vis occhieggiò la figura dell'avventuriero. Il suo cappello era vistoso almeno quanto l'odore con cui si copriva. Essendosi avvicinato, poteva sentirlo con maggiore chiarezza. Da come gli pizzicava il naso, Vis Revar pensò che se fosse stato vivo non sarebbe stato affatto facile non starnutire.
    Buona cosa, quindi, che non lo fosse.
    Quanto tempo poteva spendere per vincere l'appoggio di kyne Torep? Lei stessa aveva guardato con sospetto quel drow, quindi poteva essere che cogliesse il senso dei suoi gesti senza perdersi in chiacchiere? Sarebbe stato persuasivo con i suoi fratelli, potevano tornargli utili, lasciando che lei cogliesse il resto.
    "Vostra eminenza" le avrebbe detto, esordendole offrendole un rapido cenno di rispetto. Non era ufficialmente la somma sacerdotessa, ma era una distinzione che avrebbe volentieri scavalcato in quel momento. A che sarebbe servita, se non arrecarle un guizzo di fastidio? "Ho ragioni per sospettare di quell'individuo, il drow guercio. Ha notato che lo stavamo osservando e se ne sta andando, adesso. Potrebbe essere un forestiero giunto a spiarci."
    A quel punto avrebbe controllato un'altra volta dove egli fosse in rispetto al moto della folla. Il suono dei suoi passi e l'aroma dei suoi troppi profumi lo rendevano, ormai, facile da individuare e marcare in mezzo agli altri astanti, quindi l'avrebbe tenuto d'occhio e, appena finito di parlare, si sarebbe mosso nel suo angolo cieco.
    "Vi chiedo di aiutarmi a bloccarlo."
    A quel punto si sarebbe mosso, tendendo i suoi sensi attorno a sé. Avrebbe cercato d'isolare lo straniero in una mappa fatta di movimenti che ai suoi occhi non avrebbero che potuto apparire come lenti e suoni che scorrevano sopra, sotto e a mezz'aria. Passi, parole, sospiri, urti, spinte, lo scalpiccio e lo sciabordio della fotta.
    Avrebbe dovuto filtrare l'inutile, restringendo il campo sino all'indispensabile per non perderlo né di vista né d'olfatto. Strano a dirsi, ma in quel caso poteva valere come espressione. Sarebbe stato un mosaico, reso possibile dal premere sulle sue percezioni da vampiri, in cui lo straniero sarebbe dovuto risaltare.
    Spostandosi lungo il suo angolo cieco, in mezzo alla folla, Vis Revar avrebbe cercato un punto dal quale poterlo guardare a figura intera. Non era sua intenzione colpire qualche passante innocente, non ne avrebbe ricavato alcunché, e gli sarebbe servito poter scavalcare quel gruppo di possibili amici in cui Mishré Cappello stava cercando di nascondersi.
    Se avesse goduto di una visuale perlomeno decente, in grado d'abbracciare la figura dello straniero dall'altezza della benda fino agli stinchi, allora Vis Revar avrebbe chiamato a raccolta la sua magia.
    Sarebbe stato necessario un colpo assolutamente preciso; sufficientemente forte da spingerlo a terra, ma non abbastanza da uccidere il fuggiasco. Se fosse morto sarebbe stato del tutto inutile.
    Quindi, avrebbe dovuto scagliarlo non solo nel momento in cui un varco si sarebbe aperto a sufficienza tra la folla da dargli un bersaglio ben delineato, ma colpendo il punto in cui lui si sarebbe trovato.
    Avvicinandosi aveva studiato la sua andatura; non lasciandosela sfuggire, ora, l'avrebbe usata per trarre la lunghezza del suo passo, l'ampiezza della falcata e la velocità con cui egli si muoveva. Erano numeri, come i venti in mezzo al mare, e come tali potevano essere sciolti in una previsione, se si era attenti a sufficienza.
    All'altezza dei primi tre gradini sarebbe stato abbastanza allo scoperto? Oppure al quarto? Le scale l'avrebbero rallentato ulteriormente, dandogli una più ampia finestra per quel tiro. In anticipo, avrebbe tratto indietro il braccio destro, chiudendo la mano a pugno, e alzato la sinistra perché facesse da scocca.
    Sarebbe stato come azionare una balestra, scambiando il beccheggiò della nave per l'andirivieni delle persone. Le onde erano le persone, ma la differenza chiave sarebbe stata che il terreno non ondulava. Era saldo, con un angolo di rialzo a sufficienza per permettergli di prendere la mira. Si sarebbe assicurato di non avere persone attorno, prima, per non rischiare un urto. Avevano visto e avrebbero visto la sua uniforme e quel che significava, ma non si era mai troppo sicuri.
    Pertanto, avrebbe lasciato che per un secondo, la sua natura li spingesse a girare al largo, dandogli respiro. Come poteva attrarre, se convogliata in un certo senso, così poteva allontanare e generare timore se lasciata scorrere in altro modo. Erano armi, nient'altro, che quelli come lui avevano da quando esistevano.
    Tenendo il forestiero lungo la linea del braccio sinistro, Vis Revar avrebbe convogliato e costretto una massa d'aria attorno al suo destro. L'avrebbe avviluppata dentro invisibili catene di pressione, così da non farla scappare, e l'avrebbe tesa e tesa, spingendola a risalire fino all'altezza del suo gomito.
    Sarebbe stata una corda che incoccava un dardo, o il laccio che poneva in tensione i bracci di una fionda o di un onagro; il proiettile, una schiacciata massa d'aria appunta e assottigliata, si sarebbe concentrato attorno al suo pugno, stringendo sulla sua pallida carne di non-vivo. L'aria che tirava, ancorata ai lati, avrebbe caricato d'energia il colpo, spingendolo contro il palmo e le ossa delle nocche. Tenendo d'occhio il suo obbiettivo, avrebbe mirato davanti alla rotula destra, dove questa sarebbe stata secondo il ritmo che il forestiero aveva dato al suo passo. A quel punto, quando lui sarebbe stato in posizione, avrebbe fatto scattare la corda lasciando andare la pressione con la mano sinistra e scoccato in avanti il pugno destro per imprimere la giusta direzione al colpo.
    Non doveva essere letale, ma azzopparlo. Talera e i suoi fratelli sarebbero sopraggiunti per bloccarlo.
     
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    Nonostante tutta l’attenzione di Talera fosse ormai completamente puntata sullo straniero, che la pungolava in uno strano modo, con il suo bizzarro modo di vestire e la sua particolare e altamente sospetta scelta di profumi, notò, con la coda dell’occhio, lo scarafaggio approfittare della sua disattenzione – o meglio, incuria totale – per allontanarsi velocemente tra la folla.
    "Oh, beh, lo schiaccerò la prossima volta" pensò, mentre continuava a tenere gli occhi fissi sul maschio che si stava tranquillamente e lentamente allontanando, costretto a un passo non troppo veloce dalla folla che il popolino aveva creato per poter vedere la prima nave della flotta di Vandyra.
    Talera aveva la netta e severa sensazione che, se se lo fosse lasciata scappare, dopo avrebbe avuto parecchi problemi: il fatto di sentire degli occhi piantati sulla sua schiena da qualche parte dietro di sé non faceva che aumentare quella sensazione.
    Doveva fermarlo dall’andarsene, le diceva l’istinto – lo stesso istinto che nei secoli le aveva salvato la pelle più di una volta – e si mosse lievemente sulla destra per tenere gli occhi puntati sulla figura, non senza qualche difficoltà, vista la massa di scarafaggi che si era accalcata per la cerimonia.
    "Se non posso prenderlo dall’alto dovrò farlo dal basso" rifletté, solo per trovarsi bloccata dalla voce che meno si aspettava di sentire in quel momento, ossia quella del capitano Vis Revar.
    - Vostra Eminenza richiamò la sua attenzione, rivolgendosi a lei nel modo di solito usato per le Somme Sacerdotesse, ma Talera non si mise a correggerlo: era evidente che se le si era avvicinato c’era un motivo piuttosto importante, e non aveva intenzione di interromperlo con sottigliezze poco importanti.
    - Ho ragioni per sospettare di quell'individuo, il drow guercio. Ha notato che lo stavamo osservando e se ne sta andando, adesso. Potrebbe essere un forestiero giunto a spiarci. Vi chiedo di aiutarmi a bloccarlo. Il capitano non si fermò ad attendere una sua risposta ma si mosse di lato e avanzò nella folla.
    Talera fece un cenno ai suoi fratelli, lasciando che si movessero come più ritenevano opportuno – non avevano ricevuto quattrocento anni di addestramento per nulla, in fondo – e poi si concentrò sulla sua magia, socchiudendo gli occhi e portando la totalità della sua attenzione sulle proprie riserve magiche e sulle ombre che la circondavano. Il bello del suo potere era che più ombre aveva a disposizione, maggiore portata e potenza avevano i suoi incanti.
    Si concentrò profondamente, e una alla volta, unì la sua ombra a quelle delle persone attorno a sé, usandole per trarne forza: prima quella di Drise, poi quella dello schiavo affianco a lei, poi quella del gruppo di femmine nobili subito alla loro sinistra, e man mano che le ombre si univano alla sua, l’ombra di Talera cresceva in lunghezza e larghezza, come una macchia d’olio al cadere del contenitore che lo conteneva. Era come costruire un castello con i mattoncini che certe specie davano ai loro figli, ogni pezzo andava aggiunto in un punto specifico, o sarebbe tutto crollato come sabbia sotto i piedi di un bambino.
    “Ancora, allungati ancora” pensò Talera, prendendo ogni ombra che riusciva a trovare, e sentendo il sudore colarle sul collo, nascosto dai capelli che aveva lasciato sciolti per l’occasione. Se non ci fosse stata tutta quella gente di mezzo avrebbe potuto semplicemente attaccarlo, ma uccidere metà della città per un singolo uomo sarebbe stato oltre l’assurdo. Continuò a lavorare sulla propria ombra, e solo quando questa fosse arrivata subito sotto il fuggiasco avrebbe agito, facendo sì che le mani dell’ombra afferrassero l’uomo per i piedi, bloccandolo e impedendogli di proseguire oltre. Non sarebbe durato molto, forse mezzo minuto se nulla fosse riuscito a distruggere la sua concentrazione, dato che non era affatto una magia facile da gestire, specie in un simile luogo pieno di stimoli esterni, ma sperava fosse sufficiente perché il capitano o i suoi fratelli riuscissero ad afferrare quello stolto che aveva pensato di andare a ficcare il naso a Vandyra.
    Oh, lo avrebbe sacrificato a Xura, una volta che la regina e il capitano avessero finito con lui, su quello era certa. E già pregustava l’odore del suo sangue bagnare le fondamenta del Tempio.
    Non riusciva quasi a trattenere l’eccitazione, ma prima dovevano prenderlo.
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    Il Signor Cappello si sta allontanando. Ha informazioni sufficienti per accontentare la sua signora, o almeno per tenerla buona qualche tempo. Sempre che non decida di avere una reazione esagerata delle sue, ma lo scoprirà solo quando sarà troppo tardi.
    Prima, però, deve riuscire a tornare a casa sano e salvo. Gli sembra di riuscirci, anche sentire alle proprie spalle la voce di Vis Revar che si rivolge alla sacerdotessa non lo rassicura affatto. Cos’hanno in mente? In ogni caso, si dice, è inutile preoccuparsi di quello che non può controllare. Meglio concentrarsi sull’uscire dalla calca, piuttosto.
    Sgomita per farsi largo, suscitando ben più di una protesta. Ma l’unica cosa di cui ora gli importa è mettere più distanza possibile tra lui e quell’improbabile duo: la sicurezza con cui Vis Revar ha chiesto aiuto a Talera non gli è piaciuta. Come se sapesse di poterlo fermare.
    Non ha idea se Talera abbia accettato o meno di aiutarlo, ma sente di sicuro i suoi fratelli avvicinarsi: si sono messi a inseguirlo e la gente giustamente li scansa per evitare un contatto non richiesto con le loro armi – o anche solo con i loro guanti di metallo, se è per quello. Lui è del loro stesso parere, del resto.

    La conseguenza imprevista è che l’ombra a cui Talera può attingere è meno densa di quanto la sacerdotessa si potrebbe auspicare e deve fare uno sforzo in più per allungarsi verso il bersaglio e agganciarsi alla sua caviglia. Questo le genererà un generico fastidio, niente di più di un lieve prurito alla bocca dello stomaco.

    Il Signor Cappello sbotta e guarda in basso, sentendosi strattonare. «Dannazione!» Una sacerdotessa dotata di magia è l’ultima cosa che gli serve. Tira e strattona, come se servisse a qualcosa.

    Intanto, Vis ha ottenuto quel che voleva: la gente gli ha fatto spazio, intuendo che contrariare il maschio appena nominato Primo Capitano dalla regina non è una grande idea. Forse, inconsciamente qualcuno ha intuito anche che è pericoloso, che gli fosse chiaro o meno il motivo.
    Così, Vis Revar si trova libero di alzare il braccio e caricare il pugno.
    Nessuno si sogna di fiatare, anche chi lo sta guardando.
    Con la visuale libera, Vis rilascia il colpo. Mira alla gamba.

    Il Signor Cappello riesce a liberare la caviglia, o forse è l’incantesimo che si è allentato per conto suo. Non lo saprà mai. Non fa in tempo ad avanzare di mezzo passo che la tibia della gamba ferma si spezza di netto. Il dolore lo acceca in un maremoto di puntini bianchi. Cade a terra, non sa nemmeno se per il dolore o perché la gamba non lo regga. Probabilmente entrambe le cose. Se la tiene stretta al petto, mentre la folla attorno a lui borbotta.
    «Ben gli sta!»
    «Ha avuto quello che si meritava!»
    «Così impara a dare gomitate in giro…»

    Quella gente neanche sa di cosa sta parlando, ma si sente in diritto di giudicare. Comodo, quando si sta dal lato del potere. Probabilmente, se sapessero a cosa sta per andare incontro, gongolerebbero ancora di più.
    I fratelli di Talera sopraggiungono mentre ancora agonizza. Lo afferrano per le braccia, uno per lato, e lo trascinano a peso morto al cospetto della loro signora, senza neanche fingere di rimetterlo in piedi. Lo usano per spazzare le strade di Vandyra e non fanno neanche finta di nascondere come questo li diverta. Se non altro, li compensa per la puzza che sono costretti a sopportare. Lo gettano ai suoi piedi e gli premono la faccia sulla nuda roccia.
    Il Signor Cappello alza la testa, guarda prima verso Talera, poi verso Vis Revar e sputa ai piedi del capitano, come se il suo essere albino lo offendesse più del fatto stesso di essere stato catturato. Tanto, peggio di così non gli può andare.
     
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    Vis Revar inarcò un sopracciglio. Essere sprezzanti in faccia al pericolo era qualcosa che poteva anche apprezzare, ovviamente a seconda delle circostanze e dei casi, ma almeno Monsieur Cappello avrebbe potuto aggiungere una frase ad effetto al suo gesto. Un po' di spezie alla minestra, insomma!
    Dopotutto, l'umorismo poteva salvare la vita. O, almeno, così diceva qualcuno. Che poi non fosse affatto vero, oh beh! Quello era un diverso paio di maniche. Tamburellando sul pavimento con il piede, quello dello stesso lato che aveva azzoppato al Forestiero, Vis Revar incrociò le mani dietro la schiena.
    "Ebbene, Monsieur!" avrebbe esclamato con finta giovialità, dopo aver controllato che i fratelli di kyne Torep fossero tutt'attorno quel soggetto. Era meglio essere spiacenti che impreparati. "Mettendo per un momento da parte il suo discutibile gusto nel vestirsi, quella pestilenziale mistura di aromi con cui si è coperto e il suo cappello da tre quarti di moneta di rame, vorrei dirle che è stato in gamba."
    Accentando quelle parole con uno schiocco di dita, per rievocare al suo interlocutore il suono dell'osso che si frantumava, Vis l'avrebbe guardato negli occhi. In quello schiocco avrebbe riflesso una goccia di magia, il minimo necessario, per enfatizzarne il suono, Niente di complesso o di impegnato come il colpo con cui l'aveva azzoppato. Era solo un modo per dargli fastidio.
    Che gusto c'era, in fondo, senza un po' di gioco? Per quale motivo lesinare dal torturarlo un pochino? "Ah, se solo non avesse fatto un passo più lungo di quel che poteva permettersi!"
    "La inviterei a rialzarsi così da per discorrere con me da pari a pari, tuttavia temo che ora come ora le occorra un poggio per farlo. Oppure una stampella. Ad essere onesti potrei dire che gioverebbe sin da subito di un nuovo ginocchio, ma sarei davvero poco ospitale se mi mettessi a correre a simili conclusioni con tanta fretta, non crede?"
    Rivolgendosi ad uno dei fratelli di kyne Torep, Vis avrebbe fatto un cenno con la mano, rivolgendo il palmo al cielo di pietra di Vandyra. "Lei non è d'accordo? Sarebbe una fuga a gambe levate... oh, scusi. Gamba. Singolare." A quel punto, senza aspettare una replica dal fratello, si sarebbe chinato incontro a Monsieur Cappello.
    Prima che lui potesse esprimersi in merito alle sue povere battute, Vis Revar gli avrebbe rivolto un sorriso conciliante, senza interrompere il contatto visivo con il suo occhio, per poi avvolgere una mano attorno alla sua tibia fratturata e stringere. Non avrebbe usato tutta la forza che aveva, sarebbe stato inutile.
    Spappolargli l'arto sarebbe stato alquanto controproducente. In primo luogo, il forestiero sarebbe svenuto. In secondo punto, lo shock avrebbe potuto ucciderlo.
    Avrebbe stretto abbastanza da sentire l'osso incrinarsi ancora un po', poi avrebbe lasciato la presa. Un dolore estemporaneo bruciava di più di uno che veniva prolungato.
    "Ora, venendo a noi, sua Eminenza kyne Torep e il sottoscritto sono molto curiosi di sapere cosa ci fa lei in questa bella città. Sopratutto, sarebbe davvero cortese se lei fosse così disponibile da farlo prima che la venerabile decida di strangolarla."
    Gli avrebbe tolto il cappello con un colpetto dell'indice, per poi raccoglierlo dal pavimento. "O di spappolarle l'altro occhio. Zoppo e guercio, già di per sé, devo ammettere che è una brutta combinazione. Ma cieco e con una prospettiva di vita nei secondi... non è un bel prospetto, dico bene?"
    Avrebbe palleggiato il cappello un altro paio di volte prima di tenerlo per la tesa. "E comunque, questo è da mercato delle pulci. Mio cugino Amart-Ynor ne ha di migliori e lui è un gondoliere."
    Vis Revar si sarebbe rialzato, sempre tenendo in ostaggio il cappello. "Quindi, sarebbe molto bello sapere per conto di chi lei è qui, per quale motivo, perché stava fuggendo e cosa avrebbe raccontato. Circa il suo saluto alla qadeshe di poco fa, sappia che quando vuoterà il sacco -perché le conviene- lo farà senza denti."
    Facendo girare il cappello sulla punta dell'indice, Vis Revar gli avrebbe sorriso. "Perderli uno ad uno può essere molto doloroso. E saprò se starà mentendo."
    Avrebbe teso l'orecchio al su battito cardiaco, senza però perderlo di vista. Sempre a portata di persuasione, per essere sicuri.
     
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    "Se vuoi un lavoro fatto bene, fallo da sola” era una delle frasi preferite di sua madre e a tutt’oggi una delle cose in cui Talera credeva più fermamente, e proprio per quel motivo non si era fidata a lasciare tutto nelle mani – per quanto apparentemente capaci – del Primo Capitano di Vandyra. Il suo attacco l’aveva sorpresa, ma era stato un atto che sarebbe potuto andare storto in qualunque momento, quindi non era errato dire che se aveva funzionato era perché lo straniero era rimasto bloccato.
    Certo era che la parte più soddisfacente dell’intera vicenda fu certamente vedere i suoi fratelli afferrare quella sottospecie di Drow e trascinarlo fino a lei, per poi mollarlo ai piedi suoi – e di Vis – premendogli la testa contro il pavimento, non prima che lo straniero avesse il tempo di sputare ai piedi di Vis.
    "Coraggioso o solo voglioso di morire male? Oh, beh, a me non interessa più di tanto" pensò Talera, lasciando che fosse il primo capitano a fare gli onori di casa, notando con occhio critico le espressioni abbastanza disgustate dei suoi fratelli, nonché quelle di più o meno tutte le persone presenti attorno a loro. Era chiaro che la quantità di profumi in cui lo straniero aveva fatto il bagno era tale da disturbare pesantemente i nasi dei Drow – specie quelli dei suoi fratelli, che Talera aveva lavorato duramente per preservare, tenendoli ben lontani dal tempio quando poteva – e non poté che chiedersi, nuovamente, perché mai fare una cosa del genere.
    "Immagino lo scopriremo presto" pensò, e solo in quel momento iniziò ad ascoltare le parole che Vis Revar stava rivolgendo al loro prigioniero, solo per chiedere mentalmente, alzando gli occhi al soffitto di pietra di Vandyra, "Dea Ragno, perché a me?".
    E probabilmente il prigioniero si stava facendo la stessa domanda.
    Lasciò comunque che il capitano continuasse nel suo monologo, lasciando il prigioniero con lo sguardo solo per trovare Drise e farle cenno di tornare a casa, dato che aveva la sensazione che qualunque cosa stesse per succedere le avrebbe richiesto diverso tempo per risolverla. Non si premurò di controllare che sua sorella obbedisse – lo avrebbe fatto, se voleva mangiare nei prossimi giorni – prima di puntare nuovamente i propri occhi rossi sul prigioniero, giusto in tempo perché Vis Revar si degnasse di nominarla nel proprio interminabile monologo.
    - Ora, venendo a noi, sua Eminenza kyne Torep e il sottoscritto sono molto curiosi di sapere cosa ci fa lei in questa bella città. Sopratutto, sarebbe davvero cortese se lei fosse così disponibile da farlo prima che la venerabile decida di strangolarla disse il capitano con un sorriso piuttosto inquietante in volto, anche se Talera si trovò ad inarcare un sopracciglio alle sue parole.
    Strangolarlo? No, che spreco. Lo avrebbe portato alle fondamenta del tempio e gli avrebbe strappato il cuore mentre ancora pulsava, quello sì che sarebbe stato divertente. Certo era che, a seconda delle risposte che avrebbero ottenuto, avrebbe anche potuto decidere di non sacrificarlo alla dea ragno: in fin dei conti non voleva offenderla con sacrifici di bassa qualità.
    Comunque si limitò a sorridere lievemente, sapendo che i suoi occhi erano ancora vagamente accesi dalla potente magia che aveva usato poc’anzi e consapevole dell’effetto che facevano in chi se li trovava puntati addosso. Oh, sì, il resto di quella giornata sarebbe stato alquanto divertente.
    In History code by Rhydian ; drow palette by cheerygoth



    CITAZIONE
    Scusate se ci ho messo tanto a rispondere ma è stata una settimana un po' così! Spero di andare meglio al prossimo giro ^^
     
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20 replies since 20/4/2020, 14:12   443 views
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